Marco Pinotti vince l’ultima tappa del 95/o Giro ciclistico d’Italia, come nel 2008. Quella volta, sempre a Milano, trionfò Alberto Contador. Oggi è toccato al canadese Ryder Hesjedal, l’onore di indossare definitivamente la maghlia rosa. Il suo è stato un successo all’ultimo respiro e all’ultimissima pedalata, maturato per una questione di secondi.    Lo spagnolo era partito con 31" di vantaggio sul nordamericano e, dopo poco più di 28 km del tracciato, si è ritrovato indietro di 16". E, forse, pedalando negli ultimi chilometri che portavano verso il Duomo di Milano, avrà pensato ai mancati attacchi, alle occasioni sprecate. A certe tappe che, se si fossero protratte per qualche chilometro ancora, magari poteva pure salire sul gradino più alto del podio. Quando, dopo oltre 3.500 percorsi dalla Danimarca al Suditalia, solo 16" ti separano dal tuo rivale, allora i pensieri ti affollano la mente e forse ti convinci di non avere osato troppo, o di non essere stato abbastanza intraprendente, determinato, proprio nel momento in cui potevi guadagnare un secondo in più. Ne sarebbe bastato uno per ciascuna delle 21 tappe e la maglia rosa si sarebbe materializzata. Oppure sarebbe bastato qualche abbuono in più. A quel punto sarebbe rimasto beffato il canadese volante.     Che oggi, nella cronometro finale, è sembrato subito in grado di ribaltare la situazione a proprio vantaggio e non si è curato troppo di Marco Pinotti, che aveva già compiuto il proprio capolavoro, volando a oltre 51 km/h di media e mantenendo una cadenza di gran lunga superiore a una prestazione da record dell’ora.     Pinotti aveva già vinto nel 2008, sempre a Milano, ma con partenza da Cesano Maderno. Già allora aveva messo alla frustra gli avversari, Contador compreso. L’ingegner Pinotti di Osio Sotto (Bergamo) ha confermato di essere un grande interprete delle prove contro il tempo: ha messo a punto ogni traiettoria, non ha mai rischiato, ha solo pensato a mantenere un ritmo e un profilo elevatissimi, come un computer umano. Pinotti è stato irresistibile e solo il britannico Geraint Thomas, assieme al francese Jesse Sergent, è riuscito a rimanere sotto il minuto di distacco.     L’ingegnere informatico, che il 25 febbraio scorso ha compiuto 36 anni ed è professionista dal 1999, si è reso imprendibile, preparando con puntiglio e cura dei dettagli la propria prestazione, lui che non è nuovo a imprese del genere e che, quando fiuta le lancette del cronometro, si esalta, raggiungendo medie supersoniche sui pedali.    La fantastica cavalcata dell’ingegner Pinotti è passata quasi inosservata, perché occhi e orecchie erano puntati sulla lotta per la maglia rosa, che è stata entusiasmante, incerta, avvincente e ha tenuto tutti col fiato sospeso fino all’ultimo chilometro. Pinotti ha vinto, Hesjedal idem, mentre Rodriguez è rimasto con un pugno di mosche in mano, con il rimpianto derivante da una condotta di gara forse eccessivamente soft, quando invece c’era da attaccare, perché la strada saliva e ‘Purito’ avrebbe potuto conquistare distacchi ancor più sostanziosi. Hesjedal permettendo, ovviamente.  

Share.

Circa l'autore

Leave A Reply