Svolgimento del processo
Con separati decreti del giudice preliminare presso il Tribunale di Salerno competente ai sensi dell’art. 328 comma 1 bis c.p.p. entrambi in data 11 gennaio 2012, Giovanni Barone, Antonio D’Auria Petrosino, Michele D’Auria Petrosino, Giovanni De Palma, Antonio Fisichella, Giovanni Pandolfi Elettrico, Massimo Quaratino, Giuseppe Santilli, Raffaele Trapani (all’esito dell’udienza preliminare) e Alberigo Gambino e Francesco Marrazzo (questi ultimi due a seguito di rinuncia all’udienza preliminare e della contestuale richiesta di giudizio immediato), venivano citati a comparire, nello stato di custodia con regime mutato nelle more, avanti a questo tribunale in composizione collegiale per rispondere dei delitti loro rispettivamente ascritti.
Il processo, celebrato alla costante presenza degli imputati, la cui vicenda cautelare si è dipanata sulla scia di vari pronunciati della giurisprudenza anche di legittimità ed infine di questo tribunale che, applicando un orientamento minoritario, adottava il regime attenuato della custodia domiciliare (nei confronti di quelli per i quali il tribunale del riesame aveva ripristinato la custodia cautelare inframuraria obbligatoria a cagione dell’aggravante dell’art. 7 della legge 203/91 riconosciuta dalla suprema corte di cassazione), si è protratto per quarantacinque udienze dal 29 febbraio 2012 al 7 marzo 2013. Stante l’interesse diffuso alla conoscenza dei fatti di cui alle imputazioni venivano autorizzate le riprese televisive con trasmissione non integrale ed in differita al fine di preservare la genuinità della prova.
Conviene in omaggio alla chiarezza espositiva dare conto delle attività istruttorie svolte nelle singole udienze, così come in appresso elencate.
Udienza del 29.2.2012: preliminarmente riunione dei separati processi per l’evidente connessione oggettiva trattandosi degli stessi fatti ed acquisizione della costituzione di parte civile per il comune di Pagani, per Amerigo Panico e per Gabriele Panico. Il Tribunale si riservava sulle eccezioni formulate avverso dette costituzioni dai difensori degli imputati.
Udienza del 7.3.2012: ammissione delle costituzioni di parte civile del comune, di Amerigo Panico nei confronti di tutti e di Gabriele Panico (per quest’ultimo la costituzione era ammessa solo nei confronti nei confronti di Giovanni Barone).
Richieste del P.M: produzione sentenza Corte d’Appello nei confronti di D’Auria Petrosino, sentenza 416 bis a carico di D’Auria Petrosino, ordinanza c.c. a carico di D’Auria, sentenza estorsione, ordinanza c.c. per estorsione aggravata dall’art. 7 della l. 203/91, esame testi di liste ed imputati acquisizione delle intercettazioni.
Avv. De Caro per Trapani e De Palma e Carrara per Trapani: esame testi lista e esame imputati.
Avv. Calabrese per Fisichella: esame imputato ed esame imputati Santilli e Pandolfi.
Avvocati Sica per Barone e Quaratino: esame testi lista e esame imputati ed atto di dimissioni di Quaratino alla notizia di indagini.
Avv. Diddi ed Annunziata per Gambino: esame testi lista ed audizione del consulente tecnico sulla genuinità di una bobina del PM del 20.4.11. Esame imputato. Richiesta perizia sulla “monetizzazione “ del parcheggio.
Avv. Cola per Marrazzo e D’Auria Petrosino Antonio e avv. Spadafora per Marrazzo: solo riserva di produzione documentale. Opposizione ad acquisizione sentenza del 27.3.02 perché non riguarda gli odierni imputati (fatti commessi quando Antonio. era minorenne) e ad acquisizione ordinanze cautelari. Esame del solo D’Auria.
Avv. D’Ambrosi e Carrara per D’Auria Petrosino Michele e Santilli: non si oppongono all’acquisizione della sentenza nei confronti del Michele D’Auria ed opposizione ad altre che non riguardano gli imputati; acquisizione atto costituzione New Service e dell’estratto di nascita di D’Auria per dimostrare che l’imputato non aveva interesse in questa società, essendo socio invece D’Auria Antonio, che è persona diversa e del quale pure si chiede estratto nascita. Estratto conto previdenziale di D’Auria, da cui risulta che ha regolarmente lavorato dal
Documentazione Santilli: comunicazione risoluzione rapporto professionale con alcune società (tra cui Panico). Solleciti di pagamento per compensi professionali inoltrate a Panico. Acquisizione delle delibere di volta in volta consultate e di riferimento nel corso dell’esame dei testi. Certificazione del Centro per l’impiego di Nocera Inferiore rilasciato al nucleo familiare di Santilli con stato di famiglia, per dimostrare la disoccupazione di tutti i membri della famiglia. Provvedimento Corte d’Appello Sa su impugnazione PM rigetto decreto sorv. spec. nei confronti del D’Auria Michele.
Certificazione medica della moglie (aggiudicazione parcheggio ad una società di cat. B che può avvenire senza appalto), atto costituivo della società. Sentenza trib. NA di assoluzione di Michele D’Auria Petrosino per art. 74 d.p.r.309/90. Esame imputato D’Auria Michele.
Avv. Fezza per Pandolfi Elettrico. Esame testi lista ed esame imputato.
Si oppone alla produzione di sentenza non relative ad imputati del processo e di ordinanze cautelari.
Avv. Scarlato per Pandolfi: esame di tutti gli imputati; perizia sulla “monetizzazione” del parcheggio.
Ordinanza del tribunale che ammetteva tutte le prove non controverse riservando la decisione in ordine alla monetizzazione dei parcheggi.
Esame teste Marco Beraldo.
Udienza 14 marzo 2012: Esame Amerigo Panico.
Udienza 15 marzo 2012: Prosegue esame Amerigo Panico.
Udienza 19 marzo 2012: Completamento esame Amerigo Panico + Esame Luca Panico e Gabriele Panico.
Udienza 21 marzo 2012: controesame Amerigo Panico avvocati Annunziata e Diddi.
Udienza 26 marzo 2012: controesame Amerigo Panico avvocati Sica e Carrara, Albano, Spadafora, Cola, Scarlato e Fezza.
Udienza del 28 marzo 2012: controesame Amerigo Panico avvocati, Carrara, De Caro, De Martino, Calabrese, D’Ambrosi, Annunziata e Diddi.
Udienza 29 marzo 2012: controesame Gabriele Panico avvocati Sica, Annunziata, Calabrese, Carrara; controesame del teste Luca Panico da parte degli avvocati Sica, Annunziata, Calabrese, Carrara e De Martino e De Caro.
Udienza 5 aprile 2012: controesame Gabriele Panico avvocati Spadafora, Cola, D’Ambrosi, Diddi; riesame di Gabriele Panico da parte del P.M.; spontanee dichiarazioni dell’imputato Massimo Quaratino; controesame teste Luca Panico avvocato D’Ambrosi e riesame del Luca Panico da parte del P.M.; riesame del P.M. di Amerigo Panico; esame e controesame teste Guglielmo Diodato Rossi.
Udienza 11 aprile 2012: esame e controesame testi Danilo Toppetti, Gaetano Petti e Alfonso Giorgio.
Udienza 17 aprile 2012: esame testi Giulio Ammendola e Roberto Brandini.
Udienza 18 aprile 2012: esame testi Giuseppe Serretiello , dichiarazioni spontanee imputato Gambino, esame teste Emanuele Longanella.
Udienza 23 aprile 2012: esame testi Leonilde Bonaduce e Gennaro Ferrante.
Udienza 30 aprile 2012: esame testi Rosa Ferraioli, Pietro Francione e Francesco Toscano.
Udienza 7 maggio 2012: esame testi Vincenzo Calabrese e Gerardo Vicidomini, nonché spontanee dichiarazioni dell’imputato Michele D’Auria Petrosino.
Udienza 9 maggio 2012: esame testi Vincenzo Belfiore, Tiziana Zurro, Ugo Delfino, Luigi Anaclerico, Alfonso Anaclerico nonché spontanee dichiarazioni dell’imputato Massimo Quaratino.
Udienza 15 maggio 2012: esame testi Francesco D’Andria, Bonaventura Tramontano, Aniello Giordano.
Udienza 16 maggio 2012: conferimento incarico peritale ing. Roberto Porto sui registratori digitali Olympus Digital Voce VS e PHILIPS consegnati da Amerigo Panico; esame teste Francesco Cicalese, spontanee dichiarazioni di Michele D’Auria Petrosino
Udienza 21 maggio 2012: esame Salvatore Bottone con le formalità di cui all’art. 210 c.p.p., spontanee dichiarazioni imputato Giuseppe Santilli.
Udienza 29 maggio 2012: esame teste Marcello Romano, Ennio Lombardi, Silvio Fierro. Rinuncia ai testi Rosa La Ragione e Nicola Auricchio. Dichiarazioni spontanee dell’imputato Alberico Gambino.
Udienza 4 giugno 2012: rinvio a seguito deposito atti da parte della difesa.
Udienza 12 giugno 2012: esame ai sensi del 210 c.p.p. dei coimputati Matteo principale, Domenico Califano, Prisco Ceruso e Vincenzo Greco.
Udienza 2 luglio 2012: esame ai sensi dell’art. 210 c.p.p del coimputato Alfonso Greco ed esame teste Marco Beraldo.
Udienza 9 luglio 2012: esame imputato De Palma e spontanee dichiarazioni degli imputati Barone, Quaratino, D’Auria Petrosino Michele e Santilli.
Udienza 16 luglio 2012: esame imputato Gambino.
Udienza 18 settembre 2012: esame testi difesa Valeria Zito, Ornella Anaclerico, Rosa Anaclerico, Alfonso Anaclerico Giovanna Califano e Patrizia Aufiero e spontanee dichiarazioni imputati Barone e Gambino.
Udienza 25 settembre: esame perito Porto e testi di difesa Gaetano Esposito Garofalo, Diodato Sarno, Gianluca Marrazzo, Carmela Scoppetta, Carmelina Cauciello, Gerardo Califano, Vincenzo D’Amato e Stefano Cicalese.
Udienza 2 ottobre 2012: esame testi difesa Alfonso D’Angelo, Pasquale Calabrese, Antonio Enea Cioffi, Mario Fortino, Costantino Giordano, Giancarlo Rubino. Dichiarazioni spontanee imputato De Palma.
Udienza 16 ottobre 2012: esame testi difesa Alba Stiglich, Gerardo Langella, Michele Labonia, Francesco Saverio Del Forno, Lucia Pagano, Fabio Petrelli, Vincenzo Campitiello, Vincenzo Paolillo, Michele De Angelis, Domenico Lombardi, Gaetano Gambino e Giovanni Pellegrino.
Udienza 23 ottobre 2012: conferimento incarico peritale Eduardo Nappo; esame con le formalità di cui all’art. 210 c.p.p. di Ivana Perongini ed Angelo Andrea Falcone.
Udienza 30 ottobre 2012: esame testi difesa avv. Mario Pepe ed ingegnere Nicola Niceforo per l’imputato Michele D’Auria Petrosino. Acquisizione relazione scritta di consulenza di Niceforo.
Udienza 13 novembre 2012: mero rinvio per diversa composizione del collegio giudicante.
Udienza 20 novembre 2012: richieste ex art. 507 c.p.p. e prosieguo richieste.
Udienza 27 novembre 2012: ordinanza reiettiva delle richieste di integrazione probatorie.
Udienza 15 gennaio 2013: inizio requisitoria p.m.
Udienza 22 gennaio 2013: fine requisitoria P.M. e conclusioni parti civili nell’interesse del comune di Pagani e di Amerigo Panico.
Udienza 12 febbraio 2013: conclusioni parte civile nell’interesse di Gabriele Panico; acquisizione di uno scritto dell’imputato Antonio Fisichella e discussione avv. Fezza per Pandolfi Elettrico e avv. Calabrese per Fisichella.
Udienza 19 febbraio 2013: discussione avv. De Martino, avv. De Caro per De Palma e Trapani, avv. Carrara per Trapani.
Udienza 26 febbraio 2013: mero rinvio per diversa composizione del collegio.
Udienza 1 marzo 2013: discussioni avv. Spadafora e Cola per Marrazzo: Cola e Carrara per D’Auria Petrosino Antonio e Scarlato per Pandolfi Elettrico. Acquisizione della sentenza Tar avente ad oggetto il ricorso di Giuseppina Ruggiero contro il Comune di Pagani per l’annullamento dell’ordinanza del 27.05/2010 di demolizione di alcune opere abusive, dichiarato improcedibile.
Udienza 2 marzo 2013: discussione avvocato Diddi per Gambino.
Udienza 5 marzo 2013: conclusioni avvocato Annunizata per Gambino e Silvana D’Ambrosi per Michele D’Auria Petrosino e Santilli.
Udienza 7 marzo 2013: replica del P.M .
Venivano acquisite anche memorie scritte con allegati vari.
Terminate le discussioni con l’acquisizione anche delle memorie difensive e previa autorizzazione alla trascrizione il tribunale si ritirava per deliberare nella camera di consiglio ed all’esito della delibazione pronunciava la sentenza dando lettura in pubblica udienza del dispositivo e dei contestuali motivi della decisione che venivano quindi depositati a disposizione delle parti.
Introduzione
Prima di addentrarsi nella disamina dei fatti posti all’attenzione del collegio, appare opportuno sia pure brevemente fare un accenno alla genesi del processo che ha avuto vasta eco nel territorio dell’agro e segnatamente nella città di Pagani per il coinvolgimento di pubblici amministratori e di imprenditori locali, questi ultimi promotori di importanti iniziative commerciali.
Dunque, l’approccio che il tribunale deve andare a compiere deve essere quanto mai attento e rigoroso per la delicatezza e peculiarietà delle imputazioni comportanti a volte labile discrimine tra condotte penalmente rilevanti e condotte riprovevoli moralmente o censurabili in altra sede ovvero rientranti nel novero di semplici raccomandazioni o sollecitazioni politiche innocue sotto l’aspetto che quivi interessa.
E non è inutile, sempre in via di premessa metodologica del presente lavoro, esplicitare che il tribunale è chiamato non già ad esprimere giudizi di natura etica o morale ma soltanto a verificare se le condotte in contestazione integrino i reati addebitati ovvero diversi reati eventualmente ipotizzabili, e nella positiva, se essi siano addebitabili a tutti gli imputati chiamati a risponderne.
Ed allora il procedimento prende le mosse da una denuncia presentata per la prima volta il giorno 16 aprile 2011 presso la tenenza dei carabinieri di Pagani da Amerigo Panico, per l’appunto imprenditore con interessi economici in Pagani, che indicava una serie di abusi e vessazioni cui sarebbe stato sottoposto da pubblici funzionari ed amministratori per potere ottenere licenze, autorizzazioni e provvedimenti amministrativi diretti all’attuazione di alcune iniziative economiche imprenditoriali sul territorio di Pagani ove esistevano le proprietà di famiglia, e che sono fin troppo analiticamente indicate nei capi di imputazione.
Sostanzialmente il denunciante sosteneva che la sua famiglia era proprietaria di immobili e di una serie di società tra cui la Pageco s.r.l. che è proprietaria dell’intero centro commerciale Pegaso nonché della licenza amministrativa e della Patros s.r.l. che gestisce i servizi ed i distributori di carburanti. A seguito di una conferenza di servizi avevano iniziato lavori di ristrutturazione del capannone già destinato all’ipermercato Standa nel lontano 2002 sotto il sindacato di Andrea Donato per la trasformazione in centro commerciale. Il centro aveva aperto nel giugno 2003, quando era sindaco Gambino che aveva conosciuto tra il febbraio ed il marzo dello stesso anno, quando si era recato a visionare i lavori e col quale si era intrattenuto in discorsi che riguardavano i posti di lavoro. Si era, quindi, interfacciato col sindaco Gambino ed aveva avuto modo di constatare e prendere atto che l’amministrazione comunale, e per essa il sindaco ed i coimputati nelle rispettive qualità, sostanzialmente gli ponevano vari problemi poi trasfusi nei capi di imputazione, di cui si discetterà partitamente in prosieguo. Aveva tempestivamente informato dei vari problemi che di volta in volta gli poneva l’amministrazione comunale ma soprattutto in tema delle assunzioni i corrispondenti perugini che avrebbero dovuto gestire di fatto le assunzioni trasmettendo loro, in particolare a Giulio Ammendola, l’elenco degli aspiranti lavoratori datogli dal Gambino in quanto era la Conad che doveva procedere di fatto alle assunzioni e non la Pageco di cui egli direttamente responsabile.
Dopo questa prima denuncia venivano avviate attività di intercettazione ed il processo – originariamente incardinato presso la locale Procura della Repubblica a seguito di ulteriori denunce del Panico, che evidenziava la contiguità di pubblici amministratori con esponenti della malavita organizzata, e segnatamente coi fratelli D’Auria Petrosino Antonio e Michele – veniva trasferito alla DDA presso la Procura di Salerno e prendeva la strada della contestazione dell’aggravante dell’art. 7 della legge 203/91 e quindi della richiesta e dell’ottenimento delle ordinanze di custodia cautelare peraltro inframuraria proprio per detta aggravante.
Una considerazione poi sempre in via preliminare va rivolta al materiale probatorio acquisito che si giova numericamente di una congerie di prove orali e documentali offerte dalle parti a comprova delle rispettive prospettazioni ma che, in definitiva, si basa precipuamente sulla parola della parte lesa denunciante Amerigo Panico.
