Giovedì 17 novembre è stato presentato alla Casa Argentina, sede dell’ufficio culturale dell’Ambasciata della Repubblica Argentina in Italia, a Roma, il romanzo "Il cammino e il pellegrino" di Gladis Alicia Pereyra (Piero Manni Editore) alla presenza dello scrittore, saggista e critico letterario Mario Lunetta.

  Hanno introdotto la serata l’attrice Valeria De Angelis con la lettura di versi di Guido Cavalcanti e passaggi del romanzo; il soprano Valeria Viotti che ha interpretato “A poste messe” di Lorenzo da Firenze, canzone in volgare fiorentino del XIV secolo e il musicista Javier Camarda ha eseguito al flauto alcuni brani di musica medievale, ricreando in questo modo la suggestiva atmosfera del romanzo. Subito dopo è intervenuta l’autrice stessa per presentare i personaggi protagonisti del libro, prima di dare la parola a Lunetta.

  "Dopo l’archetipo dei ‘Promessi sposi’ – ha esordito lo scrittore -, per quel che riguarda il romanzo storico si era dovuto aspettare l’uscita di "Le confessioni di un italiano" di Ippolito Nievo, rinominato “Le confessioni di un ottuagenario”, ma in Italia il genere non ha poi avuto un vero seguito. Anzi, sembrava ormai confinato in scaffalature da dimenticare, quando negli anni ’80-’90 ci è stato un rigurgito del genere sull’onda di editori commerciali, che tentarono di rilanciare proprio i generi – thriller giallo poliziesco fantasy e via dicendo. Una ricerca seria in questo senso era stata invece quella della grande rivoluzione letteraria, da Proust a Gadda….”

  “…Pereyra ha trovato, possiamo dire – ha proseguito -, uno escamotage rispetto a questo rischio: una questione di stile, di linguaggio, più della storia complicata, non solo e di per sé complessa, colorita. Uno stile narrativo nobile, articolato, sofisticatissimo che non scende mai nel triviale, e da grande regista dirige i suoi personaggi in modo che il lettore possa comprendere e assimilare una dialettica molto complessa, addirittura dura, feroce direi. Il romanzo si apre quando la lotta di classe ferve ma è ferocissima, tra Donati e Cerchi, passando attraverso le famiglie, dividendole fino a farle diventare ostili, nemiche. Politica e letteratura, Dante e Cavalcanti – esiliato per certi avversari politici -, ma il volgare è segno d’innovazione nella nostra poetica, da rendere il linguaggio ferrigno persino duro, non solo nostalgico”.

  “Nel romanzo ci sono situazioni molto articolate, è pieno di fatti e misfatti, tra cultura e società. Una lotta di classe più istintiva, di uno status dignitoso, nei confronti del popolo grasso dal quale c’è una risposta del tutto negativa, sennò brutale, perché i privilegi vengano rispettati. E’ un grande arazzo pieno di colori, ombre, cupezze improvvise, lampeggiamenti; un affresco nell’accuratezza, non solo del linguaggio ma nella documentazione su tutti i piani, sociale, politico, filosofico, artistico, a quello della moda femminile e maschile, del modo di intrattenere, delle famiglie, questo fa sì che il libro sia molto mosso, pieno di fatti, episodi, articolazioni, dove prevale il nero, anzi il rosso della fiamma. Lo stesso nome della protagonista Fiammetta è un segno. Ho i miei dubbi a rivelare quello che tu mi impedirai di dire – ha detto rivolgendosi alla scrittrice -, una letteratura raffinata per questi quattro adolescenti, pieni vitalità e impeto, che cercano di realizzare se stessi. Ma dobbiamo dire che non saranno premiati dalla vita, perché i fatti dell’epoca sono un ostacolo, malgrado siano nati, tranne Agnola, in famiglie cospicue, di lanaioli addetti anche a praticare l’usura. I fatti della moralità e dello spirito cristiano vengono messi sotto i piedi per il denaro. E oggi il profitto sul denaro è assolutamente cruciale e pesantissimo".

  “Ci mette di fronte a situazioni che danno luogo ad azioni, dialoghi – ha aggiunto -, passioni in confronto con la realtà in cui vivono, e c’è anche la grande storia: Giano della Bella, il gran rifiuto a papa Bonifazio, dato che Pietro da Morrone (Celestino V) viene incaricato come uomo di paglia dalla curia romana, ma non aveva il potere di misurarsi con intrighi e poteri, tanto da rinunciare. Dante, infatti, dice ‘colui che fece per viltade il gran rifiuto’. Firenze è allora la Grande civiltà a cui tutta l’Europa guarda con interesse e attenzione, anche per le opere di Guido Cavalcanti, Dante Alighieri… Una civiltà molto ricca sul piano spirituale, in cui la cultura non poteva essere schiacciata dal potere materiale".

