Mentre la Procura della Repubblica sta indagando sulle cause ed eventuali inadempienze che hanno provocato l’infezione tra alcuni malati oncologici che si sottopongono a cicli di chemioterapia al distretto sanitario di Nocera Superiore, arriva una lettera del figlio di una donna che è vittima dell’infezione. Una lettera di grande dignità attraverso la quale si chiede rispetto per gli ammalati. Carmine, questo il nome dell’autore della missiva, diffonderà il suo pensiero nel pomeriggio attraverso internet ed i social network. Ne anticipiamo i contenuti nel servizio.

Una lettera semplice con la quale si chiedono cose semplici, normali in un paese normale. Come quello di convocare gli ammalati in orari diversi per evitare lunghe code a chi è costretto a soffrire per una grave malattia, resa ancor più pericolosa da una distrazione di un operatore sanitario. Scaglionarli significa anche migliorare il lavoro di accettazione in reparto. Avere informazioni sull’ora della visita e su cosa fare. E magari essere anche un po’ gentili. Nulla di più. Cose normali, dicevamo, in un paese normale. Ma così non è.

Lo scrive un giovane di Angri, si chiama Carmine, in una lettera inviata ai dirigenti e medici dell’Asl Salerno. Sua madre ha un tumore ed anche lei è stata vittima dell’infezione del port (tecnicamente port-a-cath) che dovrebbe aiutarla nella somministrazione di terapie chemioterapiche, ma che invece la costringe a stare in casa per febbri improvvise che potrebbero causare anche gravi scompensi cardiaci.Carmine pone anche alcune domande: è possibile che i medici di base non vengano informati di una così grave infezione, anche se riguarda un numero esiguo di pazienti? Tra l’altro, scrive, molti medici ignorano questa situazione. E racconta, da quando ci hanno avvertito di questa infezione, siamo andati ben due volte in ospedale. In entrambi i casi siamo stati costretti a fare lunghe attese in sala d’aspetto, perché si convocano tutti i pazienti alla stessa ora e, di conseguenza, si crea un enorme caos, mal gestito dal poco personale in servizio. Non solo questi pazienti (e davvero sono tali) hanno dovuto subire l’infezione causata dalla scarsa accortezza di un dipendente ASL, ma devono anche stare male e fare lunghe attese snervanti senza che nessuno dica loro quanto tempo manca e cosa dovranno fare di preciso.Qualcuno – scrive ancora Carmine – ci ha proposto di fare una causa per chiedere un risarcimento. Anche se non siamo benestanti, ho risposto di no. Non voglio i soldi dell’ASL perché sono anche i miei soldi e perché il danno subito è sopportabile. Piuttosto mi piacerebbe che le mie tasse fossero spese meglio, per una maggiore organizzazione e per dare ai pazienti il rispetto ed il servizio che meritano. E dopo aver ringraziato medici e dirigenti Carmine conclude la lettera augurandosi di ricevere una risposta da almeno un rappresentante dell’Asl, ma soprattutto spera di ricevere una risposta nei fatti: attese più brevi; appuntamenti precisi (o almeno decenti); cartelle cliniche in ordine. Non chiede tanto, chiede ciò che spetterebbe ad ogni cittadino in un paese civile. In un paese normale.

Nello Ferrigno

 

 

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