Sicché occorre compiere, in aderenza alla giurisprudenza della Suprema Corte che per essere unanime sul punto rappresenta una regola di grammatica giudiziaria da cui non può discostarsi questo collegio, una penetrante e rigorosa disamina di attendibilità del Panico parte lesa costituitasi parte civile per l’evidente interesse di natura economica contrastante con quelli degli imputati.
Ed allora il collegio si darà la regola generale, a fronte delle inesattezze e delle incongruenze rilevate in ordine ai singoli episodi come di volta in volta saranno esposti a proposito delle singole imputazioni al momento di verificare il fondamento di ciascuna di esse, che laddove sarà rinvenuto un qualsivoglia riscontro, quelle incongruenze ovvero incoerenze saranno superate per effetto non già del dato autonomo della dichiarazione del Panico ma del combinato disposto di detta dichiarazione e degli elementi di riscontro. Pur non trascurando, però, di evidenziare che i criteri valutativi di attendibilità non seguono gli schemi previsti dall’art. 192 c.p.p per le dichiarazioni dei coimputati che rappresentano soltanto momenti di prova da verificare e riscontrare con altri elementi che ne convalidino il fondamento al fine di elevarsi al rango di prova. Ovverossia mentre la deposizione della parte lesa che sia attendibile da sola può assurgere a prova di responsabilità dell’accusato, non altrettanto è a dirsi per la chiamata in correità/reità la quale bisogna di riscontri. Con ciò non si vuole smentire la considerazione dianzi svolta rivolta al rigore valutativo che deve assistere la deposizione della vittima soprattutto quando essa sia costituita parte civile. Tuttavia una volta operato detto vaglio di attendibilità essa può diviene fonte autonoma di prova ed elevarsi anche da sola a prova di responsabilità.
Orbene, Amerigo Panico è stato tacciato da tutte le difese di inattendibilità soprattutto a cagione dell’intervenuta manipolazione della registrazione che contiene la conversazione tra presenti del 27 aprile 2009 consegnata ai carabinieri in sede di denuncia. Invero il dato della manipolazione è certo perché riscontrato dal perito del tribunale che ha escluso anche trattarsi di tagli involontari o dovuti a cattivo funzionamento dell’apparato di registrazione. Per vero, il Panico interpellato sul punto specifico ha sostenuto di non averlo potuto alterare in quanto aveva collocato il registratore sotto un libro sicché, ove avesse messo le mani per compiere stacchi o riattacchi, i colloquianti presenti tutti nel medesimo locale adibito ad uffici se ne sarebbero accorti. A prescindere dalla questione sollevata dalla difesa secondo cui l’atto ai sensi dell’art. 240 c.p.p. siccome illegittimamente formato non sarebbe utilizzabile, da affrontare successivamente, ritiene questo collegio che indipendentemente da chi sia l’autore della manipolazione non potrebbe in ogni caso affermarsi la totale inattendibilità del Panico, il quale se è vero che si è indotto a denunciare i fatti dopo un bienno, si era da subito, da tempo e costantemente lamentato coi suoi superiori perugini manifestando ansie, turbamenti e preoccupazioni, il che fa venir meno ogni carattere strumentale alla successiva denuncia avvenuta contestualmente alla paventata revoca della chiusura domenicale che fondatamente appare la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Del pari il Panico è stato in grado di operare un distinguo il che è espressione di mancanza di un empito accusatorio indistinto, come dimostra il fatto di aver dichiarato che alcuni fra gli imputati non li aveva mai denunciati. Allora nell’ottica più garantista sarà operata una seria valutazione dell’accusa proveniente dal Panico Amerigo per i singoli episodi posti a confronto con le altre risultanze acquisite.
Dalla certificazione versata in atti a firma dell’allora segretario generale del comune di Pagani è dato evincere che Alberico Gambino ha rivestito la carica di sindaco del Comune di Pagani dal 25.5.2002 al 27.7.2009 e dal 26.11 2011 al 16.6.2011.
Ed allora può passarsi alla disamina delle singole imputazioni, non prima di aver affrontato il tema della utilizzabilità della registrazione manipolata del 27.4.2009.
Sull’utilizzabilità della registrazione manipolata
La difesa ha invocato la declaratoria di inutilizzabilità della registrazione manipolata, a norma dell’art. 240, comma 2, c.p.p., secondo il quale sono inutilizzabili i documenti, i supporti e gli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni, relativi a traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti.
Ritiene questo tribunale che l’articolo 240, comma 2, c.p.p. sia stato erroneamente invocato, poiché la littera legis fa riferimento a conversazioni o comunicazioni relative a traffico telefonico e telematico, mentre la registrazione de qua ha ad oggetto una conversazione ambientale.
Tuttavia, la inutilizzabilità della registrazione discende da considerazioni di tipo sistematico.
In primo luogo, va sgombrato il campo dal possibile equivoco di ritenere o meno utilizzabile la registrazione a condizione che il suo contenuto risulti perspicuo e che il significato ricavato dalla lettura delle parti non tagliate non abbia subito – secondo logica ed esperienza – mutamenti semantici rilevanti in seguito alla sottrazione della parte soppressa della conversazione.
Una siffatta opzione processuale non è percorribile, perché è di tutta evidenza che il collegio non può nemmeno dar corso alla lettura della registrazione, e dunque prendere cognizione del relativo contenuto, se prima non abbia risolto la questione della sua utilizzabilità.
Un primo punto fermo è dunque che la questione va risolta ex ante, e dunque in astratto, sulla scorta di considerazioni giuridiche che necessariamente prescindono dal contenuto concreto della conversazione manipolata versata in atti.
Se così è, la questione da risolvere si pone in questi termini: è possibile fare uso ai fini della decisione di un testo qualsivoglia (tale essendo indiscutibilmente la consistenza, o comunque il precipitato, della conversazione orale), avente natura unitaria, deprivato di 11 brani che originariamente ne facevano parte?
La risposta non può che essere negativa: la stessa parola ‘testo’ contiene etimologicamente (l’origine è nel latino ‘textum’) il richiamo ad un tessuto, e dunque ad una trama di parole, tutte concorrenti a formare il contenuto semantico che se ne ricava. Ed è evidente che qualunque sottrazione da un insieme unitario comporta non solo il necessario depauperamento, ma (ciò che più conta) la possibile alterazione, anche radicale, della risultante semantica complessiva.
Ne segue il divieto per questo collegio di fare uso alcuno della registrazione sopra indicata.
Capo A
(imputati Giovanni DE PALMA, Giuseppe SANTILLI, Antonio D’AURIA PETROSINO, Michele D’AURIA PETROSINO, Giovanni PANDOLFI ELETTRICO, Massimo QUARATINO, Giovanni BARONE, Antonio FISICHELLA, Alberico GAMBINO)
§ 1. La ricostruzione dei fatti
Il capo A) dell’imputazione ha ad oggetto una condotta concussiva continuata, sostanzialmente diretta ad imporre al centro commerciale Pegaso l’assunzione, presso i singoli operatori commerciali della struttura, di numerose persone, circa trenta, tra le quali anche il direttore della galleria ed attuale imputato, Giovanni Barone.
V’è da registrare immediatamente una evidente discrasia tra la data del commesso reato, che il P.M. ha fatto partire dall’anno 2006, e le risultanze istruttorie, dalle quali è risultato che la maggior parte dei lavoratori di cui venne chiesta l’assunzione a Panico o, tramite questi, ai singoli esercizi commerciali del Pegaso, fu occupata a partire dall’apertura del centro, che avvenne nel giugno 2003.
Tanto si desume sin dalla deposizione di Panico Amerigo, il quale ha premesso che il progetto per la realizzazione del Pegaso, di cui era proprietaria la società di famiglia denominata Pageco, ebbe inizio con una conferenza di servizi nel 2002, che interessava la parte dove fino al 2000 era stata allocata la Standa, pure gestita dalla sua famiglia. Nel novembre 2002 ebbero inizio i lavori di ristrutturazione e il Centro commerciale aprì nel giugno 2003, mentre nel frattempo Gambino era diventato sindaco. Egli lo conobbe tra il febbraio e marzo 2003, quando Gambino venne a visionare i lavori sul cantiere, e in seguito lo incontrò almeno tre volte a pranzo, cominciando a parlare della situazione dei venti lavoratori ex Standa, oltre che di alcuni paganesi.
Gambino gli chiese di trovare spazio a questi lavoratori, benché non vantassero alcun diritto d’opzione e non fosse intervenuto alcun accordo per il loro riassorbimento. Dopo aver precisato che la Pageco non faceva assunzioni, Panico disse però al sindaco di fargli avere una lista di persone da passare ai singoli operatori che potevano fare assunzioni.
La lista gli fu poi effettivamente consegnata nei suoi uffici dallo stesso Gambino, il quale gli precisò che quei nomi “andavano assolutamente assunti”; Panico poi la girò a Giulio Ammendola, la persona che doveva gestire le assunzioni per conto della Conad.
In quel momento, al comune erano state avviate tutte le pratiche propedeutiche all’apertura (autorizzazioni sanitarie, agibilità della struttura, etc.), il cui completamento prima della consegna della lista veniva rinviato di giorno in giorno. Fu questo il motivo per cui, quando si impegnò con Gambino a far avere la lista stessa ad Ammendola, Panico gli fece presente che si aspettava che le autorizzazioni venissero rilasciate sollecitamente, perché il ritardo ulteriore avrebbe causato danni: il sindaco gli assicurò che avrebbe interessato i funzionari responsabili.
Panico ha ricordato che ci fu un pranzo, alla sua presenza, anche tra Gambino e Brandini verso la fine di maggio del 2003 e che in seguito, all’inizio del 2004, avvennero altri incontri tra i due, in quanto il centro aveva problemi con alcuni dei lavoratori della lista del sindaco (assenteismo, mancanza di rendimento, etc.), tanto che Ammendola voleva provvedere ad alcuni licenziamenti.
Venutolo a sapere, Panico ritenne di avvertire Brandini, che appunto incontrò Gambino. L’esito fu che solo i lavoratori che non erano espressione del consiglio comunale vennero licenziati direttamente. Quelli segnalati dal comune, invece, non furono destinatari di provvedimenti, perché – ha detto Panico – il centro era in attesa di richiedere o di ottenere altre autorizzazioni e si temevano problemi in caso di licenziamenti. Panico ha anche precisato che questa eventualità non gli fu prospettata esplicitamente e che ebbe più semplicemente la “sensazione” che questa potesse essere la conseguenza di eventuali allontanamenti.
Tra gli altri, Panico ha fatto riferimento a Torre Gerardina, lavoratrice segnalata che nel primo anno di lavoro aveva lavorato non più di 20 giorni, inviando sempre certificati medici. Ci fu un incontro, al quale partecipò anche Brandini, in cui fu rappresentata la necessità di licenziarla a Gambino, il quale chiese solo di attendere la celebrazione delle elezioni comunali del 2004.
Nel frattempo, Gambino manteneva una certa consuetudine con i principali rappresentanti del Centro, presso il quale passava quasi tutte le mattine per la colazione.
Tra gli altri, nel 2004 il sindaco segnalò anche Marrazzo Gianluca, che all’inizio fu assunto solo per tre mesi e che dopo le elezioni provinciali fu stabilizzato dalla Pago (altra società della famiglia), tra la fine del 2004 e l’inizio del 2005, nel servizio di vigilanza: fu in questo momento che la Pac 2000 verificò che avesse precedenti, ma, poiché era stato segnalato da Gambino, la cosa non ebbe rilievo.
Per vero, Panico ha detto di non aver controllato personalmente il certificato del casellario, ma di aver saputo che avesse rapporti con la microcriminalità del quartiere c.d. Bronx di Pagani.
Nel 2004 – ha proseguito Panico – non c’erano pratiche pendenti della Pago o del Pegaso. Tuttavia, egli ha detto che, pur avendo fatto presente che il centro non aveva necessità di assumere Marrazzo, il sindaco insistette per la sua assunzione, tanto che egli cedette alla richiesta, anche perché c’erano da eseguire lavori di ristrutturazione di alcuni negozi (per esempio, il negozio di articoli sportivi aveva presentato una d.i.a.) e sussisteva dunque la possibilità di controlli che potevano creare problemi.
Tuttavia, Panico ha precisato che Gambino espressamente non minacciò ostacoli in caso di diniego dell’assunzione e che fu piuttosto lui a ritenere che potesse condizionare negativamente gli iter amministrativi in corso.
Anche le successive richieste di assunzione provenivano dallo stesso Gambino, il quale si recava personalmente negli uffici del Centro per avanzarle: se riguardavano il supermercato veniva interessato Santoni della Conad, se riguardavano i negozi della galleria si rivolgeva a Brandini.
Dopo il 2004, quando si progettava l’ampliamento del centro, Gambino puntualizzò che le assunzioni erano propedeutiche all’avvio delle conferenze di servizi ed al loro svolgimento senza problemi per il Pegaso.
Il problema era che solo pochi dei segnalati avevano le caratteristiche anagrafiche e professionali per essere assunte. Toppetti, infatti, aveva stabilito che la galleria era disposta ad assumere paganesi, purché fossero di età inferiore ai 35 anni, vantassero un minimo di professionalità e non avessero precedenti.
Tra gli assunti espressamente citati da Panico, vanno ricordati – entrambi presi in carico da Expert – Gianfranco Aliberti, amico fraterno di Gambino, ed il nipote del maresciallo Cascone dei Carabinieri di Pagani, in luogo del figlio che, pur essendo stato assunto, non prese mai servizio; quindi, la figlia di Zito Arcangelo, pregiudicato di Pagani.
Anche il direttore della galleria commerciale, Giovanni Barone, fu assunto su indicazione di Gambino, in sostituzione della precedente direttrice Citarella con il pretesto che quest’ultima stava sposando un consorziato.
Panico, peraltro, ha specificato di avere avuto sempre rapporti buoni di collaborazione con Barone come direttore commerciale e di averlo frequentato in amicizia anche fuori dal lavoro.
Va poi citata – benché assunta nel 2007 – Giusi Ruggiero, moglie di Santolo Morra, zio di Gambino, che aveva già quasi 50 anni e non risultava in possesso di pregresse esperienze professionali specifiche. La richiesta fu di assumerla, ma solo dopo le elezioni comunali tenutesi quell’anno per evitare problemi in campagna elettorale. Di conseguenza, fu assunta dalla Pago, ma licenziata dopo due giorni, e poi definitivamente assunta dal gruppo Pack 2000 dopo le elezioni. Panico ha dichiarato che della sua assunzione parlò prima con Brandini e Santoni, e poi anche con Toppetti, perché si trattava di questione delicata.
I rapporti con Gambino – ha proseguito la persona offesa – iniziarono ad incrinarsi con la richiesta di assunzione di Fisichella Antonio, che non è chiaro quando abbia avuto precisamente luogo perché dapprima la persona offesa l’ha fatts risalire al 2007 e successivamente al 2008.
Per quanto detto da Panico, la vicenda di Fisichella si trascinò per non poco tempo, essenzialmente – a suo dire – per la difficoltà di trovare una soluzione che accontentasse Gambino e che al tempo stesso fosse rispondente ai criteri seguiti dal centro commerciale per l’assunzione di nuovi dipendenti.
Fisichella, infatti, aveva precedenti penali per reati in materia di armi, che egli stesso rilevò dal certificato del casellario giudiziale nello studio di Santilli e che non avrebbero consentito, senza la opposizione della Pack 2000, di accettare che lavorasse nel Pegaso.
Infatti, Toppetti si oppose fermamente all’assunzione di Fisichella, tanto che si disse disponibile a pagargli alcune mensilità purché cessasse la richiesta di prenderlo alle dipendenze del centro.
Panico ha detto che, quando vide Fisichella per la prima volta, gli era stato mandato da Santilli – consulente del lavoro delle società di famiglia nonché consigliere comunale, poi divenuto capogruppo di Forza Italia e stretto collaboratore di Gambino – il quale gli riferì che il sindaco aveva detto di trovare una sistemazione ad un bravo giovane di sua fiducia.
Al primo incontro, per prendere tempo disse a Fisichella di preparare i documenti e di portarli a Santilli.
Peraltro, Fisichella continuò a venire frequentemente al Pegaso per chiedere quando sarebbe stato assunto dalla società che gestiva il parcheggio e la vigilanza. Panico temporeggiò finché poté, anche perché in quel periodo erano in ballo il problema della tarsu e del rilascio della agibilità; poi, nel dicembre 2008 Santilli lo chiamò per dire che Gambino insisteva perche fosse assunto Fisichella cui teneva molto.
Egli rispose a Santilli che l’assunzione non poteva avere luogo, perché Fisichella aveva precedenti penali e la Pack 2000 non avrebbe mai acconsentito.
Infatti, Fisichella non fu assunto, ma fu ricompensato dallo stesso Santilli con 3.000 euro (che corrispose lui stesso al figlio di Santilli, forse con assegni della Panico s.r.l., giustificati con un aumento delle fatturazioni della stessa società e di cui non fece copia), anche tenuto conto della indicazione di Toppetti, con l’impegno che si sarebbe cercato di farlo entrare nel Brico, che però apriva ad ottobre 2009.
Peraltro, nel settembre del 2009, Fisichella venne una volta al Pegaso, dopo che aveva appunto sostenuto un colloquio al Brico e, abbastanza adirato, gli disse che c’erano problemi per la sua assunzione e che comunque gli avevano promesso uno stipendio di 600-700 euro, del tutto insufficiente per la sua famiglia di 4 figli.
Quindi, lui stesso, in compagnia di Delfino, si recò a Poggiomarino da Cangianiello che gestiva il Brico, il quale gli confermò che non poteva assumere Fisichella perché aveva avuto informazioni da gente di Pagani sui suoi precedenti e che anche la retribuzione chiesta dall’aspirante lavoratore non poteva essere corrisposta.
