“Il 9 maggio non è un giorno come tutti gli altri, ricorre infatti, il Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi, giorno dedicato anche ad Aldo Moro e Peppino Impastato, due figure importanti che furono assassinati brutalmente. Due degli episodi più drammatici dell’intera storia politica dell’Italia.
Peppino Impastato, oltre ad essere stato un giornalista, conduttore radiofonico, attivista e membro di Democrazia Proletaria, fu molto noto per le sue denunce contro le attività criminali di Cosa Nostra. La sua famiglia, infatti, fece anche parte del sistema mafioso locale, sistema che stesso lui tentò di demolire tramite iniziative politiche e sociali a sostegno della legalità. Questo suo attivismo contro la mafia lo portò a scontrarsi spesso col padre, fino all’inevitabile allontanamento da casa. Nel 1965 fondò “L’idea socialista”, un giornale di denuncia che dopo poco tempo venne pignorato, in quanto ritenuto “scomodo” per qualche personaggio influente. Fondò dopo 11 anni, nel ’76, “Radio Aut”, un’emittente radiofonica libera dai cui microfoni Peppino operò un’audace azione di denuncia nei confronti dei boss locali, in particolare del capomafia Gaetano Badalamenti. Nel 1978, quando si candidò alle elezioni comunali di Cinisi nella lista di Democrazia Proletaria, nella notte tra l’8 e il 9 maggio anno venne assassinato, fu legato sui binari ferroviari con una carica di tritolo sotto il suo corpo. Inizialmente, la stampa e la magistratura lo dipinsero come un possibile suicidio. Nei giorni successivi all’assassinio, i suoi concittadini di Cinisi, alle elezioni comunali, votarono il suo nome e venne eletto simbolicamente all’interno del consiglio comunale. Una delle cose più importanti di Peppino, è che, dopo la sua morte, ha lasciato un messaggio importante: quello di combattere per le proprie idee senza fermarsi, cosa che stesso lui fece con intenso coraggio di scrivere la storia sulla legalità e sulla lotta contro le mafie“, così dichiara Russo.
“Nello stesso giorno dell’uccisione di Impastato, fu ucciso anche Aldo Moro, uno degli importanti esponenti della Democrazia Cristiana, ex-Presidente del Consiglio dei Ministri di un governo che vide anche la partecipazione dei socialisti. Durante il 1974 dopo la caduta del suo terzo governo, provò a costituirne uno nuovo insieme a Giulio Andreotti, ma l’anno successivo una novità importante cambiò il quadro politico italiano. Alle elezioni amministrative del 1975, il PCI ottenne un grande consenso, e Moro decise di coinvolgere anche il PCI per il quarto governo, per dare una nuova spinta riformista al paese, infatti, votarono contro la fiducia il MSI, i radicali e democrazia proletaria. Per quel motivo, Il 16 marzo del 1978, mentre stava viaggiando verso il Parlamento, dove avrebbe dovuto votare la fiducia al primo governo con il sostegno dei comunisti, fu rapito all’improvviso dalle Brigate Rosse e uccidendo anche i membri della sua scorta. Fu rinchiuso in una piccola stanza per 55 giorni. I servizi segreti di tutto il mondo non riuscirono mai a trovarlo. In Italia, soprattutto all’interno della stampa, vari partiti politici e tutti membri della Democrazia Cristiana, lanciarono forti messaggi di solidarietà alla sua famiglia che provò per tutto il tempo ad aprire una conversazione con le Brigate Rosse per riportare indietro Moro. Il 9 maggio 1978, uno dei membri delle BR chiamò la famiglia per avvisarli dell’assassinio Moro e di dove avrebbero trovato il suo corpo. Si scoprì, infatti, il cadavere dentro il bagagliaio di una Renault 4, a Roma, in via Michelangelo Caetani. Quello che moro ci ha davvero insegnato è simile al pensiero di Peppino Impastato: di essere coraggiosi e fiduciosi sempre, di viverlo il tempo nonostante le mille difficoltà“, termina Vincenzo Russo.

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