La serie Pagani (dedicata alla documentazione pluriennale della festa della “Madonna delle
galline” nel paese del salernitano), è parte di uno straordinario fondo archivistico, costituito
in anni di lavoro e d’impegno scientifico e culturale da Sabina Cuneo, con l’importante
contributo e l’importante collaborazione di suo marito, Carmine Puzo. Il fondo Cuneo-Puzo,
giunto al Museo delle Civiltà (MuCiv) in Roma, per donazione della madre di Sabina, essendo
entrambe gli autori prematuramente scomparsi, ha dimensioni straordinarie (oltre 500.000
fotogrammi su pellicola, prevalentemente b/n, e da un numero ancora imprecisato, ma
elevatissimo, di files digitali b/n e colore). Il fondo, che copre un arco di tempo che va dagli
inizi degli anni Novanta sino al 2015 circa, prende in esame essenzialmente il sistema festivo,
cerimoniale e rituale legato alla religiosità popolare, con un’esplorazione capillare relativa a
Roma e ad alcune località del Lazio, all’Abruzzo e al Molise, alla Campania, alla Lucania, alla
Puglia, alla Calabria, alla Sicilia e alla Sardegna. Sono molte centinaia le occasioni festive,
legate al ciclo dell’anno, documentate in modo più o meno approfondito, con una ricerca
capillare che investe praticamente tutti i centri di maggior rilievo in cui la pubblicistica
etnografica e antropologica ha individuato manifestazioni degne di attenzione peculiare.
Sono documentate feste patronali, pellegrinaggi presso santuari, rituali terapeutici e magicoreligiosi, feste di Carnevale, feste legate al ciclo della Settimana Santa, al Corpus Domini e ad
altre scadenze liturgiche, cerimonie connesse con il culto dei morti. Molte volte è
attentamente descritto il backstage delle occasioni con un focus sui principali protagonisti,
sugli aspetti di cultura materiale connessi con le pratiche rituali, e di patrimonializzazione
delle occasioni e dei reperti. Molte volte ancora lo sguardo dei fotografi si allarga alle forme
dell’abitato, alla cultura materiale e alle attività produttive, specialmente quando queste
presentano connessioni con gli universi rituali. L’osservazione delle occasioni festive, molto
frequentemente era ripetuta per più anni (per quanto concerne Pagani, a esempio, tre anni,
il 1996, il 1997 e il 1999). I ritorni nei luoghi erano caratterizzati dalla volontà di osservare
eventuali modificazioni del quadro festivo, ma anche dal bisogno di completare una
documentazione che, a giudizio dei due autori, appariva a volte lacunosa. Le riprese erano
accompagnate, per quel che concerne Cuneo, da appunti redatti su taccuini di lavoro
attraverso i quali erano poi stese schede etnografico-antropologiche relative alle principali
occasioni osservate. Ciò che emerge da questo imponente lavoro complessivo (e che è ben
riverberato nella selezione di immagini della festa di Pagani effettuata per questa occasione)
è l’importanza fondamentale del momento festivo nel plasmare, dal punto di vista culturale
e sociale, le comunità marginali (e non solo, penso al lavoro su Roma e sul circondario di
Napoli, a esempio) nel Mezzogiorno d’Italia, nel restituire un elemento di aggregazione
identitaria all’interno di un mondo aggredito dalla globalizzazione, da processi accelerati di
spopolamento e di terziarizzazione forzata. L’occhio di Cuneo e di Puzo è molto attento non
soltanto a evidenziare, punto per punto, la fenomenologia rituale, restituendola in immagini
altamente significative, ma anche nell’individuare quegli snodi ermeneutici che consentono
di iniziare ad abbozzare una teoria interpretativa dell’evento preso in considerazione. Una
cura sempre attenta è posta nell’identificare i leaders di festa, isolando icasticamente le
norme, le funzioni, i valori, i ruoli loro preposti, ma restituendo anche i regimi emotivi che
presiedono alla loro performance e alla loro relazione con il più vasto contesto comunitario.
Prof. Francesco Faeta
Comune di Pagani
Sabina Maria Cuneo (Roma, 2 febbraio 1956 – Roma, 9 settembre 2016).
Note biografiche
Ad appena venti giorni si trasferisce a Londra con la madre per raggiungere il padre,
diplomatico accreditato presso l’ambasciata d’Italia. Sarà solo il primo dei numerosi
trasferimenti di Sabina al seguito della famiglia (Damasco, Santiago del Cile, Lisbona).
Quando il padre rientrerà a Roma presso la sede del Ministero degli Esteri, Sabina
frequenterà, dal 1966 al 1968, lo Chateaubriand, prestigioso liceo francese della città.
Trasferitasi successivamente ad Atene, nel 1968, prosegue i suoi studi al liceo francese,
manifestando, nel frattempo, uno spiccato interesse per la pittura.
A New York, Sabina frequenterà una a scuola di iperrealismo. Nel 1971 la famiglia torna a
Roma. Sabina conseguirà il diploma di licenza superiore presso il liceo Chateaubriand.
S’iscriverà poi alla Facoltà di Lettere dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”,
orientandosi verso gli studi di Storia dell’arte. Frequenta nello stesso periodo l’Istituto
Centrale del Restauro (ISCR) di Roma.
La fotografia a cui Sabina si era avvicinata per la prima volta in modo sistematico per il suo
lavoro di ricerca sulla monumentalità funebre italiana, prende a interessarla sempre più.
Comincia a usare la macchina fotografica come mezzo espressivo all’inizio degli anni Ottanta,
influenzata dall’informale. Le sue foto astratte vengono esposte in tre piccole esibizioni a
Roma, presso la galleria “La mente e l’immagine”, nel 1993, nel 1994 e nel 1995 e in una
mostra presso la Fotogalerie Wien, nel 1995. Alla fotografia etnografica, e all’antropologia,
Sabina si accosta a partire dal 1994, sull’onda delle suggestioni che promanano dagli studi e
dalle fotografie di Lello Mazzacane, di Mario Cresci, di Mimmo Jodice, di Marialba Russo, di
Marina Malabotti e di Francesco Faeta; con quest’ultimo, che la pone in relazione con gli
ambienti antropologici che si muovono attorno a Luigi Maria Lombardi Satriani, ha frequenti
contatti e scambi.
Il teatro della sua ricerca sarà il Mezzogiorno d’Italia; il tema elettivo quello delle feste
religiose, che Sabina illustra in tutte le loro tipologie, con un lavoro minuzioso e capillare
condotto sia in bianco e nero che a colori. Prima con macchine fotografiche analogiche e poi
digitali. Un lavoro di ricerca incessante che la porterà a peregrinare in innumerevoli
città e borghi del centro e, soprattutto, del sud Italia, con un’attenzione particolare alla
Lucania.
Nei tardi anni Novanta, anche per via dell’imminente scadenza giubilare dell’anno 2000,
Sabina porta la sua attenzione sulla città di Roma, con la produzione di immagini a colori
che daranno vita a una mostra, curata da Ludovico Pratesi, al Palazzo delle Esposizioni, nel
2000.