Dopo il pagamento della somma di 3.000 euro, Panico fu chiamato in comune e, alla presenza di Santilli e di un certo Falcone Antonio, parlò con Gambino, il quale gli chiese di trovare una soluzione per Fisichella, perché gli aveva promesso di essere assunto dalla società che gestiva i parcheggi.
Panico ha spiegato che inizialmente Santilli era d’accordo con lui di temporeggiare su Fisichella, ma la situazione cambiò nel maggio 2008 quando si aggiunse una situazione – alla quale Panico stesso era estraneo – riguardante il negozio Expert, che aveva licenziato un’altra persona segnalata da Gambino.
In quella occasione, Santilli si arrabbiò e gli disse che si sarebbe risentito anche il sindaco. Poi, lo stesso Santilli e Pandolfi Elettrico vennero al centro per dirgli che se non avesse assunto Fisichella, Gambino avrebbe revocato l’autorizzazione all’apertura domenicale, anche perché gli rappresentarono che le aspettative del Comune sul numero di assunti non erano state soddisfatte.
In ogni caso, Panico, su domanda della difesa, ha precisato che nel dicembre 2008, durante la vicenda Fisichella, gli fu rilasciato il certificato di agibilità per l’ampliamento. Tuttavia, poco dopo, furono eseguiti sequestri a soppalchi eseguiti all’interno di alcuni negozi del Pegaso.
Nel 2009, poi, gli fu fatta richiesta di assumere Garofalo Esposito Gaetano presso un distributore di carburante del quale era prossima l’apertura all’interno del Centro. Panico chiese chi era e gli fu detto che si trattava di un “compariello” di Gambino.
Giacché De Palma, in particolare, gli telefonava continuamente per sollecitare l’assunzione di questa persona, Panico si recò a casa di Gambino, in compagnia dello stesso De Palma, per assicurargli, nel corso di un incontro da lui definito cordiale, che lo avrebbe assunto, come cassiere al distributore di benzina, anche per chiudere la “vicenda Fisichella”.
Senonché, l’anno successivo si verificarono diversi problemi al distributore, in particolare una serie di rapine a mano armata ed ammanchi di cassa. Gli altri dipendenti gli confidarono che la responsabilità di questi fatti era da ascriversi a Garofalo Esposito, ma poiché non vollero metterlo per iscritto, non era disponibile una prova per procedere al licenziamento.
Si rivolse allora a De Palma, che non volle impegnarsi perché gli disse di essere già indagato in quel momento per una vicenda relativa ai p.i.p. del comune di Pagani. Perciò, pensò, anche su indicazione del suo legale avvocato Peluso, di interessare l’assessore comunale Massimo Quaratino, persona legata politicamente a Gambino, e gli domandò di parlare con lo stesso Gambino, perché fosse lui a intervenire su Garofalo Esposito ed a convincerlo a presentare le dimissioni; si disse anche disposto a sostituirlo con un altro lavoratore indicato da Gambino, anche per dimostrare che non aveva niente contro di lui.
Quaratino gli assicurò che ne avrebbe parlato con Gambino e quindi gli riferì che costui gli aveva detto che avrebbe dovuto tenere Esposito Garofalo e magari trasferirlo ad un altro posto, pur dicendosi personalmente d’accordo con lui che la situazione non potesse andare avanti in quel modo. Poiché non si poteva seguire il suggerimento alternativo di Gambino (in quanto gli unici posti ove si poteva eventualmente spostare il lavoratore erano la sorveglianza o il parcheggio, ciò che avrebbe comportato la consegna di codici sensibili al soggetto), Panico decise di licenziare tutti i cassieri del distributore, sporgendo anche querela e peraltro mettendosi anche in una condizione di difficoltà per la necessità di assumere, nell’immediato, personale non ancora specializzato: questo avvenne nel mese di ottobre 2010, quando il sindaco era Bottone, in quanto Gambino era stato sospeso.
In definitiva, Panico ha dichiarato che i problemi con Gambino cominciarono proprio per le mancate assunzioni e, tra queste, anche per quella di Fisichella: il sindaco gli disse espressamente che avrebbe tentato di far chiudere l’ampliamento.
Sulla vicenda delle assunzioni, s’è incentrata anche una parte della deposizione di Panico Luca, fratello di Amerigo, il quale si occupa dell’amministrazione nell’azienda di famiglia dal 2003, anno in cui era cominciato già l’iter con la Conad per l’apertura del Pegaso al posto della Standa.
Dei rapporti con le pubbliche amministrazioni – ha detto Panico Luca – si occupava Amerigo, il quale gli disse che il comune di Pagani aveva chiesto l’assunzione di diverse soggetti nel Centro, non solo nella persona di Gambino ma anche attraverso suoi stretti collaboratori, come Santilli, Pandolfi Elettrico, Falcone, Quaratino e De Palma.
La sua famiglia aderì in genere a queste richieste, perché il padre e il fratello dissero che altrimenti avrebbero potuto avere problemi di controlli amministrativi e problemi per il rilascio delle future autorizzazioni.
In particolare, Amerigo gli disse che si incontrava spesso con Gambino e altri, i quali gli avevano rivolto la minaccia che, nel caso in cui non fossero state soddisfatte le richieste di assunzioni, non avrebbero rilasciato autorizzazioni al Centro e che in seguito prospettarono anche la possibilità della chiusura domenicale. Panico Luca ha anche aggiunto che non sempre il padre e il fratello lo mettevano al corrente in tempo reale dei fatti.
Il teste ha detto di aver notato i familiari particolarmente preoccupati quando fu richiesta l’assunzione di Fisichella, anche perché c’erano problemi legati ai suoi precedenti penali; se ne parlò anche con Santilli e Pandolfi che insistevano e il fratello gli disse che si presentò personalmente nel suo ufficio lo stesso Fisichella, mandato dal sindaco. Amerigo lo mise pure a parte del fatto che aveva corrisposto una somma di 3.000 euro a Santilli e Pandolfi Elettrico, su loro richiesta, da destinare a Fisichella per evitare che continuasse a venire al centro per chiedere di essere assunto.
Circa le altre assunzioni, Panico Luca ha detto di aver saputo sempre dal fratello che Gambino gli chiese l’assunzione di Barone Giovanni come direttore del Pegaso, che era una carica particolarmente importante, perché si occupava anche degli appalti cui era interessato il sindaco, nonché l’assunzione dei pregiudicati Garofalo Esposito alla pompa di benzina nel 2009 e di Marrazzo Gianluca, assunto all’inizio dalla Pagos s.r.l. per la vigilanza nel 2005.
Sullo specifico tema delle assunzioni, è stato sentito anche Panico Gabriele, il quale ha dichiarato che Gambino, con l’ausilio di Santilli e Pandolfi Elettrico, chiese l’assunzione di Fisichella al figlio Amerigo, che non intendeva accettare, tanto che vi fu una forte discussione con gli stessi Santilli e Pandolfi Elettrico, i quali gli dissero che allora doveva versare la somma di 1.000 euro destinata allo stesso Fisichella.
Lui stesso ha assistito ad un colloquio con Santilli e Pandolfi Elettrico, che condizionarono la prosecuzione dell’iter dell’ampliamento all’assunzione di Fisichella.
L’uomo ha aggiunto di ricordare che una volta Fisichella era venuto al centro, dicendo che era stato mandato “dall’amico” per lavorare da loro e che le pressioni da parte di Gambino per le assunzioni erano continue.
Panico Gabriele ha anche specificato che al centro sono state assunte persone che si rivolgevano direttamente a loro, altre che venivano segnalate da uomini politici e infine altre ancora, pure segnalati dai politici, che dovevano essere assunte per forza.
Sono stati in grado di fornire informazioni al tribunale sulla questione delle assunzioni anche altri testimoni che con il Centro Commerciale hanno avuto rapporti, in qualità di persone legate alla Conad, la quale dai Panico aveva preso in affitto l’intera struttura, poi in parte subaffittata ad operatori commerciali e in parte adibita a supermercato gestito in proprio.
Toppetti Danilo, direttore generale della società Pack 2000 che gestisce il marchio Conad, ha ricordato innanzitutto di avere avuto inizialmente rapporti, circa 13 anni or sono, con Gabriele Panico per il progetto di trasformazione dell’ipermercato Standa in centro commerciale nel quale inserire il marchio Conad; nel tempo, il suo interlocutore è diventato Amerigo.
La Conad ha la sua sede a Perugia, sicché fu affidato a Brandini Roberto il compito di seguire il progetto sul territorio, su delega sua. Brandini aveva ampia libertà operativa.
Toppetti ha riferito che le modalità di assunzione dei dipendenti seguivano criteri normali, nell’ambito dei quali poteva capitare, come del resto è evenienza frequente, che ci fossero raccomandazioni per l’assunzione di persone del territorio. Pur non avendo direttamente seguito le assunzioni, egli aveva dettato criteri generali, che consistevano nel privilegiare giovani, persone oneste e munite di una certa professionalità.
Probabilmente erano Brandini e Amerigo Panico che, raccogliendo le istanze di varia provenienza, segnalavano le persone da assumere ad Ammendola Giulio, responsabile della società che gestiva il punto vendita Conad.
Un’assunzione – ha detto Toppetti – la fece lui personalmente su richiesta di Amerigo Panico, che gli sollecitò l’assunzione di una persona che stava a cuore al sindaco Gambino, in quanto era una sua zia. Si trattava, peraltro, di una persona che non rientrava nell’età consigliata e non aveva alcuna professionalità: di conseguenza, poteva essere utilizzata solo per lavori di ordine, di cui pure c’era bisogno.
Panico sollecitò molto l’adesione alla richiesta di Gambino, perché il centro avrebbe avuto problemi se non fosse stata assunta; non disse di quali problemi si trattava, ma normalmente Panico gli rappresentava problemi legati all’ottenimento delle concessioni per l’ampliamento del centro. Anche Brandini qualche volta gli faceva presenti questi problemi, ma non ha saputo dire se per conoscenza diretta o su segnalazione dello stesso Panico.
Quest’ultimo gli riferiva spesso che riceveva forti sollecitazioni per le assunzioni, imposte dalla “classe politica locale”, e si lamentava che gli altri commercianti della galleria non assumessero, ciò che lo costringeva a rivolgersi alla Conad.
Toppetti ha detto di avere incontrato due o tre volte Gambino, il quale gli raccomandò di assumere persone di Pagani, perché l’amministrazione aveva interesse a che fossero fatte assunzioni sul territorio; la richiesta gli sembrò legittima, né il sindaco gli palesò personalmente difficoltà per l’apertura del centro, della quale anzi sembrava contento.
Anche quando si dovette sostituire il direttore del centro, gli venne sottoposto il nome di Barone Giovanni, che era persona segnalata dal sindaco; venne assunto, anche perché era abbastanza giovane.
Il teste ha anche detto che, ad un certo momento, ad una prima fase, più o meno normale, di richieste di assunzioni di persone del posto, subentrò un’altra di maggiore turbolenza, che ha fatto coincidere con la richiesta di assunzione di un pregiudicato.
Toppetti ha ricordato, infatti, che ci fu una discussione assai animata con Panico Amerigo, il quale gli disse che gli era stato chiesta in maniera pressante – senza precisare da chi – l’assunzione di questa persona e che non poteva rifiutarsi.
Egli dovette imporsi tassativamente per impedirlo, anche soltanto a tempo determinato come propostogli da Panico, tanto che lui stesso prospettò anche la possibilità alternativa di corrispondergli qualche mensilità (fino a sei, equivalenti al tempo determinato) pur di evitarne l’assunzione.
Notò una particolare tensione di Panico anche perché diceva che era molto sollecitato e che aveva preoccupazioni di ritorsioni in caso di mancata assunzione. In questo caso, cioè, insistette assai più che per le altre assunzioni precedenti.
Toppetti ha detto di non ricordare se in quel periodo erano pendenti questioni amministrative importanti per il centro; tuttavia, ha affermato che, più di una volta, dovette mandare a Pagani una persona della Conad che segue specificamente le questioni amministrative, tale Onofrio, perché non si riuscivano ad attivare le licenze del Centro per un vizio procedurale. Quando tornò, questa persona di fiducia gli disse che la procedura seguita, benché contestata dal comune, era regolare e si mostrò fiducioso che il problema si sarebbe risolto.
Il teste ha parlato anche di vari problemi nella gestione di un distributore di carburanti, realizzato nel Pegaso dalla stessa Conad e dato in gestione ad una società di Panico, consistiti per lo più in alcuni furti e ammanchi di cassa, che erano rilevanti perché ogni sera la società di Panico doveva versare i soldi su un conto della Conad. Fu effettivamente rilevata una mancata corrispondenza tra litri venduti ed importi versati. Panico gli disse che avrebbe cambiato tutto il personale, anche se non gli sembrò tranquillo di poter fare i licenziamenti.
Sollecitato dalle difese, Toppetti ha ammesso che quella dell’assunzione di persone del posto nei centri commerciali e nei supermercati è una prassi abbastanza diffusa su tutto il territorio nazionale, ma ha rimarcato che la situazione di Pagani era particolare, in quanto aveva posto complicazioni mai registrate prima.
Infatti, nelle altre regioni le richieste di assunzione sono formulate solo prima dell’apertura delle strutture, mentre a Pagani le richieste continuarono anche dopo; non solo, ma per il Pegaso le richieste riguardarono la scelta di persone singole e, per giunta, mai gli era capitata prima la richiesta di assunzione di pregiudicati.
Quanto alla questione Fisichella, Toppetti ha aggiunto di non sapere se Panico accolse la sua proposta di corrispondere qualche mensilità al pregiudicato, anche perché non hanno più parlato della vicenda; in ogni caso, Panico non gli ha chiesto il denaro da versare a Fisichella, né gli ha detto di averlo effettivamente consegnato, sicché è sua opinione che infine non abbia pagato, altrimenti gli avrebbe chiesto la restituzione di quanto versato.
Altro contributo conoscitivo sulla questione delle assunzioni è provenuto da Brandini Roberto, che al momento dell’apertura del Pegaso era dirigente di Pack 2000, associata alla Conad, mentre in seguito ha seguito l’ampliamento del centro con un contratto di collaborazione. Anch’egli aveva all’inizio rapporti con Panico Gabriele, poi nel corso degli anni è aumentato il ruolo operativo di Amerigo.
Brandini ha premesso che l’attività di Pack 2000 era finalizzata a realizzare l’intera struttura del centro, e dunque non faceva assunzioni, che venivano operate dai singoli operatori commerciali affittuari degli spazi.
Panico spesso diceva, anche in modo insistente, di privilegiare l’assunzione di persone di Pagani, perché riceveva pressioni da parte del comune, sostanzialmente dal sindaco Gambino “che aveva una grossa personalità” .
Lui stesso ha conosciuto il sindaco e lo ha incontrato varie volte, spesso perché glielo chiedeva Panico, ma non ricorda che gli abbia fatto pressioni dirette. In ogni caso, i Panico, sia il padre che il figlio, avevano di sovente liste di persone di cui era stata chiesta l’assunzione, che dicevano provenissero dal comune, principalmente dal sindaco ma anche da assessori o consiglieri.
Gli incontri con Gambino avvenivano nell’ufficio di Panico o al bar del Pegaso o ancora al comune. In genere, il sindaco, che qualche volta era accompagnato dal vice-sindaco Bottone, chiedeva che fossero preferite persone di Pagani, e, in particolare, era contrariato per il fatto che c’era il negozio di elettronica “Expert”, allocato all’interno del Centro, che assumeva solo persone di fuori. Anzi, quando parlava di Somma, il titolare dell’Expert, il sindaco, che in genere era persona affabile, “aveva toni bruschi e andava oltre le righe”.
Brandini ha precisato di non aver gestito direttamente né le assunzioni, limitandosi a passare gli elenchi ai vari imprenditori del Centro, né i licenziamenti, in ordine ai quali gli ha detto qualcosa Ammendola, che si lamentava di non poter licenziare gli assunti su segnalazione del sindaco, in particolare due o tre con cui aveva avuto seri problemi. Lo stesso Panico gli rappresentava che c’erano problemi con i dipendenti assunti su segnalazione, che non potevano essere mandati via.
In effetti, egli ha detto di aver percepito che i Panico fossero sotto notevole pressione e lui stesso in un’occasione, sia pure per problemi relativi alla presentazione di un ricorso tarsu, ebbe “una litigata clamorosa” con Gambino, che minacciò espressamente la chiusura domenicale del centro (si veda la parte relativa al successivo capo di imputazione). In ogni caso, Amerigo gli diceva in particolare nell’ultimo periodo che il clima di pressione era forte, soprattutto da parte del Sindaco.
Sulle assunzioni, Panico gli ha detto che teneva i contatti con Santilli, un suo consulente del lavoro e anche consigliere comunale, che a volte indicava espressamente anche a lui, oltre che allo stesso Panico, le persone da assumere.
Brandini ha infine ricordato di aver conosciuto anche Barone, che fu proposto a lui personalmente dal sindaco per la sostituzione del precedente direttore del centro. Si ritenne che Barone fosse in grado di ricoprire quel posto dopo che ebbe sostenuto un colloquio con lui: del resto, è usuale che il direttore sia una persona del posto, in quanto deve avere rapporti con il territorio.
Quindi, Ammendola Giulio, dal 2003 al 2009 responsabile del punto vendita Conad nel centro Pegaso, ha affermato che prima dell’apertura aveva come riferimento nelle assunzioni i Panico padre e figlio, anche perché dovevano essere assunti alcuni ex dipendenti Standa ed altri soggetti che gli venivano segnalati. Peraltro, egli non conosceva le persone del posto e portò con sé solo 4-5 persone di fiducia.
