La Direzione Investigativa Antimafia di Salerno ha eseguito un decreto di confisca, emesso dalla Corte di Appello  del Tribunale di Salerno, nei confronti di MAROTTA Ezecchiele  nato a S. Antonio Abate (NA) il 02.3.1946 e residente in Angri, sodale  al  clan camorristico capeggiato da NOCERA Tommaso e dominate  in Angri (Sa). La richiesta di applicazione della misura di prevenzione di carattere personale e patrimoniale è stata avanzata d’iniziativa dal Direttore della Direzione Investigativa Antimafia, sulla base di articolate e complesse indagini anche di natura economico finanziaria sviluppate dalla Sezione Operativa D.I.A. di Salerno, che hanno riguardato la presenza in Angri di consorterie criminali fin  dall’anno 1995, dedite a vari reati tra cui l’usura. La misura cautelare antimafia patrimoniale, inizialmente rigettata dal Tribunale di Salerno nel 2008 ed adottata per il MAROTTA la sola misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per tre anni, attiene alla confisca di tre autovetture, una motocicletta, conti correnti bancari e quote societarie per un valore complessivo di circa 100.000  euro. Il MAROTTA fin dai primi anni ’90 è stato indagato quale contiguo al gruppo criminale di matrice camorristica operante in Angri (Sa) capeggiato da NOCERA Tommaso (detto Tempesta) e da MONTELLA Carlo nonché dopo l’arresto del primo da SELVINO Pietro, fino all’arresto di quest’ultimo avvenuto nell’anno 2006. Indagato nel tempo per vari reati tra cui associazione a delinquere di stampo mafioso e soprattutto usura, risultava essere una figura di riferimento delle locali consorterie di Angri nelle gestione di problematiche legate al riciclaggio dei proventi derivanti dalle eterogenee illecite attività. Le articolate indagini tecnico-patrimoniali esperite dalla D.I.A. di Salerno hanno evidenziato come il MAROTTA avesse nel tempo acquistato una moto Harley Davidson, una Jeep Wrangler ed altre due autovetture di significativo valore commerciale nonché quote societarie di tre srl operanti nel settore dei trasporti su strada, intestandole  al figlio Ciro  e alla cognata non percettori di alcun reddito. Ravvisando, quindi, l’intestazione fittizia di beni acquisiti con i proventi dell’illecita attività, la Corte di Appello decidendo sul riscorso presentato dalla Procura della Repubblica,  disponeva il sequestro e la confisca dei citati beni patrimoniali.

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