  “C’è un’attrazione dal romanzo, a patto che si abbia una sensibilità anche stilistica verso il linguaggio – conclude Lunetta -, ai suoi movimenti, fatto di incastri, da decifrare, anche quando l’autrice si bei a volte esageratamente della bella scrittura, un modo che la modernità ha rifiutato. E la consapevolezza di dire le cose dell’oggi parlando di un ieri molto lontano, un Duecento fiorentino, che riguardava anche Pisa, Lucca, Siena; di mantenere una certa distanza dal groviglio anche linguistico di oggi, una scelta che può essere interessante, ma non trova molti addetti. Da gustare se si ha un’educazione letteraria un po’ fuori del comune”.

  “E’ un romanzo per ‘lettori colti e forti’ come si dice in gergo editoriale – afferma Anna Grazia D’Oria, direzione editoriale e ufficio stampa della Manni Editori -, non abituati alla paccottiglia che troviamo nelle pile in libreria, dei soffietti pubblicitari, delle varie trasmissioni televisive. Il lavoro di un’autrice dalla dimensione fantastica molto forte, dagli approfonditi passi storici di una lettura assorbita e assimilata, capace di entrare con la penna e col cuore nell’atmosfera del tempo e, attraverso un linguaggio anche barocco, d’immedesimarsi in una situazione storica che prefigura, nei temi, quello che avviene nei nostri giorni. Il capitale, il denaro, la lotta di classe che risale a questo periodo”.

  “Il cammino e il pellegrino’ è un romanzo pieno di pathos, di passione e di frustrazione – riprende Lunetta -, forse quanto il progetto che Fiammetta mai smette di ricercare, la passione da poetessa naif che impara le regole del mestiere, del linguaggio, non è soltanto un’emissione di sentimenti, una costruzione verbale, concettuale; anche in Guido che lei ha amato e a cui ha rinunciato. La loro crisi nasce da un forte dolore, dal senso di colpa; da quando i due giovanissimi si abbandonano a delle affettuosità, anche se non al massimo, ma lei si sente in colpa e decide di sacrificare al crocifisso il suo amore, gettando nello scompiglio il suo amato, il quale lascerà tutti di stucco, andando a Parigi, alla Sorbonne, lui che era cresciuto sui testi di Cavalcanti, che ama la poesia, il pensiero, la filosofia, non riesce a dimenticare il suo amore, tanto che il loro diventa un rapporto epistolare, da sentimentale, sensuale alla sensazione verbale, i due si somigliano anche in questo. La sua figura esemplata su Cavalcanti, il poeta toscano più importante da mettere sui vessilli, la sua frustrazione è molto forte tanto da ricordare ‘Abelardo ed Eloisa’ – anche se lui subiva la castrazione da parte dello zio di Eloisa -, ma i loro legami non sono mai stati interrotti perché erano mentali, spirituali, intellettuali; come capita a Fiammetta e Guido. Anche se gli incendi abbondano (allora le case dei poveri erano di legno), non c’è solo sensualità, compostezza e distanza dalla materia, ma un senso fortissimo di sofferenza, mancanza del loro progetto e dei loro profili, vedono spegnersi la grande fiammata di speranza animata prima. L’Italia del tempo, la penisola italica divisa in tanti stati, statarelli, repubbliche marinare, ci sono i viaggi, il bisogno di uscire dalla cerchia, dalle mura di cui Dante parla. L’elemento intellettuale è forte, significa che Gladis non solo si è documentata, ma è stata molto attenta, premurosa, sui costumi dell’epoca, ha assimilato per questo slancio amoroso su Firenze (un gioiello molto maltrattato), in questa realtà così splendida dove regnava ancora la sua affermazione, modello di cultura per l’intera Europa. Un quadro molto mosso, pieno d fatti e di ipotesi. Il titolo stesso, che magari il lettore non può decifrare, ha un significato allegorico: ‘il cammino’ intellettuale dei personaggi, e ‘il pellegrino’, quella figura che appare in termini ambigui, equivoci, a Fiammetta, un po’ come un demonio. Due polarità opposte da parte di ciascun pellegrino, in positivo di trovare il proprio cammino, che però non sempre troverà”.

  Concluso l’incontro letterario, i partecipanti si sono fermati con l’autrice, tra uno scambio di idee e una chiacchierata, per un vino d’onore accompagnati dalle tipiche ‘empanadas’, specialità gastronomica argentina.

José de Arcangelo

 

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