Il teste ha detto che le assunzioni si svolsero in un clima di tranquillità, salvo il fatto che alla fine gli fu consegnata una lista di persone da assumere, segnalate dalla giunta comunale di Pagani. Ai Panico fece presente innanzitutto che non c’era necessità di assumere 50 persone – ne sarebbero bastate 40 – e prospettò anche problemi di professionalità nonché di età avanzata di alcuni di coloro da assumere. Si lamentò anche di dovere prendere per forza in considerazione le persone segnalate, ma Panico gli parlò di Gambino come persona di riferimento delle assunzioni.
In particolare, Amerigo gli disse che bisognava accontentare il sindaco e che il punto Conad non avrebbe aperto se non fosse stata seguita la lista contenente l’elenco delle persone da assumere: la struttura aprì il 26.6.2003 e la lista era stata accettata.
Ammendola ha però dichiarato che proseguirono le pressioni continue sulle assunzioni, fino a quando non è andato via, e che anzi questo fu il motivo principale per cui decise di lasciare il Pegaso.
Diceva sempre a Panico che la situazione non era sostenibile, ma questi gli rispondeva, pur mostrandosi anch’egli assai contrariato, che occorreva stare calmi ed accontentare tutti, anche perché l’investimento per il centro era stato cospicuo. Anche Panico e Brandini accondiscendevano alle richieste di assunzione, perché vessati da Gambino, ma il problema riguardava soprattutto Conad perché era il negozio più grande.
Tra le persone segnalate, Ammendola ha parlato di Ruggiero Rosa, che egli si rifiutò di assumere, perché non più giovanissima e per giunta in soprannumero, tento è vero che fu poi assunta da una cooperativa; di Panico Maddalena, che assunse al Conad nonostante fosse già cinquantenne; di Sarno Rosalba, figlia di un vigile urbano, proposta dai Panico in quanto il padre svolgeva le mansioni di autista del sindaco e poi fu sospesa dalla Conad per l’appropriazione indebita di 40.000 euro, per la quale è stata condannata dal tribunale di Nocera Inferiore.
Il teste, infine, ha aggiunto anche di aver collegato il problema delle assunzioni con quello della problematica raccolta dei rifiuti al Pegaso, perché quando le richieste venivano esaudite il problema della spazzatura presso il centro commerciale si attutiva e viceversa.
Ad Ammendola, subentrò dal febbraio 2009 nella gestione del punto Conad Longanella Emanuele, che ha detto di aver trovato una situazione del personale esuberante rispetto alle necessità del supermercato.
Panico Amerigo gli riferì informalmente delle pressioni ricevute per le assunzioni in occasione dell’apertura dell’ampliamento e gli disse che era preoccupato per le pressioni di Gambino, perché se avesse preso decisioni contrastanti con le richieste ci sarebbero state conseguenze per le licenze edilizie e per l’apertura domenicale.
Longanella parlò anche con gli altri operatori (tra cui, Somma ed Anaclerico), ma nessuno gli riferì di pressioni, anche se ammisero che l’amministrazione comunale voleva assunzioni di gente del posto; né lui stesso ebbe pressioni, anche perché non aveva in programma di fare assunzioni, benché con gli altri operatori si concordò di non contrastare l’amministrazione.
Il teste ha dichiarato che Ammendola lasciò per questioni economiche (tra l’altro, aveva anche un debito di 40-50.000 euro per il condominio), tanto che ha ereditato un’azienda in difficoltà e con personale demotivato, oltre che con il fatturato in calo. Ha anche riferito di aver portato con sé alcune persone di fiducia, perché non conosceva il personale e perché il supermercato era molto grande. Per il resto, tranne due o tre dimissioni, ha conservato il personale trovato, che si è dimostrato all’altezza.
Le deposizioni di altri operatori del Pegaso hanno avuto più che altro ad oggetto la figura di Barone Giovanni.
Francione Pietro, gestore di un negozio di abbigliamento nel Centro commerciale dal 2009, ha detto che Barone gli chiese una volta l’assunzione di una persona perché aveva esposto il cartello “cercasi magazziniere”: giacché ne aveva bisogno, fece fare qualche giorno di prova al ragazzo segnalato, il quale capì che non era il suo lavoro e se ne andò. Il teste ha detto che, siccome era all’inizio della sua esperienza nel Pegaso, accolse la richiesta di Barone, anche perché si diceva che era amico e “mezzo parente” di Gambino.
Delfino Ugo, che svolge con una propria società attività di commercializzazione nei centri commerciali, ha detto di aver saputo da Panico Gabriele, Panico Amerigo e Francione che Barone era persona indicata dall’amministrazione comunale e, in particolare, da Gambino. Ha aggiunto di aver ricevuto confidenze da alcuni operatori di pressioni sulla proprietà da parte dell’amministrazione comunale per le assunzioni, poi confermate dai Panico che le attribuivano essenzialmente a Gambino.
E’ stato sentito anche Rossi Guglielmo Diodato, all’epoca dei fatti comandante della polizia municipale di Pagani, il quale, tra l’altro, partecipò ad un controllo del centro commerciale Pegaso nella settimana santa del 2009.
Costui, in risposta ad una contestazione del P.M. il quale gli rammentava di aver detto nelle indagini preliminari che alla base di tali controlli vi era una volontà punitiva dell’amministrazione comunale a motivo del fatto che i Panico non avevano soddisfatto tutte le richieste di assunzione, ha affermato di aver più semplicemente formulato una supposizione, in quanto aveva avuto un colloquio con Panico Amerigo che gli aveva parlato appunto delle richieste di assunzione non soddisfatte.
Quanto agli imputati, Quaratino, nelle spontanee dichiarazioni rese all’udienza del 9.7.2012, ha riconosciuto che Panico gli parlò di Esposito Garofalo come di un dipendente segnalato da Gambino e sospettato di essere responsabile di ammanchi; in particolare, gli chiese di parlarne con Gambino perché lo convincesse a dimettersi. Ha detto di non avere inizialmente prestato importanza alla richiesta, tant’è vero che, pur avendo incontrato Gambino, non gli disse nulla. Quando a fine settembre Panico gli rinnovò la richiesta, vi aderì, anche perché doveva avere rapporti con lui in quanto legale dell’operatore commerciale Francione: Gambino gli disse di riferire che se erano disponibili le prove della sua responsabilità, lo poteva licenziare, e tanto egli riferì appunto a Panico.
Lo stesso Quaratino, nell’interrogatorio reso in data 28.7.2011 (acquisito ex art. 513 c.p.p.), aveva ricordato di aver ricevuto una telefonata da Panico, il quale gli rappresentò la situazione di Garofalo Esposito, addetto al distributore, perché era stato segnalato da Gambino: in particolare, il dipendente sottraeva denaro e perciò Panico gli chiese di parlare con Gambino perché lo facesse dimettere. Gambino, al quale espose il problema, gli rispose di licenziarlo o di spostarlo di mansioni ed egli si limitò a riferirlo a Panico.
Santilli, anch’egli autore di spontanee dichiarazioni all’udienza del 9.7.2012, non ha negato di avere chiesto qualche volta ai Panico, di cui era consulente da 50 anni, l’assunzione di lavoratori, e tra gli altri anche di Fisichella che riteneva un caso bisognoso.
Gambino, nell’esame reso all’udienza del 16.7.2012, ha affermato che il comune di Pagani ha trasmesso richieste di assunzione al Pegaso, come aveva già fatto prima anche al "Gambardella cash", dove anzi addirittura accompagnava personalmente i lavoratori dal proprietario. Al Pegaso si era limitato, invece, ad inviare i curricula, anche per la zia Giulia, che peraltro fu assunta solo part-time per un anno con una cooperativa per € 400 mensili.
Se poi segnalò Barone, è perché lo stesso Gabriele Panico gli chiese di indicare una persona come direttore. Giacché Barone gli aveva detto che cercava una sistemazione, lo propose al Pegaso, anche perché si trattava di un amico dei Panico, che frequentavano la stessa spiaggia. Infatti, i Panico furono d’accordo e lo pregarono di proporre direttamente lui il suo nome.
Tra l’altro, nel 2007 fu incaricato Santilli, che era consulente di Panico, di consegnare i curricula che venivano presentati al Comune. Ma in ogni caso, egli non conosceva nemmeno i nominativi degli assunti.
Quanto a Fisichella, era una persona che veniva frequentemente a casa sua per chiedere un lavoro perché aveva tre figli: chiese ovunque di sistemarlo e anche ad Amerigo Panico, il quale gli disse che si poteva tentare al Brico; ma, in ogni caso, non fu mai assunto.
In relazione, poi, alle altre assunzioni, egli parlò delle dipendenti ex Standa, che erano venute a protestare al Comune, a Gabriele Panico, il quale gli disse che potevano essere utili al Pegaso, salvo alcune che erano state sorprese a rubare già alla Standa.
Garofalo Esposito Gaetano, inoltre, fu assunto nell’ottobre 2009 e poi licenziato a ottobre 2010, in un periodo in cui egli era sospeso dalla carica di sindaco. E’ vero che una volta Quaratino gli chiese se poteva dire a Garofalo di dimettersi, su richiesta di Amerigo Panico.
Infine, Gambino ha dichiarato che nessuno – nemmeno Santilli o Quaratino – gli ha mai detto che Panico si sentiva pressato.
Fisichella Antonio, nell’interrogatorio reso in data 28.7.2011 (acquisito ex art. 513 c.p.p.), ha dichiarato di essersi rivolto a Gambino per chiedere un posto di lavoro perché aveva una situazione familiare difficile (ha 4 figli): lo fece perché era il sindaco, al quale tutti si rivolgevano. Peraltro, lo chiese anche a Trapani, che è suo compare di anello e che peraltro intervenne pure presso Panico, e fece pure un periodo di lavoro alla Torretta Cave dei Marrazzo.
Gambino gli offrì un lavoro presso la Bricofer del Pegaso, che però non si è mai concretizzato perché il negozio ancora non si era sistemato nel Centro. Ha lavorato per un periodo di tempo a Poggiomarino come spazzino, in supplenza di quelli assenti, attraverso la società Tempor di Salerno, ma ha escluso di essersi rivolto a Michele D’Auria Petrosino per questa occupazione temporanea.
Fisichella ha invece negato di avere ricevuto 3.000 euro senza lavorare e ha ammesso di essersi rivolto personalmente a Panico Amerigo, presentandosi come amico di Gambino, in compagnia del quale era anche andato una volta da lui.
De Palma, nell’interrogatorio reso in data 16.7.2011 (acquisito ex art. 513 c.p.p.), ha dichiarato di conoscere Garofalo Esposito Gaetano, che un giorno lo andò a trovare al comune e gli chiese se era possibile trovargli una sistemazione lavorativa. Accennò della cosa a Panico, precisandogli però che aveva qualche problema giudiziario, e l’imprenditore gli disse che doveva fare assunzioni presso un distributore prossimo all’apertura. Solo in seguito, egli ha saputo che Garofalo Esposito era stato licenziato.
Barone Giovanni, negli interrogatori resi in data 28.7.2011 e 30.12.2012 (acquisito ex art. 513 c.p.p.), ha premesso che conosce Panico Americo da 20 anni e che Gambino ha sposato una sua cugina. Ha riconosciuto di essere stato assunto, sia pure soltanto con un contratto part-time, anche in virtù di queste conoscenze.
Parlò dapprima con Panico per l’assunzione e questi gli disse che ne doveva parlare con Gambino, anche per giustificarsi agli occhi di chi non veniva assunto, spiegando loro che aveva preferito assumere lui perché segnalato dal sindaco. Ma egli ha potuto registrare anche assunzioni al Pegaso di persone vicine a Bottone e ai consiglieri comunali Ingenito, Damiano e Cosentino.
Barone ha ricordato che Gambino caldeggiava l’assunzione di Fisichella e che Panico gli disse che si sentiva indotto ad assumerlo perché aveva pendenti alcune istanze di ampliamento del centro. Poi, lo informò che, non essendo stato possibile assumere Fisichella, si sentiva in dovere di fargli un pagamento.
Anche Trapani Raffaele, nell’interrogatorio reso il 16.7.2011 (acquisito ex art. 513 c.p.p.), ha detto di aver parlato una volta a Panico dell’assunzione di Fisichella, ma senza assolutamente mettergli pressioni.
Infine, D’Auria Petrosino Antonio, nell’interrogatorio del 16.7.2011 (acquisito ex art. 513 c.p.p.), ha detto di conoscere Fisichella perché ha frequentato la stessa scuola, ma ha aggiunto di non avere rapporti con lui.
Sono stati poi esaminati, quali testimoni citati dalla difesa, alcuni dei lavoratori assunti al centro Pegaso.
Zito Valeria ha dichiarato che lavora al Conad del Pegaso, assunta nel 2003 previo un colloquio di lavoro prima con Panico Gabriele, tramite conoscenza di suo padre Arcangelo, e poi con il direttore Ammendola. Ha escluso, invece, di conoscere Gambino e di avergli mai chiesto un interessamento personale.
In realtà, ella era stata dipendente della Standa per otto anni fino alla chiusura, rimanendo poi due anni in mobilità. Gli accordi sindacali erano nel senso che i lavoratori Standa fossero legati alla licenza, che la Conad aveva ereditato dalla Standa, e che perciò quelli residenti a Pagani sarebbero stati assunti dalla Conad stessa.
Infatti, alla notizia dell’apertura del Conad, essi si incontrarono con il sindaco, il quale disse loro di portare l’elenco dei lavoratori ex Standa da dare al nuovo titolare. Dopo la consegna della lista ai Panico, gli ex lavoratori Standa sono stati assunti ex novo dalla Conad con rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Per vero, non tutti i paganesi – ha precisato la Zito – sono stati assunti, ma tutti hanno fatto il colloquio con tale Perelli, allora direttore Conad.
La stessa situazione ha sostanzialmente rappresentato anche la teste Aufiero Patrizia, ex dipendente della Standa, pure assunta alla Conad dal giugno 2003.
Garofalo Esposito Gaetano ha dichiarato di aver lavorato al Pegaso da ottobre 2009 a dicembre 2010 al distributore di benzina, assunto da Panico che non conosceva personalmente. Aveva presentato un curriculum nel marzo 2009, quando aveva saputo che apriva il distributore all’interno del centro commerciale, chiedendo a molti se conoscevano Panico per farsi dare una mano. Tra questi, De Palma, il quale disse che conosceva Panico e che gli parlò. Il distributore aprì a luglio 2009, ma non fu subito preso da Panico, che dapprima ne rimandò più volte l’assunzione e poi lo fece cominciare l’1.10.2009 per 800 euro mensili.
Infine, fu licenziato per un ammanco di cassa, insieme agli altri dipendenti, con i quali impugnò il licenziamento dinanzi al giudice del lavoro che ha dato loro ragione. Quando è stato licenziato, non si è rivolto, invece, a De Palma, né a Gambino, al quale pure aveva chiesto spesso sin dal 2006 di trovargli un lavoro, prima di essere assunto al Pegaso.
Marrazzo Gianluca, premettendo di non avere precedenti penali, ha detto di aver lavorato al Pegaso dopo un anno circa dall’apertura. Inizialmente, voleva consegnare il suo curriculum alla Conad, ma poi gli spiegarono che le assunzioni le curavano i Panico. Poiché gli dissero che il figlio di Panico conosceva bene il sindaco (non ha ricordato chi gli passò l’informazione, ma si trattava di circostanza notoria), la madre si offrì di parlare con Gambino, anche perché la sua famiglia aveva precedenti rapporti con lui: fu poi chiamato dal sindaco, il quale gli raccomandò di portare il curriculum anche a Santilli, come referente di Panico, e gli assicurò che si sarebbe impegnato, pur non dandogli alcuna certezza.
Nel frattempo, si trasferì al Nord, dove lavorò diversi mesi a Bassano del Grappa, prima di essere chiamato per un colloquio con i due Panico, i quali gli offrirono di lavorare nella vigilanza e nella gestione dei parcheggi in occasione delle ferie di quelli che già erano stati assunti.
Ha lavorato per circa quattro anni al Pegaso con un contratto part-time, anche se faceva full-time, per l’importo di 700 euro mensili, tenendo la contabilità del parcheggio a pagamento; poi ha trovato un altro lavoro e si è licenziato.
Sarno Diodato, già comandante della polizia municipale di Pagani e autista del sindaco dal 2002 per sette anni, ha dichiarato che la figlia ha lavorato al Pegaso dal dicembre 2004 per tre anni e che fu assunta su indicazione di Gabriele Panico a cui lui si era rivolto. Ha escluso, invece, di aver chiesto l’intercessione di Gambino, anche perché egli conosceva bene Panico, fratello del suo medico di famiglia. Ha aggiunto, infine, che la figlia non lavora più al Pegaso, perché denunciata per appropriazione indebita da Ammendola del Conad.
Infine, Santonicola, titolare di due negozi nel Pegaso nonché presidente dei consorziati, ha riferito di avere assunto sette persone, senza però mai ricevere pressioni. Anzi, fu lui stesso a chiedere a Barone se avesse i curricula di qualche persona.
Così ricostruite le emergenze processuali, va dato innanzitutto conto del fatto, che, come già detto all’inizio della trattazione di questo capo, la gran parte delle assunzioni cui fa riferimento l’imputazione sono avvenute prima dell’anno 2006, che costituisce il limite temporale iniziale entro il quale il P.M. confina il tempo del commesso reato.
§2. Le assunzioni precedenti al 2006
Benché, dunque, un segmento dei fatti compresi nell’imputazione non costituisca formalmente oggetto della contestazione sottoposta all’esame del tribunale, cionondimeno il collegio si soffermerà ad analizzare l’eventuale fondatezza dei reati ipotizzati dal p.m. in relazione alle iniziali assunzioni presso il centro Pegaso, anche perché, come sarà meglio di seguito spiegato, ritiene di poter comunque pervenire ad un giudizio di insussistenza dei reati contestati e superare il problema dell’eventuale trasmissione degli atti al pubblico ministero ex art. 521 comma 2 c.p.p.
