Sequestrati beni per oltre un milione e mezzo di euro ad un noto imprenditore di Nocera Inferiore, già in passato assessore alla pubblica istruzione (1988-1989) e ai servizi tecnologici (1990-1991) presso il Comune di Nocera Inferiore, definitivamente condannato per estorsione continuata aggravata da finalità mafiose nonché, in primo grado dal Tribunale di Nocera Inferiore, per associazione mafiosa, reato poi dichiarato estinto per prescrizione, figlio di uno storico esponente della camorra dell’Agro Nocerino-Sarnese deceduto nel 1994, noto come “o’ Flaviano”, egli stesso per questo raggiunto, nella seconda metà degli anni ’80, da un provvedimento di sequestro dei beni ai sensi della legge antimafia. L’operazione è stata eseguita dalla guardia di finanza salernitana su delega della Procura della Repubblica di Nocera Inferiore. L’imprenditore si era liberato formalmente delle sue proprietà, intestandole a vari prestanome, per sottrarsi all’esecuzione di misure di prevenzione antimafia, a causa della sua pregressa appartenenza camorristica. Il nome dell’imprenditore, ed il suo ruolo, erano emersi subito nell’ambito delle indagini condotte dalla Direzione distrettuale antimafia di Salerno sull’affidamento dell’appalto e dei lavori di realizzazione di Piazza della Libertà a Salerno, opera pubblica eseguita da una società di costruzioni i cui amministratori erano risultati strettamente legati all’imprenditore nocerino da rapporti di consolidata relazione politico-imprenditoriale. Sulla base di questi legami, la Prefettura di Salerno ha adottato, nei confronti dell’impresa affidataria dei lavori pubblici, un provvedimento interdittivo antimafia, revocando l’affidamento degli stessi interventi. Le indagini hanno dimostrato come fosse sistematico, per l’imprenditore nocerino, non figurare nella gestione di aziende e beni di fatto da lui amministrati e, soprattutto, come fosse sua consuetudine quella di reclutare prestanome tra le persone che a lui si rivolgevano in cerca di lavoro – talvolta persino ignare di diventare, invece, amministratori di società – o di sostegno economico in relazione ad attività in difficoltà, nella reale titolarità delle quali il predetto imprenditore finiva all’esito per subentrare. Significativo, per gli inquirenti, l’escamotage della fittizia separazione dell’imprenditore nocerino dalla moglie, che già a partire dagli anni Novanta aveva iniziato ad acquisire la titolarità di quote societarie ed immobili di valore, sebbene lo stipendio di insegnante di quest’ultima non le consentisse di accumulare la liquidità necessaria per simili investimenti. La separazione della coppia è stata chiesta ed ottenuta solo pochi mesi prima della conferma di condanna in primo grado pronunciata dalla Corte d’Appello proprio alla contestazione del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. In realtà i coniugi erano all’epoca e sono tuttora sposati, tanto da aver festeggiato insieme i venticinque anni di matrimonio.
I BENI SEQUESTRATI
Il sequestro preventivo, in seguito all’accertamento della sproporzione tra patrimonio di fatto disponibile e posizione reddituale, ha riguardato nello specifico i conti correnti dell’indagato e della moglie, veicoli, terreni agricoli e la proprietà di ben cinque società, con sedi in Campania e Toscana, operanti nel settore agro alimentare e in quello delle costruzioni residenziali, per un ammontare complessivo di circa un milione e mezzo di euro. Oltre all’imprenditore e alla moglie, sono indagare altre nove persone, in qualità di intestatarie fittizie del patrimonio accumulato. L’operazione di servizio testimonia l’importante ruolo ricoperto dalla guardia di finanza nell’espletamento di investigazioni basate su indagini patrimoniali finalizzate alla ricostruzione di flussi economici correlabili allo svolgimento di attività illecite, anche pregresse, di particolare allarme sociale, attività sulle quali questa Procura ha da tempo deciso di concentrare la massima attenzione.