Misure cautelari per Antonio Cesarano: il tribunale dovrà riesaminarne la necessità. Lo ha deciso la sesta sezione della Corte di Cassazione a cui la difesa del medico nocerino, rappresentata da Massimiliano Forte e Annalisa Califano, ha fatto ricorso dopo il rigetto dei domiciliari da parte del riesame. Annullamento con rinvio in ordine alle esigenze cautelari, questa la motivazione addotta dalle supreme toghe.
Ora i giudici salernitani dovranno prendere nuovamente in considerazione la possibilità di concedere la misura cautelare domiciliare o la scarcerazione.
Lo scorso febbraio il tribunale della libertà aveva respinto il ricorso della difesa dell’ex vice sindaco di Nocera Inferiore. I giudici ritennero fondata la ricostruzione della Dda. I legali di Cesarano avevano presentato un’articolata difesa basata sull’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza o dell’inadeguatezza di una misura cautelare in carcere, ritenendo che il medico non fosse a conoscenza dell’attuale spessore criminale di Pignataro. I difensori proposero anche una diversa interpretazione delle intercettazioni telefoniche.
Antonio Cesarano fu arrestato a metà gennaio con l’accusa di aver fatto da mediatore nel patto per la realizzazione di una casa-famiglia, favorendo incontri tra boss e referenti politici, formalmente indagato per scambio politico-mafioso. L’ordinanza cautelare in carcere fu eseguita dai carabinieri del Ros nell’ambito della seconda fase dell’operazione “Un’altra storia”. Nella prima tranche, ad agosto 2017 furono arrestati Antonio Pignataro, Ciro Eboli e Carlo Bianco, candidati non eletti al consiglio comunale, e Luigi Sarno. Al centro del presunto scambio politico-mafioso una delibera di indirizzo per il cambio di destinazione urbanistica di un fondo ubicato a Montevescovado, sul quale si sarebbe dovuta realizzare una mensa per i poveri. Fu approvata in extremis al termine della scorsa consiliatura dalla giunta Torquato, che poi quest’anno l’ha ritirata.
Salvatore D’Angelo