Si consideri, in primo luogo, che nella stessa prospettazione di Amerigo Panico non è ben chiaro, invero, se le continue richieste di assunzioni da parte di Gambino e di alcuni dei suoi collaboratori siano state accompagnate da minacce esplicite e, in caso eventualmente affermativo, quale ne sia stato il preciso tenore.
Più volte, infatti, Panico, pur affermando di essersi determinato alle assunzioni, ed anzi di aver avuto un occhio di riguardo per i lavoratori segnalati dal Comune di Pagani quando addirittura se ne paventava il licenziamento in quanto temeva problemi per il centro in attesa di richiedere ed ottenere altre autorizzazioni, ha comunque precisato che la possibilità che fossero strumentalmente frapposti ostacoli nei procedimenti amministrativi non gli fu mai prospettata esplicitamente da Gambino o da altri e che egli ebbe più che altro la “sensazione” che questa potesse essere la conseguenza della mancata adesione alle richieste del sindaco. E tanto Panico ha ribadito anche quando ha fatto riferimento alla circostanza che Gambino, consegnandogli le liste dei segnalati, gli aveva detto che si trattava di nomi che “andavano assolutamente assunti”, e dunque senza che la persona offesa abbia riferito di intimidazioni esplicite seguite alle pressioni.
Peraltro, anche Toppetti ha detto di avere incontrato due-tre volte, nella fase iniziale dell’apertura del centro, il sindaco Gambino, il quale gli raccomandò l’assunzione di persone di Pagani, ma motivandola con l’interesse dell’Amministrazione a che fosse favorito il territorio, tanto che egli ritenne la richiesta legittima e, del resto, conforme ad una prassi abbastanza diffusa anche nel resto del Paese, quanto meno nel momento dell’attivazione di una nuova struttura commerciale.
Pure Brandini ha riferito di avere incontrato varie volte il sindaco che non gli fece mai pressioni dirette, salvo a manifestare una certa insofferenza esclusivamente nei confronti del titolare del negozio Expert, che non assumeva persone di Pagani.
Sotto questo profilo, si è avuta conferma, infine, da alcuni degli ex lavoratori Standa, citati come testi dalla difesa, che nella fase di apertura del Conad essi sollecitarono il sindaco affinché intervenisse per favorire il loro riassorbimento nella nuova realtà commerciale e che ciò fece in favore di tutti i residenti di Pagani, senza perorare cause di singoli od esercitare indebite pressioni.
E’ vero che gli stessi Brandini e Toppetti nonché Ammendola hanno riferito che Panico li metteva al corrente delle pressioni che riceveva da parte dell’Amministrazione Comunale, ed in particolare dal sindaco Gambino, perché fosse privilegiata l’assunzione di persone di Pagani e che spesso per accogliere tali richieste il centro fu costretto a derogare ai criteri prefissati sulle caratteristiche del personale.
E’ vero, inoltre, che sia Brandini che Ammendola hanno parlato di non pochi problemi incontrati per il rendimento di alcuni dei lavoratori segnalati e per la difficoltà di procedere ad un loro eventuale licenziamento proprio in quanto segnalati.
E tuttavia non si dispone della prova che per il periodo che va fino al 2006 Gambino abbia tenuto un atteggiamento univocamente costrittivo nei confronti di Panico o di altri esponenti del Pegaso, che si concretizzasse in una minaccia di un male ingiusto ricollegabile all’esercizio dei suoi poteri o più semplicemente alla sua qualità di sindaco.
Si intende dire, cioè, che è certo che Gambino, qui e lì avvalendosi anche dell’ausilio di qualcuno dei coimputati, abbia più volte fatto richiesta di assunzione di persone a lui vicine, magari anche facendo leva sull’indubbia influenza che la sua carica poteva esercitare su un imprenditore bisognoso, attualmente ovvero in futuro, di mantenere buoni rapporti con la P.A. in vista dell’adozione di provvedimenti utili al suo centro commerciale. E’ altrettanto certo che Panico non sia stato affatto insensibile a tali richieste, e che ciò abbia fatto, pur non sempre essendone convinto, per compiacere il suo interlocutore politico.
Ma questo può rappresentare la dimostrazione che nei rapporti tra i due soggetti vi sia stato sostanzialmente un incontro di interessi, nel senso che alle esigenze del sindaco di procurare favori ai propri elettori corrispondevano gli interessi dei Panico di ottenere provvedimenti favorevoli alle attività del centro commerciale Pegaso, e possibilmente in tempi inferiori alla media.
Tant’è vero che lo stesso Panico Amerigo ha riconosciuto in dibattimento di essersi giovato in qualche occasione di una maggiore speditezza degli uffici comunali, rispetto ai tempi ordinari, nella istruttoria ed evasione delle proprie richieste; né è stata fornita specifica dimostrazione che il Pegaso abbia in quel periodo subito apprezzabili ritardi nella soddisfazione delle sue legittime aspettative, che potessero essere attendibilmente messi in collegamento con eventuali elusioni delle richieste del sindaco.
Del resto, sia Amerigo che Gabriele Panico hanno riferito di aver assunto anche persone segnalate da altri esponenti politici non direttamente legati a Gambino. Il primo, in particolare, ha parlato, per esempio, dell’assunzione delle mogli di Franco Ingenito e Alfredo Damiano, consiglieri vicini a Bottone, cui ha proceduto Longanella, su richiesta dello stesso Bottone, e dell’assunzione dei figli di Salvatore Visconti, ex assessore di Bottone, sistemati nella Paco.
Benché siano presumibilmente assunzioni collocabili in un periodo più recente, si tratta comunque di episodi indicativi di una più generale disponibilità dei Panico rispetto alle sollecitazioni degli amministratori locali e, al tempo stesso, di una smisurata attenzione di questi ultimi per le opportunità di assunzione offerte dal centro Pegaso.
La persona offesa, peraltro, ha più volte ribadito durante la sua deposizione che i rapporti con Gambino e con l’Amministrazione Comunale furono sostanzialmente tranquilli dal 2003 al 2006 e ciò ad ulteriore comprova del fatto che evidentemente nessuna coartazione aveva subito o aveva anche soltanto soggettivamente percepito nel comportamento del sindaco.
§3. L’assunzione di Gianluca MARRAZZO
Va solo aggiunto, tenuto conto che tra i pochi lavoratori nominativamente indicati nel capo di imputazione rientra Gianluca Marrazzo, appunto assunto in questo periodo (2004-2005), che nemmeno nel suo caso risulta acquisita la prova che la sua assunzione fosse conseguita ad un’attività concussiva di Gambino.
A parte il rilievo che la circostanza che Marrazzo fosse pregiudicato non è stata personalmente verificata da Amerigo Panico, il quale ha più semplicemente dichiarato di avere saputo che il predetto avesse rapporti con la microcriminalità del quartiere c.d. Bronx di Pagani, v’è da evidenziare che, dopo l’iniziale segnalazione, il sindaco, di fronte alla sua obiezione che il centro non aveva necessità di nuove assunzioni, altro non fece se non insistere nella sua richiesta.
Questo convinse Panico a cedere alla richiesta perché – come da lui espressamente riferito in dibattimento – temette la possibilità di controlli ad alcuni negozi che si apprestavano ad eseguire lavori di ristrutturazione. Ma la stessa persona offesa ha precisato che Gambino non paventò espressamente problemi in caso di diniego dell’assunzione e che fu piuttosto lui a ritenere che il sindaco fosse in grado di condizionare negativamente l’iter dei procedimenti amministrativi in corso o di là da venire.
Sicché – come si vede – il caso di Marrazzo non differisce sostanzialmente da quelli degli assunti nel periodo precedente, nel senso che non v’è spazio probatorio per affermare che la condotta di Gambino sia andata oltre la proposizione di una raccomandazione di tipo politico, e che quindi sia suscettibile di assurgere a rilevanza penale sub specie del delitto di concussione.
§ 4. L’assunzione di Giovanni BARONE
Sull’assunzione del BARONE, le risultanze istruttorie sono le seguenti.
Amerigo PANICO si è limitato a riferire che il BARONE fu assunto su indicazione del GAMBINO, senza nemmeno allegare motivi specifici di pressione da parte del GAMBINO o di altri.
Luca PANICO ha confermato la circostanza, appresa dal fratello, che il BARONE fu assunto come direttore del Pegaso su richiesta del GAMBINO, ma anch’egli non riferisce di minacce o pressioni, conformemente del resto alla sua fonte.
Il TOPPETTI ha riferito che quando si trattò di sostituire il direttore del centro gli venne sottoposto il nome del BARONE, che era persona segnalata dal sindaco, e che venne assunto anche perché era abbastanza giovane: anche in questo caso, nessuna allegazione di pressioni o minacce da parte di chicchessia.
Il BRANDINI ha infine ricordato di aver conosciuto il BARONE, che fu proposto a lui personalmente dal sindaco per la sostituzione del precedente direttore del centro. Precisa però che si ritenne che egli fosse in grado di ricoprire quel posto dopo che ebbe sostenuto un colloquio con lui: del resto, è usuale che il direttore sia una persona del posto, in quanto deve avere rapporti con il territorio.
Il FRANCIONE ha detto che il BARONE gli chiese una volta l’assunzione di una persona, alla quale fece fare qualche giorno di prova, prima che il ragazzo decidesse di andar via. Il teste ha detto che, siccome era all’inizio della sua esperienza nel Pegaso, accolse la richiesta del BARONE, anche perché si diceva che era amico e ‘mezzo parente’ di Gambino. Come si vede, anch’egli non è in grado di riferire nulla sulla dinamica che portò all’assunzione del BARONE, solo essendo in grado di confermare la sua vicinanza al GAMBINO.
Il DELFINO ha detto di aver saputo da Gabriele PANICO, Amerigo PANICO e dal FRANCIONE che il BARONE era persona indicata dall’amministrazione comunale e, in particolare, dal GAMBINO: idem come sopra.
Il GAMBINO ha affermato che se segnalò il BARONE, è perché lo stesso Gabriele PANICO gli aveva chiesto di indicare una persona come direttore. Giacché il BARONE gli aveva detto che cercava una sistemazione, lo propose per il Pegaso, anche perché si trattava di un amico dei PANICO, che frequentavano la stessa spiaggia. Infatti, i PANICO furono d’accordo e lo pregarono di proporre direttamente lui il suo nome.
Nulla a carico del BARONE si ricava dalle sue dichiarazioni, se non il fatto di essere stato effettivamente assunto anche grazie alla sua conoscenza del GAMBINO, ma anche dei PANICO.
Evidente l’insussistenza di qualsivoglia minaccia o pressione per costringere o indurre i PANICO ad assumere il BARONE.
Ne segue l’assoluzione, per tale episodio, di tutti gli imputati perché il fatto non sussiste.
§5. L’assunzione di Antonio FISICHELLA: le condanne
Considerazioni diverse vanno, invece, svolte per la richiesta di assunzione di Antonio Fisichella, alla quale non a caso Amerigo Panico ha più volte fatto risalire l’origine del deterioramento dei suoi rapporti con Gambino.
Infatti, a differenza che per le assunzioni precedenti, nel caso riguardante Fisichella, la persona offesa ha esplicitamente riferito di essere stato destinatario di precise minacce da parte del sindaco, chiaramente finalizzate a costringerlo a sottostare alla sua richiesta.
Panico, cioè, ha ricordato che, in un incontro avuto con Santilli e Pandolfi Elettrico nell’aprile 2009 nel proprio ufficio del Pegaso, il primo gli disse apertis verbis che, se non avesse assunto Fisichella, Gambino si sarebbe attivato per la revoca della denominazione di città turistica, la qual cosa avrebbe comportato la chiusura domenicale del centro Pegaso con rilevanti danni economici per la struttura.
Che quella veicolata da Santilli fosse una minaccia plausibilmente pronunciata dal sindaco, risulta, in primo luogo, dalla circostanza, pure riferita da Amerigo Panico, che appena due giorni prima si era svolto un incontro con Gambino presso lo studio dello stesso Santilli, nel corso del quale era stata agitata esattamente la medesima minaccia della chiusura domenicale, sia pure per il diverso motivo dell’avvenuto licenziamento di alcuni dipendenti del negozio Piazza Italia.
Non solo, ma ulteriori elementi di riscontro circa la condotta di Gambino diretta alla costrizione del soggetto passivo sono desumibili anche da fonti probatorie diverse dal Panico che valgono a corroborarne l’attendibilità, nel solco di quella giurisprudenza di legittimità che consiglia di sottoporre le dichiarazioni della parte lesa costituita parte civile a penetrante controllo fino a ricercare, se necessario, dati esterni di riscontro.
Si consideri, in primo luogo, che quella della chiusura domenicale fu una minaccia che, come si vedrà meglio infra nella parte relativa al capo B) dell’imputazione, Gambino già aveva indirizzato esplicitamente ad Amerigo Panico e Brandini nel 2007 in occasione della vicenda relativa alla pretesa del ritiro del ricorso Tarsu: sicché v’è la prova che si trattasse di un argomento già utilizzato dall’imputato in circostanze analoghe, anche perché, come hanno dichiarato in modo inequivoco i diversi testi di accusa, le conseguenze dell’atto minacciato sarebbero state assai pregiudizievoli per il centro commerciale Pegaso. Il sindaco, dunque, era bene avvertito della capacità persuasiva che un’intimidazione del genere sarebbe stata in grado di esercitare sulla persona offesa, come del resto era accaduto per la vicenda tarsu, ed è pertanto particolarmente plausibile che l’abbia utilizzata anche per l’assunzione di Fisichella.
Peraltro, che così fosse, risulta ulteriormente dalla testimonianza del comandante della polizia municipale Rossi, il quale, riscontrando un passaggio della deposizione dello stesso Panico, ha ricordato che nell’aprile 2009 – e dunque pochi giorni prima degli incontri della persona offesa con Gambino e Santilli cui sopra si è fatto riferimento – il sindaco interruppe lo svolgimento del consiglio comunale di Pagani per riunire i consiglieri di maggioranza e per proporre una mozione di sostegno alla revoca della denominazione della città turistica.
A tal proposito, anche Amerigo Panico ha riferito che il giorno seguente all’inaugurazione del negozio Expert, Gambino, contrariato per il fatto che fosse stato invitato soltanto il sindaco di Nocera Inferiore, fermò i lavori del consiglio comunale in corso e diede mandato al dirigente di dare inizio alla predisposizione degli atti per la revoca della città turistica.
Si tenga conto, ancora, che anche Toppetti ha parlato della vicenda Fisichella come di un momento di particolare tensione per Amerigo Panico, il quale gli disse che era molto sollecitato e che temeva ritorsioni in caso di mancata assunzione. Il teste, cioè, constatò che in questo caso Panico insistè assai più che per le assunzioni del periodo precedente e che rimarcò di non potersi sottrarre alla richiesta, tanto che egli ebbe con lui una discussione animata e fu costretto, infine, a proporre addirittura di versare una somma di denaro al Fisichella pur di impedirne l’assunzione.
Questa versione di Toppetti ben si concilia con la ricostruzione secondo cui la richiesta relativa a Fisichella segnò un salto di qualità della pretesa di Gambino di condizionare le assunzioni nel centro Pegaso.
Probabilmente a causa dell’impossibilità per Panico di vincere le resistenze del Conad di Perugia che lamentava lo stato di pregiudicato della persona da assumere, l’atteggiamento del sindaco raggiunse un’insistenza ed una carica di prevaricazione prima mai necessarie. Del resto, questo contegno ben può essere inteso come la degenerazione di una situazione precedente comunque caratterizzata da un prolungato contesto di pressioni del sindaco sui Panico, anche se non accompagnate da minacce e mai particolarmente avversate dalla persona offesa.
Le difese hanno sottolineato, in particolare, alcuni passi della conversazione intercettata il 2-6-2011 tra Gabriele Panico e Luca Panico alla vigilia della loro audizione nella fase delle indagini preliminari per desumerne la insussistenza di qualunque imposizione nella vicenda Fisichella.
I due si interrogano circa i motivi della loro convocazione e dal tenore del colloquio può desumersi che Gabriele Panico abbia avuto un approccio con l’avvocato Emilio Peluso, legale di famiglia, e, per quanto emerso nell’istruttoria, particolarmente vicino ad Amerigo Panico nel periodo in cui costui si determinò a sporgere denuncia.
Conviene riportare di seguito i passi salienti della conversazione dai quali emerge che il padre ed il figlio, anche sulla base delle indicazioni fornite dall’avv. Peluso circa le iniziali rivelazioni di Amerigo, fanno ipotesi sugli argomenti che potrebbero essere oggetto della loro audizione e passano in rassegna le vicende del Pegaso più problematiche:
Gabriele Panico – Loro vogliono sapere le imposizioni di Gambino, tutte le imposizioni della gente se ti hanno imposto o non ti hanno imposto.
Luca Panico – e noi abbiamo avuto …inc…
Gabriele Panico – Eh! Te l’ha imposto o non te l’ha imposto?
Luca Panico – Quali sono queste … quali sono le imposizioni
(…)
Gabriele Panico – …E non mi dice niente. Dice che ha parlato a ruota libera sopra a Fisichella. Il problema che vogliono… inc … addosso a Fisichella. Ti ricordi tutta quella ammoina di Peppe Santilli, di Pandolfi, di Fisichella? Che da là si è scaturita tutta la rottura con Gambino.
