NAPOLI – Che la Campania sia una terra violentata dall’inquinamento, è cosa nota a tutti. I terreni, l’aria, le falde acquifere, difficile trovare qualcosa nella nostra regione che non sia stato contaminato dalle sostanze che (spesso illegalmente) vengono rilasciate nell’ambiente. In Italia più 9 milioni di cittadini "vive in territori contaminati": non c’è regione che non abbia almeno un sito da bonificare. E se il "record" tocca alla Lombardia, con 7 aree, la Campania divide con la Sardegna il primato delle regioni con le aree contaminate più vaste: in totale 345mila ettari in Campania e 445mila ettari in Sardegna.
I GEOLOGI – A lanciare l’allarme è Francesco Russo, vice presidente dell’Ordine dei geologi della Campania, alla vigilia dell’importante convegno organizzato dall’Ordine regionale sul tema: "I Siti di interesse nazionale-la bonifica". Evento programmato "in una città simbolo come Castelvolturno – sottolinea Russo – con esperti e scienziati di fama internazionale". I Sin sono 57, "perimetrati dal ’98 in poi sulla base di diverse leggi – spiega Giorgio Onori, consigliere dell’Ordine dei geologi della Campania ed esperto del settore – la cui perimetrazione ricopre circa il 3% del territorio nazionale. I Comuni inclusi nei Sin sono oltre 300".
LE AREE – Si tratta, in genere, di zone industriali dismesse, aree in cui l’attività industriale è ancora attiva, porti, ex miniere, cave, discariche non conformi alla legislazione, discariche abusive: "la gravità della contaminazione in queste zone, con rilevanti impatti ambientali, sanitari e socio-economici, ha fatto sì che esse venissero prese in carico dallo Stato, con stanziamento di fondi ad hoc per la messa in sicurezza e bonifica".
LE BONIFICHE – "Ad oltre dieci anni dall’adozione del dm 471/99 – ricorda Russo – che fissava le procedure per l’effettuazione delle bonifiche, i risultati sono molto deludenti. La questione bonifiche non può prescindere dal più ampio concetto di ‘danno ambientale’ causato dagli inquinanti localizzati nelle aree di cui è nota la contaminazione e l’esigenza di una pronta bonifica". Servono "decisioni coraggiose ed impopolari: la fine della gestione emergenziale, un Piano nazionale per le bonifiche dei Sin che miri a investimenti legati ad efficienza e sostenibilità, certezza sulle risorse finanziarie da parte del governo e un alleggerimento degli iter procedurali degli organi di controllo locali".