"Ho visto mio figlio piangere dopo le richieste avanzate dal procuratore Palazzi e questo mi ha fatto male: né io né soprattutto la mia famiglia meritiamo questo". E’ un Piero Camilli visibilmente commosso quello che prende la parola nel corso del processo al Calcioscommesse in corso a Roma. Per il presidente del Grosseto, deferito per il presunto coinvolgimento nella combine della partita Ancona-Grosseto del 30 aprile 2010, il Procuratore federale Stefano Palazzi ha chiesto 5 anni di inibizione più la preclusione; per il Grosseto, invece, la retrocessione dalla serie B alla Lega Pro con 3 punti di penalizzazione da scontare nella stagione 2012/13. "Il legale della Nocerina mi ha definito delinquente, ma dovrebbe rivolgersi così ad altre persone – ha dichiarato Camilli davanti alla Commissione Disciplinare -. Non lo merito. Sono una persona per bene. Ho cominciato in seconda categoria e mai sono stato sfiorato da vicende del genere e sono 22 anni che sono nel mondo del calcio". Contro di lui pesano le accuse dell’ex ds Andrea Iaconi, "un uomo dalla dubbia moralità", come l’ha definito lo stesso patron dei toscani."Quando avrei parlato della presunta combine con lui? Ditemelo, per favore. Non ci sono riscontri certi, tutte accuse ‘de relato’, ho letto le carte cento volte: la partita non l’ha forse combinata Carobbio con gli zingari? E perché allora Carobbio non fa mai il mio nome in modo diretto? E perché la Procura di Cremona non mi ha mai cercato, né iscritto nel registro degli indagati?", ha chiesto Camilli. "Palazzi parla di una grave crisi tecnica del Grosseto prima della partita contro l’Ancona, ma avevamo raccolto 6 punti nelle ultime tre partite. E secondo voi io dovevo comprare il pareggio avendo una squadra più forte? Le accuse nei miei confronti non sono giuste", ha concluso il presidente del Grosseto.