(…)
Gabriele Panico – Allora quando ho sentito queste cose, dice regali, dice questo ti possono bloccare. Con Amerigo, ho detto: aiutatemi ad Amerigo …ieri sera Peluso dice che Amerigo sta fuori…loc’ ci sta dice che va a ruota libera. Io ho detto: avvoca’ voi lo sapete, io vado soffice e non mi interesso, si però Amerigo non lo vuole capire!
Luca Panico – Ma il reato qual è? Non lo riesco a capire! Il reato qual è? Imposizione, quale imposizione è stata fatta qua dentro? Io non la vedo questa imposizione. I dipendenti sono stati pigliati, altre cose sono i rapporti di lavori tranquilli e niente…
Gabriele Panico – Senza…
Luca Panico – Cioè io non la vedo tutta questa cosa grave.
Gabriele Panico – (con tono alterato) Tu non la vedi! Quello…
Luca Panico – Il bordello di mazzette non ce n’è stato, imposizione di Inps non ce ne sono state.
Gabriele Panico – Si Fisiche … Fisichella lo sanno tutti quanti che l’ha imposto. Quello dice: te l’ha imposto? Tu non te lo sei pigliato. Ma te l’ha imposto?
Luca Panico – Te l’ha imposto? Mi ha chiesto solo un piacere.
Gabriele Panico -Eh!
Luca Panico – Imposto!
Gabriele Panico – Allora là dipende come rispondi.
Luca Panico – si ho capito, ma alla fine l’unico problema un poco più grave è Fisichella, mi ha imposto? Mi ha chiesto un posto di lavoro. Quello fa il politico ed io faccio l’imprenditore. Penso che i reati gravi sono se mi avesse detto: Pagami le tangenti, oppure avesse detto: no, senti i lavori li devi far fare per forza …inc…
Gabriele Panico – Quello che tu pensi…
Luca Panico – Cioè non la vedo tanto grave.
Gabriele Panico – però per dire il fatto di Fisichella lo sanno, però…
(…)
Gabriele Panico – Io personalmente ho detto Amerigo vedi che questi sono… vai cauto! La paura mia è quella! Parlaci…inc…Se Amerigo dice una verità e voi un’altra dopo andate in contraddizioni, hai voglia che fai… che poi tu dici…io ho detto, non ho detto… quelli fanno il mestiere loro Luca. L’avvocato fa il mestiere dell’avvocato, quello è un giudice implicatore. Il p.m. quello che martella. Due minuti dobbiamo parlare con… Non è che… Comunque non è…inc… La paura mia è Amerigo…Quello me l’ha domandato otto volte: sig. Panico stiamo in confidenza, sapete che c’è? ve l’ha imposto.. Avvocato ma che sono queste parole imposizione? A me non me l’ha imposto.
Luca Panico – Imposto.
Gabriele Panico – Ma già che hanno usato la parola imposto, hai capito? vedi che quelli lo sanno! Sanno tutto! poi mi hanno detto il fatto di Toppetti. A Toppetti glielo hanno detto…
Luca Panico – Amerigo lo sa…
Gabriele Panico – … Tutte le imposizioni delle persone qua dentro. Io so che Toppetti è stato già ascoltato.
Luca Panico -… inc
Gabriele Panico – Loro… due sono le cose, Fisichella ed Esposito. Esposito è un poco… me lo sono pigliato a lavorare.
Luca Panico – Eh, per due posti di lavoro?.
In dibattimento, Luca Panico, interpellato dalle difese sul significato di questa conversazione, ha dichiarato che in generale chiedeva spiegazioni al padre sulle imposizioni perché non ne aveva avuto prima una conoscenza diretta, ed ha spiegato che, in particolare, intendeva tranquillizzare il padre sulla questione Fisichella quando gli diceva di “non vedere reati” e di considerare la sua assunzione “un piacere”, anziché “un’imposizione”.
Sia lui che il padre, infatti, erano preoccupati delle domande che avrebbe potuto fare loro il p.m. e perciò egli tentava di concordare una minimizzazione dei fatti.
La spiegazione appare al tribunale plausibile, ma soprattutto avvalorata, a ben vedere, dallo stesso tenore della conversazione intercettata, dalla quale in primo luogo emerge che padre e figlio lasciano trasparire una palpabile preoccupazione per le iniziative di Amerigo Panico delle quali non sono stati informati. Altrettanto evidente è che Luca Panico sia il membro della famiglia meno informato dell’andamento delle vicende del Pegaso, tanto che il padre a un certo punto esclama: – “ Eh, vabbuò perché tu poi la testa ce l’hai da un’altra parte”: questo spiegherebbe anche la propensione del figlio, assai più del padre, a qualificare l’assunzione di Fisichella come un mero scambio di favori con Gambino.
Viceversa, sembra al collegio particolarmente significativo che, quando Gabriele e Luca Panico cercano di individuare il tema della loro audizione, arrivino per esclusione esattamente alla vicenda Fisichella, non solo individuandola come il momento a partire dal quale si consumò la rottura col sindaco (conformemente, dunque, a quanto detto successivamente in dibattimento da Amerigo Panico), ma anche essi stessi qualificandolo come l’episodio più grave, sul quale avrebbero potuto essere interrogati dagli inquirenti.
Quanto, poi, alla questione della “imposizione”, è rilevante che all’inizio Gabriele Panico da subito affermi che “Fisichella lo sanno tutti quanti che l’ha imposto”, sicché tutte le successive disquisizioni terminologiche con il figlio circa l’esatta qualificazione della condotta di Gambino sono verosimilmente da collegarsi appunto al tentativo dei due di riportare reciprocamente la vicenda entro confini di irrilevanza penale al solo scopo di defilarsi da un diretto coinvolgimento quali accusatori, come è arguibile anche dalle chiare parole di Gabriele Panico: “io ho detto: Avvoca’ voi lo sapete, io vado soffice e non mi interesso”.
V’è poi da dire che il capo di imputazione contiene il riferimento alla corresponsione a Fisichella della somma di tremila euro, per il tramite di Santilli, allo scopo di ricompensarlo della mancata assunzione ed in attesa di una sua eventuale sistemazione presso il negozio Brico che avrebbe dovuto aprire di lì a poco.
Ebbene, nella prospettiva già più volte in precedenza indicata di dover sottoporre le dichiarazioni della persona offesa costituita parte civile ad un vaglio di particolare pregnanza, fino al punto di supportarla con elementi di riscontro, va detto che, quanto a questo specifico aspetto del pagamento in favore del Fisichella, l’unico elemento probatorio è costituito dalla parola di Amerigo Panico. Da questo punto di vista, non aiuta particolarmente a comprovare la circostanza il fatto che Gabriele Panico, pure presente all’incontro con Santilli e Pandolfi Elettrico, abbia parlato invece della diversa somma di 1.000 euro.
Del resto, Amerigo Panico, pur assicurando di avere personalmente consegnato a Santilli alcuni assegni della Panico s.r.l. con una soprafatturazione societaria per la copertura della somma da dare a Fisichella, non è stato poi in grado di fornire, o comunque non ha offerto, la prova documentale di una circostanza rilevante che di per sé sarebbe agevole da dare.
Non può non osservarsi, al riguardo, che il difetto documentale desta più di qualche perplessità, soprattutto se si tiene conto che al contrario Amerigo Panico si era attivato immediatamente per registrare il colloquio con Santilli, proprio per conservarne traccia a futura memoria a cagione della delicatezza e della gravità che annetteva alla vicenda; sicché è difficile dare altra spiegazione alla mancata esibizione degli assegni o comunque alla mancata attivazione per reperirne copia presso le banche che sia compatibile con la versione di Panico.
Se a questo si aggiunge che anche Toppetti, al quale era da ricondurre l’iniziativa dell’erogazione di tale somma di danaro, ha poi escluso che Amerigo Panico gliela avesse mai chiesta, contrariamente alla sua consuetudine di farsi rimborsare il danaro anticipato, v’è quanto basta per concludere che siano quanto meno ambigui e contraddittori gli elementi eventualmente indicativi dell’avvenuta corresponsione dei tremila euro di cui al capo di imputazione.
Ciò detto, deve ritenersi che la condotta sin qui ascritta ad Alberico Gambino abbia integrato il delitto di concussione contestato.
Nessun dubbio, in primo luogo, in ordine alla qualifica di pubblico ufficiale che egli in quel momento rivestiva quale sindaco del comune di Pagani. Né è controvertibile che egli abbia fatto abuso della propria qualità e dei propri poteri, in quanto con la minaccia della chiusura domenicale del centro commerciale prospettò alla persona offesa la possibilità di tenere una condotta, da un lato, rientrante nella sua competenza tipica, quale manifestazione delle sue potestà funzionali per uno scopo diverso da quello per il quale era investito delle medesime, e, al contempo, di strumentalizzazione della posizione di preminenza ricoperta nei confronti del privato.
La minaccia esercitata da Gambino fu pienamente idonea a coartare la volontà del soggetto passivo in quanto si sostanziò nella esplicita prospettazione di un danno ingiusto, finalizzato al conseguimento di una indebita pretesa, quale può certamente definirsi la assunzione di un soggetto pregiudicato in violazione dei criteri che i dirigenti del centro si erano dati, pretesa peraltro formulata con modalità pure indebite, caratterizzate, appunto, dalla insistenza e dalla intimidazione, a fronte dei reiterati dinieghi di Panico e Toppetti.
Concorse con Gambino anche Giuseppe Santilli, in relazione al quale l’istruttoria espletata ha fatto emergere che fosse sin dagli anni precedenti una sorta di trait d’union tra Gambino e Panico, cui era stato affidato il compito di consegnare al Pegaso i curricula delle persone da assumere: in particolare, Amerigo Panico ha detto che in occasione di una pizza con Gambino e Santilli, fu concordato che quest’ultimo si sarebbe occupato delle assunzioni per conto del comune, tant’è vero che in occasione dell’ampliamento fornì 70-80 curricula a nome di Gambino.
Egli, dunque, era profondamente introdotto nel meccanismo delle assunzioni instaurato dal sindaco, anche in virtù del suo incarico di consulente del lavoro della famiglia Panico da lungo tempo oltre che di esponente politico della maggioranza facente capo a Gambino.
E’ vero che, secondo quanto detto da Amerigo Panico, Santilli fu d’accordo con lui inizialmente nella decisione di temporeggiare sulla richiesta di assunzione di Fisichella; tuttavia, è risultato dall’istruttoria che, da un certo punto in poi, l’imputato si fece più insistentemente portatore della pretesa di Gambino e fu persino colui che gli ribadì, nel corso dell’incontro al suo ufficio, la espressa minaccia della chiusura domenicale del Pegaso in caso di mancata adesione. Peraltro, ciò avvenne soltanto due giorni dopo l’incontro, tenutosi proprio presso il suo studio, nel corso del quale Gambino disse personalmente ad Amerigo Panico della sua intenzione di attivarsi per la revoca della città turistica.
Ne consegue che, se pure si potesse ipotizzare che in una prima fase Santilli abbia mantenuto un atteggiamento quanto meno neutro sulla vicenda di Fisichella, tale ipotesi non sarebbe più sostenibile in quella seconda fase, in cui egli non solo era perfettamente a conoscenza della minaccia esplicitamente pronunciata da Gambino nei confronti di Panico, ma si fece personalmente carico di riconfermarla alla persona offesa nel corso di un colloquio in cui si discuteva dell’eventuale versamento di una somma di danaro in favore di Fisichella.
Ritiene il tribunale, dunque, che la sua condotta abbia costituito un contributo concreto in termini causali alla realizzazione del reato di concussione riconducibile a Gambino, avendo egli, con l’ascendente derivantegli dalla conclamata vicinanza al sindaco e con l’abuso della fiducia derivante dal rapporto pluriennale coi Panico, quanto meno rafforzato la valenza intimidatoria della pretesa dell’assunzione di Fisichella.
Il reato è rimasto integrato nella sua forma consumata, benché non possa ritenersi provato oltre ogni ragionevole dubbio che la somma di 3.000 euro sia stata effettivamente corrisposta a Fisichella.
Sotto questo profilo, è sufficiente, infatti, che sia stata raggiunta la prova dell’avvenuta promessa, da parte del soggetto passivo, della dazione di danaro. In proposito, la formulazione dell’art. 317 c.p. è sufficientemente chiara nell’indicare l’evento del reato nell’avvenuta costrizione del privato non solo a dare, ma anche semplicemente a promettere denaro od altra utilità.
Come ha chiarito la Suprema Corte, il delitto di concussione rappresenta una fattispecie a duplice schema, nel senso che si perfeziona alternativamente con la promessa o con la dazione indebita per effetto dell’attività di costrizione del pubblico ufficiale, sicché, se tali atti si susseguono, il momento consumativo si cristallizza nell’ultimo, venendo così a perdere di autonomia l’atto anteriore della promessa e concretizzandosi l’attività illecita con l’effettiva dazione, secondo un fenomeno assimilabile al reato progressivo (Cass. Sez. VI n.31689 del 2.8.2007). Del resto, è stato affermato dalla giurisprudenza di legittimità che ricorre un’ipotesi di concussione consumata finanche quando la promessa sia stata fatta con la riserva mentale di non adempiere.
Ne consegue, per quanto sin qui detto, che Alberico Gambino e Giuseppe Santilli debbono essere dichiarati colpevoli del delitto di concussione limitatamente alla vicenda della richiesta di assunzione di Antonio Fisichella.
Va soltanto brevemente aggiunto che, come reso evidente dalla ricostruzione dei fatti sin qui delineata, nessun intervento, non solo nella vicenda di Fisichella ma anche nella più complessiva gestione delle assunzioni del Pegaso, vi è stato da parte di Antonio e Michele D’Auria Petrosino che nella prospettazione accusatoria sarebbero i soggetti di collegamento con la criminalità organizzata e gli esponenti di un gruppo criminale per l’agevolazione della cui attività gli imputati avrebbero commesso i reati contestati.
Del resto, come si vedrà meglio, il tribunale perverrà ad affermare anche per le altre imputazioni, ed in particolare per quella di cui all’art. 416 ter c.p. la sostanziale insussistenza di un significativo collegamento tra Gambino ed i D’Auria Petrosino che fosse finalizzato al perseguimento di finalità illecite.
§6. L’assunzione di Antonio FISICHELLA: le assoluzioni
Non vi sono elementi sufficienti per ritenere certa al di là di ogni ragionevole dubbio la partecipazione del FISICHELLA alla concussione da altri realizzata.
Infatti, le prove raccolte per tale episodio dimostrano soltanto, per quanto riguarda tale imputato, che egli si rivolse al GAMBINO, all’epoca sindaco di Pagani, seguendo in ciò una prassi piuttosto diffusa, per chiedere un posto di lavoro, che ne ottenne una promessa di interessamento e, verosimilmente, l’indicazione del centro Pegaso come luogo del suo futuro lavoro, e che si recò insistentemente al Pegaso per chiedere quando avrebbe iniziato a lavorare.
Orbene, il dato maggiormente significativo a suo carico pare essere l’insistenza da lui mostrata nei confronti dei suoi possibili datori di lavoro, ma tale dato è a ben vedere per un verso equivoco, e per altro verso insufficiente.
Equivoco, rispetto all’accusa che gli si muove, perché può ben spiegarsi – anziché come manifestazione di aggressività propria di chi è partecipe di una minaccia – sia con lo stato di grave bisogno economico in cui versava, sia col fatto che il PANICO, in ciò d’accordo col SANTILLI, nella fase iniziale decise di prendere tempo, e non gli oppose un chiaro rifiuto, sicché non è affatto peregrino ritenere che egli possa essersi fatte delle illusioni, o magari che si sentisse preso in giro.
Insufficiente, perché attinente all’elemento della pretesa, e non anche dimostrativo di consapevolezza e compartecipazione al reato sotto il profilo della minaccia agitata dal GAMBINO.
E non solo non vi è di ciò alcuna prova storica, nessun teste avendo riferito di essere a conoscenza che il FISICHELLA fosse stato messo a parte delle intenzioni o delle iniziative amministrative del sindaco per esercitare pressioni sui PANICO, ma la stessa prova critica non porta a migliori risultati per l’accusa.
Ciò può essere affermato per almeno due ragioni.
La prima è che il GAMBINO e il FISICHELLA si situano a livelli troppo differenti per ritenere, in base al mero perseguimento dello stesso fine pratico, che i due condividessero necessariamente lo stesso patrimonio conoscitivo quanto all’azione e alle intenzioni della pubblica amministrazione.
La seconda è che, a ben vedere, il fine pratico perseguito dal GAMBINO coincide solo materialmente, e soprattutto solo parzialmente, con quello del FISICHELLA.
L’assunto va meglio spiegato: vi è identità materiale del fine immediato, perché questo consisteva per entrambi nell’assunzione della persona raccomandata. Ma non vi è identità del fine ultimo perseguito, che consisteva per il FISICHELLA nella assunzione stessa (dunque, per lui, e per lui solo, fine immediato e fine ultimo coincidevano), e per il GAMBINO nell’assicurarsi con tal mezzo un più vasto consenso politico. In sostanza, detto in termini più semplici, ciò che per il FISICHELLA era il fine, per il GAMBINO era solo il mezzo per perseguire fini ulteriori.
Ma la parzialità della coincidenza va affermata anche sotto un altro profilo: è emerso infatti che le ragioni che mossero il GAMBINO a premere sui PANICO riguardarono non solo l’assunzione del FISICHELLA, ma la questione delle assunzioni in generale, che per il sindaco rivestiva una rilevanza politica che trascendeva le aspettative del FISICHELLA.
Non è dunque irragionevole pensare che il GAMBINO non avesse alcuna ragione per mettere il FISICHELLA, che del resto non svolgeva alcun ruolo politico, al corrente dei mezzi di pressione, consistenti proprio in iniziative amministrative o nella relativa minaccia, che egli stava esercitando sui PANICO.
