“Aiutiamoli! Aiutiamoci!”, è la richiesta che giunge da Patrizia Sereno, nelle vesti di utente. Il riferimento è all’ospedale Umberto Primo di Nocera Inferiore. Ecco la lettera aperta:
“Scrivo non in ragione della cifra giornalistica che contraddistingue il Dna di chi come me, pur aver cambiato ambito d’azione, il giornalismo lo porta nel proprio patrimonio genetico, ma da utente che ha toccato con mano il funzionamento della sanità all’ospedale di Nocera Inferiore. Un ospedale che solo geograficamente insiste sul territorio nocerino, ma che è patrimonio –nel bene e nel male – di un bacino d’utenza vasto, vastissimo.
Per una problema di salute serio occorso alla mia mamma, tra Pronto Soccorso (Obi) e reparti ho trascorso una serata, una nottata, una mattinata e poi ancora una serata. Quello che mi piace innanzitutto rimarcare è l’umanità, la solidarietà, il sostegno morale e materaile di cui è capace la stragrande maggioranza del personale medico e paramedico. Volti tesi per la stanchezza, ma pronti al sorriso di fronte alla sofferenza. Piedi stanchi per le lunghe ore di lavoro celeri nello spostarsi da questo a quel lettino, da questa a quella barella per fornire indicazioni terapeutiche o anche solo per una parola capace di alleggerire le tensioni della situazione. Uomini e donne sopraffatti dal carico di lavoro, alle prese con 10, 12, 16 ore di servizio e, al contempo, con pazienti spesso “impazienti”, non di rado in preda ad un’incontenibile agitazione legata alla sofferenza propria o di qualche loro caro, sovente confusionari nell’esposizione dei fatti e incalzanti nella richiesta di intervento (perciò poco propensi ad aspettare la catalogazione – codice rosso, giallo verde e bianco cui è deputato il triage)…Uomini e donne capaci di rinunciare al turno di riposo o finanche di rientrare dalle ferie per dare una mano in un momento dell’anno in cui le urgenze diventano emergenze. Uomini e donne alle prese troppo spesso con carenze assurde, rispetto alle quali sono anche costretti a subire, nel migliore dei casi, improperi ed accuse che davvero non meritano in termini di responsabilità.
Un esempio? Che colpa ha il personale se l’Obi (l’area osservazione breve del Pronto Soccorso) è solo una stanza con quattro letti, dove uomini e donne sono costretti alla convivenza forzata? E che colpa ha il personale se non ci sono coperte per offrire ristoro a pazienti che magari lì debbono trascorrere la notte e per i quali funziona l’aria condizionata che, però di notte, se sei anziano a malandato, può darti fastidio? Gli infermieri si industriano come possono, con doppie lenzuola (quando le hanno) o teli usa e getta. L’ho visto con i miei occhi, l’ho sentito sulla mia pelle, l’ho sperimentato. Grazie …sì! Grazie ai vari Antonio, Salvatore, Nello, Marco, Teresa, Maria …A chi ha assistito con amorevole partecipazione, oltre che con professionalità (nonostante la carenza di materiali e i ritmi di lavoro da tregenda) la mia mamma, ma anche me in un momento di preoccupazione. A questo grazie allego una richiesta d’aiuto rivolta a chiunque possa intervenire, non con le parole ma con i fatti: aiutiamo gli operatori della nostra sanità a poter lavorare in maniera degna. Solo aiutandoli le metteremo in grado di aiutare noi tutti! Per favore, aiutiamoli”.
Patrizia Sereno