Si impone pertanto l’assoluzione del FISICHELLA dal reato ascrittogli per non aver commesso il fatto.
Identica soluzione si impone per il PANDOLFI ELETTRICO.
Militano a favore di tale conclusione numerosi elementi.
In primo luogo, egli è risultato del tutto estraneo ad ogni altra vicenda riguardante le assunzioni: all’udienza del 14.3.2012 Amerigo PANICO ha espressamente chiarito che il PANDOLFI ELETTRICO non partecipò alla richiesta delle assunzioni del 2003, non gli chiese l’assunzione del BARONE, né quella del MARRAZZO, né infine quella dell’ESPOSITO GAROFALO.
In secondo luogo, lo stesso PANICO ha precisato che il 27.4.2009, quando accompagnò il SANTILLI al centro commerciale, era la prima volta che il PANDOLFI ELETTRICO si occupava della questione.
Ancora: il PANICO ha riferito che in precedenza il PANDOLFI si era mostrato d’accordo con lui sul fatto che il FISICHELLA non poteva essere assunto.
Sempre il PANICO ha chiarito che fu il SANTILLI a chiedergli, la mattina del 27.4.2009, il denaro promesso al FISICHELLA.
Infine, il PANICO ha riferito che il PANDOLFI ELETTRICO gli chiese un posto di lavoro all’interno del Conad per il fratello, al quale procurò un colloquio per un posto di pescivendolo, posto che fu rifiutato senza neanche manifestazioni di disappunto da parte dell’imputato, che del resto aveva formulato la richiesta senza minacce. Sicché è da condividersi la protesta di innocenza consacrata nella sua memoria difensiva, che “chi non rivendica con energia o peggio con foga l’assunzione del fratello, non può, realisticamente, essere sospettato di aver preteso con violenza o minaccia l’assunzione per soggetti che gli sono estranei”.
L’imputato va pertanto assolto per non aver commesso il fatto.
Nessun elemento di prova attinge gli altri coimputati per tale episodio, Giovanni DE PALMA, i fratelli D’AURIA PETROSINO, Massimo QUARATINO e Giovanni BARONE, il che costringe ad una affermazione di innocenza necessariamente apodittica.
Pare infatti evidente che i predetti soggetti siano stati accusati della imputazione che ci occupa esclusivamente in ragione dell’ipotesi che essi tutti, insieme agli imputati poi riconosciuti colpevoli, facessero parte di un ‘sistema’ finalizzato alla commissione di imposizioni e soprusi ai danni dei PANICO mediante l’abuso delle proprie funzioni pubbliche.
Peraltro, se anche ciò fosse stato dimostrato, occorrerebbe pur sempre la prova della concreta partecipazione di ciascuno ad ogni singolo reato mediante una condotta obiettivamente accertabile, cosa che non è dato riscontrare nella maniera più assoluta per il reato de quo, non essendo gli imputati sopra elencati nemmeno nominati nella vicenda.
§7. L’assunzione di Gaetano ESPOSITO GAROFALO
Pare utile ripercorrere in maniera sinottica gli elementi di prova raccolti per tale episodio, sebbene essi siano già stati esposti in occasione della ricostruzione generale della vicenda delle assunzioni.
Amerigo PANICO ha riferito che nel 2009 gli fu fatta richiesta di assumere Gaetano ESPOSITO GAROFALO in un distributore di carburante del quale era prossima l’apertura all’interno del centro. Chiese chi era e gli fu detto che si trattava di un ‘compariello’ del GAMBINO. Giacché il DE PALMA, in particolare, gli telefonava continuamente per sollecitarne l’assunzione, andò a casa del GAMBINO, in compagnia dello stesso DE PALMA, per assicurargli, nel corso di un incontro da lui definito cordiale, che lo avrebbe assunto, come cassiere del distributore di benzina, anche per chiudere la ‘vicenda FISICHELLA’.
Senonché, l’anno successivo si verificarono diversi problemi al distributore, in particolare una serie di rapine a mano armata ed ammanchi di cassa. Gli altri dipendenti gli confidarono che la responsabilità di questi fatti era da ascriversi all’ESPOSITO GAROFALO, ma poiché non vollero metterlo per iscritto, non era disponibile una prova per procedere al licenziamento. Si rivolse allora al DE PALMA, che non volle impegnarsi perché gli disse di essere già indagato in quel momento per una vicenda relativa ai p.i.p. del Comune di Pagani.
Pensò quindi, anche su indicazione del suo legale avvocato PELUSO, di interessare l’assessore comunale Massimo QUARATINO, persona legata politicamente al GAMBINO, e gli domandò di chiedergli di intervenire sull’ESPOSITO GAROFALO per convincerlo a presentare le dimissioni, dicendosi anche disposto a sostituirlo con un altro lavoratore indicato dal GAMBINO, per dimostrare che non aveva niente contro di lui.
Il QUARATINO gli riferì che il GAMBINO gli aveva risposto che avrebbe dovuto tenere l’ESPOSITO GAROFALO e magari trasferirlo ad un altro posto, pur dicendosi personalmente d’accordo con lui che la situazione non potesse andare avanti in quel modo.
Poiché non si poteva seguire il suggerimento alternativo del GAMBINO (in quanto gli unici posti ove si poteva eventualmente spostare il lavoratore erano la sorveglianza o il parcheggio, ciò che avrebbe comportato la consegna di codici sensibili al soggetto), decise di licenziare tutti i cassieri del distributore, sporgendo anche querela e peraltro mettendosi anche in una condizione di difficoltà per la necessità di assumere, nell’immediato, personale non ancora specializzato: questo avvenne nel mese di ottobre 2010, quando il sindaco era il BOTTONE, in quanto il GAMBINO era stato sospeso.
Luca PANICO, che si occupa dell’amministrazione nell’azienda di famiglia dal 2003, ha detto di aver saputo dal fratello che il GAMBINO gli aveva chiesto l’assunzione del pregiudicato ESPOSITO GAROFALO alla pompa di benzina nel 2009.
Danilo TOPPETTI ha parlato di vari problemi nella gestione di un distributore di carburanti, realizzato nel Pegaso dalla stessa Conad e dato in gestione ad una società del PANICO, problemi consistiti per lo più in alcuni furti e ammanchi di cassa, che erano rilevanti perché ogni sera la società del PANICO doveva versare i soldi su un conto della Conad. Fu effettivamente rilevata una mancata corrispondenza tra litri venduti ed importi versati. Il PANICO gli disse che avrebbe cambiato tutto il personale, anche se non gli sembrò tranquillo di poter fare i licenziamenti.
Il QUARATINO, nelle spontanee dichiarazioni rese all’udienza del 9.7.2012, ha riconosciuto che il PANICO gli parlò dell’ESPOSITO GAROFALO come di un dipendente segnalato dal GAMBINO e sospettato di essere responsabile di ammanchi; in particolare, gli chiese di parlarne con il GAMBINO perché lo convincesse a dimettersi. Ha detto di non avere inizialmente prestato importanza alla richiesta, tant’è vero che, pur avendo incontrato il GAMBINO, non gli disse nulla. Quando a fine settembre il PANICO gli rinnovò la richiesta, vi aderì, anche perché doveva avere rapporti con lui in quanto legale dell’operatore commerciale FRANCIONE: il GAMBINO gli disse di riferire che se erano disponibili le prove della sua responsabilità, lo poteva licenziare, e tanto egli riferì appunto al PANICO.
Lo stesso QUARATINO, nell’interrogatorio del 28.7.2011 (acquisito ex art. 513 c.p.p.), aveva ricordato di aver ricevuto una telefonata dal PANICO, il quale gli aveva fatto presente la situazione dell’ESPOSITO GAROFALO, addetto al distributore, perché assunto su segnalazione del GAMBINO: in particolare, il dipendente sottraeva denaro e perciò il PANICO gli chiese di parlare con il GAMBINO perché lo facesse dimettere. Il GAMBINO, al quale aveva esposto il problema, gli aveva risposto di licenziarlo o di spostarlo ad altre mansioni ed egli si limitò a riferirlo al PANICO.
Il GAMBINO ha dichiarato, sulla vicenda, che Gaetano ESPOSITO GAROFALO fu assunto nell’ottobre 2009 e poi licenziato a ottobre 2010, in un periodo in cui egli era sospeso dalla carica di sindaco. È vero che una volta il QUARATINO gli chiese se poteva dire all’ESPOSITO GAROFALO di dimettersi, su richiesta di Amerigo PANICO.
Il DE PALMA, nell’interrogatorio del 16.7.2011 (acquisito ex art. 513 c.p.p.), ha dichiarato di conoscere Gaetano ESPOSITO GAROFALO, che un giorno andò a trovarlo al comune e gli chiese se era possibile trovargli una sistemazione lavorativa. Accennò della cosa al PANICO, precisandogli però che aveva qualche problema giudiziario, e l’imprenditore gli disse che doveva fare assunzioni in un distributore prossimo all’apertura. Solo in seguito seppe che l’ESPOSITO GAROFALO era stato licenziato.
Gaetano ESPOSITO GAROFALO ha dichiarato di aver lavorato al Pegaso dall’ottobre 2009 al dicembre 2010 al distributore di benzina, assunto dal PANICO che non conosceva personalmente. Aveva presentato un curriculum nel marzo 2008, dopo aver saputo che apriva il distributore all’interno del centro commerciale, chiedendo a molti se conoscevano il PANICO per farsi dare una mano. Tra questi, il DE PALMA, il quale disse che conosceva il PANICO e che gli parlò. Il distributore aprì a luglio 2008, ma non fu subito preso dal PANICO, che dapprima ne rimandò più volte l’assunzione e poi lo fece cominciare l’1.10.2008 per 800 euro mensili. Infine, fu licenziato per un ammanco di cassa, insieme agli altri dipendenti, con i quali impugnò il licenziamento dinanzi al giudice del lavoro che ha dato loro ragione. Quando è stato licenziato, non si è rivolto, invece, al DE PALMA, né al GAMBINO, al quale pure aveva chiesto spesso sin dal 2006 di trovargli un lavoro, prima di essere assunto al Pegaso.
Come si vede, è pacifico che il DE PALMA chiese al PANICO l’assunzione; è già meno evidente che il GAMBINO abbia concorso nella richiesta iniziale, anche se dalle parole del PANICO (che ha detto di avergli ‘offerto’ l’assunzione quale pegno di pace a chiusura della ‘questione FISICHELLA’) emerge comunque l’interesse del sindaco alla posizione dell’ESPOSITO GAROFALO.
Come che sia, il PANICO e gli altri testi o dichiaranti sentiti sulla vicenda non hanno nemmeno allegato che la richiesta di assunzione sia stata accompagnata e quindi condizionata da minacce esplicite o implicite.
E una minaccia, per quanto implicita, in tanto sussiste in quanto abbia una seria ed accertabile consistenza fattuale, non potendo tale concetto declinarsi nel senso di una mera situazione ambientale preesistente, o peggio ancora nel senso di una mera percezione soggettiva di eventi mai prospettati da alcuno.
In sostanza, la minaccia può bensì essere implicita, ma perché abbia base fattuale è necessario che essa venga effettivamente prospettata al concusso mediante comportamenti ben precisi, ascrivibili o riconducibili a soggetti ben determinati, aventi un significato univoco, sebbene solo indirettamente manifestato (altrimenti la minaccia sarebbe esplicita).
In questo caso, non è stato rappresentato nemmeno un timore soggettivo, né a fortiori è stato anche solo allegato un contegno pratico della amministrazione comunale al quale possa riconoscersi valenza minatoria.
Tanto chiarito, va pure osservato che nessuna minaccia è stata mai prospettata, non solo nella fase genetica del rapporto di lavoro, ma anche nella successiva fase del licenziamento.
È infatti evidente che la stessa iniziativa del PANICO di rivolgersi al GAMBINO per chiedergli di convincere l’ESPOSITO GAROFALO a dimettersi non solo non dipese dal timore derivante da minacce come visto inesistenti, ma si spiega agevolmente per un verso col tentativo di ‘tenersi buono’ il sindaco per ogni evenienza, e per altro verso (soprattutto) col tentativo di far sì che il sindaco gli risolvesse il problema, spingendo il lavoratore alle dimissioni, in modo da non costringerlo a seguire la via poi praticata, del licenziamento collettivo, assai problematico in mancanza di prove certe di colpevolezza per gli ammanchi, come dimostra il fatto che il giudice del lavoro diede poi ragione all’ESPOSITO GAROFALO, se è vero quanto questi ha riferito al riguardo. Il che spiegherebbe anche perché al TOPPETTI il PANICO non sembrò tranquillo di poter fare i licenziamenti.
Ebbene, non si può seriamente ritenere che il GAMBINO potesse rispondere diversamente da come gli rispose tramite il QUARATINO (secondo la versione resa da quest’ultimo, la più plausibile): se hai le prove della responsabilità del lavoratore negli ammanchi, licenzialo; se non le hai, prova a spostarlo in mansioni nelle quali non possa fare danno. Che è chiaramente un modo di lavarsene le mani, non una minaccia. E che è la risposta più naturale per un politico, dal quale tutto ci si può attendere, tranne che faccia pressioni per far perdere il lavoro a qualcuno.
Il reato è pertanto insussistente, donde l’assoluzione di tutti gli imputati.
Capo B
(imputati Giovanni DE PALMA, Giuseppe SANTILLI, Antonio D’AURIA PETROSINO, Michele D’AURIA PETROSINO, Giovanni PANDOLFI ELETTRICO, Massimo QUARATINO, Giovanni BARONE, Antonio FISICHELLA, Alberico GAMBINO)
Il capo B) dell’imputazione ha ad oggetto la vicenda di un ricorso presentato dal Centro Commerciale Pegaso avverso una delibera del comune di Pagani relativa alla determinazione delle tariffe per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
Benché la contestazione, con non poca approssimazione, individui il tempo del commesso reato “negli anni 2006, 2007, 2008, 2009, 2010” e la colleghi alla predisposizione di atti amministrativi che comportarono l’aumento della c.d. Tarsu, in realtà la vicenda riguarda la sola quantificazione, avvenuta nel 2008, della c.d. Tariffa di Igiene Ambientale (quindi, TIA anziché TARSU) per l’anno 2007.
La ricostruzione della vicenda è avvenuta innanzitutto attraverso la deposizione di Panico Amerigo, il quale ha ricordato di avere avuto comunicazione da Barone che era pervenuta una cartella per i rifiuti relativa all’anno 2007 di un importo quadruplicato rispetto all’anno precedente, per una somma complessiva di circa 137.000 euro. Pandolfi Elettrico si trovava per caso nel suo ufficio con Santilli quando arrivò la notizia e si propose per predisporre un ricorso, in quanto convinto che la delibera con cui era stato deciso l’aumento fosse viziata.
Panico ne parlò con Brandini, il quale era molto preoccupato, anche perché non era ancora compreso nella quantificazione della tariffa l’ampliamento già progettato. Ne seguì un incontro con Santilli e Pandolfi Elettrico, nel corso del quale, peraltro, Brandini chiese loro espressamente il motivo per il quale due consiglieri di maggioranza erano disponibili a presentare un ricorso contro il Comune: Pandolfi Elettrico gli rispose che aveva problemi personali con Gambino (nutriva motivi di risentimento nei suoi confronti perché era venuto meno all’impegno di nominare vicesindaco sua cognata Lucia Barone) e aggiunse che, in caso di esito positivo del ricorso, sperava che si potesse procurare un posto di lavoro al fratello.
Panico ha poi ricordato che, appena notificato il ricorso al comune, Gambino lo chiamò al telefono e gli disse che se il ricorso non fosse stato ritirato, l’ampliamento del centro non sarebbe stato autorizzato. La stessa cosa ribadirono dopo circa 15 giorni anche Quaratino e Falcone, direttore generale del comune, che lui incontrò in compagnia di Brandini e Toppetti: il mancato ritiro del ricorso, cioè, avrebbe comportato il diniego delle autorizzazioni all’ampliamento. Non solo, ma subito dopo anche Gambino, dal quale pure si recarono, riconfermò il medesimo avvertimento.
Successivamente, Panico ebbe un nuovo incontro al suo ufficio con Pandolfi Elettrico, che si mostrò ottimista sull’accoglimento del ricorso (materialmente predisposto dall’avv. Feliciana Ferrentino e poi sottoscritto da Luigi Somma nella qualità di presidente del centro commerciale) e si impegnò anche a dare un incarico di consulenza per il conteggio della somma effettivamente dovuta, poi quantificata in circa 45.000 euro a fronte dei 137.000 chiesti dal comune. La persona offesa ha riferito che anche Santilli e Pandolfi Elettrico gli fecero capire che, se non fosse stato ritirato il ricorso, il Pegaso non avrebbe avuto l’agibilità.
Alla fine, intervenne un accordo verbale con Gambino e lo stesso Pandolfi Elettrico, in virtù del quale il consorzio pagò la somma di 63.000 euro, oltre che una fattura di 9.000 euro a Pandolfi Elettrico, che Barone fece pagare su ordine di Brandini e del presidente del consorzio, ma di cui nessuno caldeggiò particolarmente il saldo.
Panico Amerigo ha anche ricordato che in seguito il fratello di Pandolfi Elettrico fu chiamato a colloquio per un posto di pescivendolo al Conad, che tuttavia non accettò; ma non per questo Pandolfi Elettrico mostrò risentimento nei confronti suoi e di Brandini.
Sentito sulla questione della tarsu, anche Brandini ha ricordato che Panico Amerigo lo chiamò assai allarmato per l’aumento della tariffa e ha riconosciuto che lui stesso era molto preoccupato per l’incidenza del costo sulla gestione del centro commerciale. Di conseguenza, Panico gli fece incontrare un consigliere comunale esperto della materia ed un’avvocatessa per proporre opposizione come consorzio, con cui si contestavano, oltre all’importo, le modalità utilizzate per la tassazione.
Quindi, fu organizzato un incontro al comune con Gambino ed il direttore generale, in cui vi furono momenti di forte frizione ed il sindaco sgarbatamente disse che se non avessero ritirato il ricorso non avrebbe più consentito la apertura domenicale del centro.
Brandini ha aggiunto di aver percepito che in quel periodo i Panico fossero sotto pressione e che la fase successiva dell’accordo con il comune fu curata da Panico Amerigo.
All’incontro in comune, partecipò anche Toppetti, che, richiesto di un intervento personale per far riportare la tariffa a livelli normali e avendo lui stesso suggerito di fare ricorso, venne di proposito a Pagani per incontrare il sindaco e il direttore generale, in compagnia di Brandini e di Panico.
Toppetti ha riferito che vi fu uno scontro animato tra Brandini e Falcone sulle modalità di calcolo della tariffa, anche se non ha ricordato espressamente che fossero state pronunciate minacce.
Della vicenda Tarsu, ha detto di essere stato tenuto al corrente anche Panico Luca dal fratello Amerigo, il quale gli riferì che era stato presentato un ricorso, poi accantonato perché si trovò un accordo, e che fu pagata una fattura di circa 9.000 euro a Pandolfi.
Il fratello aggiunse che Gambino aveva chiesto espressamente il ritiro del ricorso, minacciando in caso contrario – anche per il tramite di De Palma, Quaratino e Falcone – che altrimenti avrebbe impedito per il futuro l’apertura dell’ampliamento del centro.
Dei testi del P.M., ha accennato infine alla vicenda della Tarsu anche Ammendola, limitandosi a dichiarare di ritenere incongrua la cifra richiesta, anche perché il centro Pegaso, al contrario, avrebbe dovuto godere di sgravio perché svolgeva la raccolta differenziata e perché utilizzava i compattatori.
Quanto agli imputati, Gambino, nell’esame reso in data 16.7.2012, ha negato di avere mai minacciato Brandini e Toppetti nell’incontro al comune, al quale anzi egli non partecipò, limitandosi solo a passare per un saluto.
Peraltro – ha osservato l’imputato – con il decreto Ronchi gli oneri per la raccolta dei rifiuti, che prima erano suddivisi tra cittadini e comuni, passarono interamente a carico degli utenti. In ogni caso, l’aumento della tariffa, che in percentuale gravò più su commercio e industria, fu generalizzato, tanto è vero che vennero presentati numerosi ricorsi.
Gambino, comunque, ha escluso di avere mai pronunciato minacce finalizzate al ritiro del ricorso, che peraltro, per quanto lui ne sappia, non è mai stato effettivamente ritirato.
Anche Quaratino, nell’interrogatorio reso in vinculis il 28.7.2011 ed acquisito ai sensi dell’art. 513 c.p.p., rimarcò che l’aumento della tarsu fosse stato applicato a tutti gli utenti del servizio e, soprattutto, negò di avere avuto qualsivoglia ruolo nella vicenda del ricorso e di avere incontrato Toppetti o di aver mai partecipato a discussioni con lui e Panico, alla presenza di Falcone, che riguardassero la tarsu.
Infine, proprio Falcone, citato dalle difese di Gambino e Quaratino e sentito come indagato in reato connesso, ha confermato di avere incontrato in comune Panico, Toppetti e Brandini, su loro richiesta, per la delibera Tarsu: nel corso della riunione furono rappresentate posizioni contrastanti, ma non vi furono alterchi, né riferimenti ad una possibile chiusura del piano superiore del Pegaso in caso di mancato pagamento della tariffa richiesta. Falcone ha detto che gli sembrava fosse presente all’incontro anche l’assessore Quaratino, il quale tuttavia intervenne in maniera limitata.
Quanto, poi, alla questione in sé, il direttore generale ha dichiarato che l’aumento della tarsu, rimasta inalterata per i cinque anni precedenti, si rese necessario perché la legge sull’emergenza rifiuti in Campania prevedeva che i comuni non potessero più utilizzare altre entrate per il servizio. In ogni caso, il colloquio non sortì effetti per il Pegaso, anche perché si trattava di un atto di valenza generale, e non si parlò in quella sede di ricorsi, né Gambino gli espresse mai preoccupazioni per il ricorso presentato dal Centro.
Risulta, infine, dagli atti prodotti dalle difese che il ricorso straordinario al Capo dello Stato presentato dal centro commerciale Pegaso fu dichiarato estinto con decreto del Presidente della Repubblica del 14.6.2011 “per il raggiungimento di un accordo transattivo”.
Così ricostruite le emergenze processuali sulla vicenda oggetto di questo capo di imputazione, non è in discussione che il centro Pegaso, con l’intervento e l’ausilio di Pandolfi Elettrico, abbia presentato ricorso straordinario avverso la tarsu per l’anno 2008 e che poi, a seguito di proposte di sgravio e di diminuzione della tariffa, sia addivenuto ad una transazione con il comune di Pagani, che fissò infine l’importo della tariffa stessa alla somma di 63.000 euro, a fronte dei 137.000 inizialmente richiesti e dei 45.000 a cui il Pegaso stesso aveva proposto di ridurre l’iniziale richiesta.
Il punto è stabilire se siano intervenuti, direttamente o indirettamente, coartazioni sulla libertà di autodeterminazione dei rappresentanti del Centro, tali da costringerli a non persistere nella coltivazione del ricorso e ad accettare una transazione a condizioni meno vantaggiose di quelle cui essi ritenevano di avere diritto.
E’ ciò che in sostanza si ipotizza nell’imputazione, la quale peraltro è stata già riqualificata all’esito dell’udienza preliminare dal g.u.p., che ha ritenuto di dare al fatto, originariamente rubricato dal p.m. come integrante il delitto di concussione, la diversa definizione giuridica di violenza privata, aggravata dall’art. 7 L. 203/91. Va anche detto che la riqualificazione, allo stato, non riguarda anche Gambino Alberico, il quale, a differenza dei suoi coimputati, ha richiesto il giudizio immediato e dunque non è passato per il vaglio dell’udienza preliminare e non ha dunque ‘beneficiato’ della derubricazione operata dal g.u.p.
In questo caso, può dirsi da subito che la prospettazione accusatoria si fonda su dichiarazioni ulteriori rispetto a quelle provenienti dal denunciante Panico Amerigo.
Quest’ultimo, come già detto, ha riferito di avere ricevuto sia da Gambino, dapprima telefonicamente e poi di persona, sia da Quaratino (oltre che da Falcone, il quale non è però imputato), esplicite pressioni per l’immediato ritiro del ricorso, consistenti nella minaccia, in caso contrario, del diniego delle autorizzazioni necessarie per l’ampliamento della struttura commerciale.
Tale situazione di sostanziale coartazione della libertà morale delle persone offese è stata confermata in buona parte da Brandini, il quale, per vero, ne ha ricondotto la responsabilità al solo Gambino – anche perché non ha fatto parola della presenza di Quaratino all’incontro in comune – e l’ha individuata nella espressa minaccia di un’iniziativa amministrativa tesa a impedire l’apertura domenicale del Pegaso.
Benché meno analitico sul punto, anche Toppetti ha ricordato che nel corso della riunione in comune vi furono momenti di forte tensione tra Brandini e Falcone, pur non ricordando che quest’ultimo avesse pronunciato espressioni minacciose. Lo stesso Panico Luca ha riferito di aver saputo dal fratello Amerigo che gli era stato chiesto espressamente da Gambino, oltre che da altri suoi “portavoce”, il ritiro del ricorso, pena il rigetto delle autorizzazioni all’ampliamento del centro.
Come si vede, dunque, il materiale probatorio disponibile è sufficiente per fare applicazione anche dei più esigenti criteri di valutazione delle dichiarazioni della parte civile costituita (v., per esempio, Cass. sez. I, n. 29372 del 27.7.2010), secondo cui il controllo della sua attendibilità, in quanto portatrice nel processo di pretese economiche, deve essere più rigoroso rispetto a quello generico cui si sottopongono le dichiarazioni di qualsiasi testimone e può rendere opportuno che si proceda al riscontro con altri elementi.
In primo luogo, soccorre la deposizione di Brandini, persona nemmeno più legata oggi al centro Pegaso e in ogni caso del tutto estranea alla genesi delle indagini ed agli interessi economici connessi al processo, che, nel contesto di una deposizione improntata ad equilibrio e prudenza, ha fatto espresso riferimento ad un atteggiamento minaccioso di Gambino, che intimò il ritiro o comunque l’abbandono del ricorso.
Si tratta di dichiarazioni che già di per sé sarebbero idonee a costituire prova autonoma e diretta della condotta di coartazione ascritta a Gambino e che, in ogni caso, ben si inseriscono in un quadro probatorio nel quale già emerge con una sufficiente nettezza (si vedano anche le dichiarazioni di Panico Amerigo, Toppetti e Panico Luca) che la questione della Tarsu abbia determinato una situazione di attrito tra il sindaco e i principali esponenti del centro Pegaso.
Anzi, proprio nella prospettiva prima indicata della necessità di sottoporre le dichiarazioni della parte civile ad un controllo di credibilità particolarmente penetrante, il tribunale ritiene di poter prendere in considerazione la deposizione di Panico Amerigo nella sola parte in cui egli ha attribuito a Gambino la minaccia diretta a determinare il ritiro del ricorso, proprio perché positivamente riscontrata dalla testimonianza di Brandini, e non anche nella parte in cui ha fatto riferimento ad un intervento di Quaratino (del quale, peraltro, lo stesso P.M. ha chiesto l’assoluzione).
Infatti, né Brandini né Toppetti hanno parlato della presenza fisica di Quaratino all’incontro in comune e lo stesso Falcone, che pure non ha escluso che anche l’assessore abbia partecipato alla riunione, ha comunque precisato di non ricordare interventi “incisivi” dell’imputato in questione.
Sicché residua, infine, a carico di Quaratino la sola dichiarazione de relato di Panico Luca, che a sua volta seppe del suo coinvolgimento dal fratello Amerigo.
La posizione di Quaratino non è l’unica in relazione alla quale gli elementi raccolti nell’istruttoria dibattimentale debbono considerarsi insufficienti per una pronuncia di responsabilità penale.
Il fatto è ascritto, invero, a diversi altri imputati, per una parte dei quali non v’è alcun dato indicativo di un qualsivoglia contributo concreto, di ordine materiale o anche solo morale, prestato nella presunta attività diretta a costringere Panico al ritiro del ricorso.
E’ il caso, innanzitutto, di De Palma e Fisichella, che peraltro nemmeno ricoprivano ruoli che potessero dare loro occasione di occuparsi della questione. Il primo lavorava all’ufficio Urbanistica che nulla aveva a che vedere con il calcolo della tarsu e il secondo, come visto, era un pregiudicato alla ricerca di una occupazione che, per quanto abbia avuto plurimi contatti con Panico per la vicenda della sua eventuale assunzione al Pegaso, non avrebbe in alcun modo potuto interferire, se non su mandato di altri di cui tuttavia non v’è traccia, sulla gestione del ricorso straordinario al Capo dello Stato. In ogni caso, non v’è alcuna prova del coinvolgimento attivo dell’uno o dell’altro, sicché, se pure si volesse ritenere che a Pagani esisteva un sistema di controllo e di gestione privatistica della cosa pubblica da parte di un gruppo facente capo a Gambino, non si disporrebbe comunque della dimostrazione che De Palma e Fisichella si siano mai interessati del ricorso tarsu, sia pure solo in ausilio dell’azione di altri imputati.
Lo stesso discorso vale per i fratelli Michele ed Antonio D’Auria Petrosino, di cui nessuno dei testimoni ha fatto parola e nemmeno lo stesso Panico Amerigo, che pure ha nella sua deposizione accreditato l’ipotesi – poi trasposta in tutti i capi di imputazione – che Gambino fosse pubblicamente contiguo ai due imputati in questione e ad essi facesse “sempre espresso riferimento all’atto delle richieste illecite” alle persone offese.
Nel caso di specie, invece, nessun richiamo ai D’Auria Petrosino è emerso nelle deposizioni raccolte; del resto, nella stessa imputazione, il potere intimidatorio che i due fratelli sarebbero capaci di evocare nelle persone offese sarebbe collegato ad una supposta influenza nella gestione della raccolta dei rifiuti sul territorio, che essi sarebbero in grado di favorire o, al contrario, di frenare a seconda dell’adesione o meno degli utenti alle richieste del gruppo facente capo a Gambino.
Nella vicenda della tarsu 2008, invece, nessuno degli imputati fece mai riferimento alla possibilità che il rifiuto della richiesta di Gambino determinasse un futuro ostacolo alla raccolta dei rifiuti presso il centro commerciale Pegaso, né v’è evenienza del fatto che fino alla transazione con il comune il centro dovette sopportare disagi o disfunzioni nello smaltimento dei rifiuti.
Non v’è molto da aggiungere, inoltre, per quanto riguarda Barone Giovanni, del quale, del resto, lo stesso P.M. ha sollecitato l’assoluzione. L’imputato, nella vicenda in questione, non fece altro che comunicare all’inizio a Panico l’arrivo della cartella del tributo e liquidare alla fine la fattura di Pandolfi Elettrico su disposizione di Brandini. Non è altrimenti emerso, invece, che nei rapporti tra il Pegaso ed il comune di Pagani aventi ad oggetto la tariffa sui rifiuti per il 2007 egli si sia mai fattivamente adoperato con condotte che potessero qualificarsi come un concreto contributo alla realizzazione del disegno coercitivo a danno del centro commerciale.
Resta la posizione di Pandolfi Elettrico e di Santilli, che nella situazione di cui si sta trattando intervennero sin da subito, giacché si trovavano – occasionalmente, a detta della stessa persona offesa – nell’ufficio di Panico Amerigo quando pervenne la cartella Tarsu e subito gli consigliarono di frapporre ricorso.
Ora, al tribunale sembra che l’atteggiamento concretamente tenuto dai due si ponga in insanabile contrasto con l’interesse illecito viceversa perseguito da Gambino e che, anzi, abbia rappresentato proprio la causa della successiva reazione minacciosa del sindaco.
Si intende dire che se Panico non fosse stato consigliato proprio da Pandolfi Elettrico e da Santilli a presentare ricorso, Gambino non avrebbe avuto ragione di pretendere poi il ritiro del ricorso stesso.
Non solo, ma, per quanto detto da Panico Amerigo, i due e, in particolare, Pandolfi Elettrico insistettero nel perseguire la strada del ricorso anche dopo il tempestoso incontro al comune e si fecero parte attiva per proporre all’amministrazione paganese, anche per il tramite di una consulenza, una robusta diminuzione della tariffa richiesta, peraltro coinvolgendo anche altri professionisti. Dunque, la loro condotta appare, al contrario, tutta tesa a supportare Panico Amerigo ed il centro Pegaso in questa azione di contrapposizione rispetto al comune e, quindi, in nessun modo causalmente orientata a costringerli invece a deflettere da un procedimento che essi stessi avevano decisivamente contribuito ad instaurare.
Vero è che ad un certo punto Panico Amerigo ha riferito che anche Santilli e Pandolfi Elettrico gli fecero capire che, se non fosse stato ritirato il ricorso, il Pegaso non avrebbe avuto l’agibilità. Ma non è dato sapere a quale punto della vicenda questa affermazione degli imputati deve collocarsi, sicché non può escludersi che i due si siano limitati a mettere Panico a parte delle intenzioni di Gambino senza volerlo in questo modo anche supportare nella sua condotta costrittiva.
Ove così non fosse, non si spiegherebbe in via logica per quale motivo essi avrebbero inizialmente spinto Panico a presentare ricorso: se i loro interessi si fossero saldati anche in questa occasione a quelli di Gambino, essi avrebbero avuto al contrario tutto l’interesse a consigliare alla persona offesa di sottostare alle richieste del comune.
Peraltro, anche la contestazione, contenuta nel capo di imputazione, secondo cui Gambino con la sua condotta avrebbe al contempo anche imposto a Panico “l’ingiusto pagamento delle spese legali della … procedura ammontanti ad euro 9.000” in favore di Pandolfi Elettrico, appare infondata, non solo perché Pandolfi Elettrico una prestazione professionale la rese e dunque maturò il diritto a percepire un compenso, ma anche perché lo stesso Panico ha escluso che il pagamento sia stato imposto o insistentemente chiesto da chicchessia, essendo anzi risultato che fu proprio Brandini a disporlo.
La condotta contestata, in ultima analisi, rimane provata, dunque, a carico del solo Gambino. Si tratta ora di vedere se tale condotta abbia rilievo penale e, in caso affermativo, quale ipotesi di reato abbia integrato, posto che Gambino risponde formalmente del reato di concussione, a differenza dei suoi coimputati, nei confronti dei quali è intervenuta la riqualificazione del fatto in violenza privata.
Il tribunale condivide, innanzitutto, che in astratto non sia ravvisabile il delitto di cui all’art. 317 c.p., il quale non può essere integrato nel caso in cui la promessa o il compimento di una prestazione, in forza di costrizione o induzione, sia di esclusivo vantaggio per la p.a. (cfr., per esempio, Cass. Sez. VI, n. 33491 del 27.8.2009): va fatto salvo solo il caso in cui il pubblico ufficiale agisca anche per acquisire un indebito vantaggio personale, ma, come si è visto, non è il caso della vicenda oggetto del capo B) dell’imputazione, nella quale invece dal comportamento coartato di Panico non derivò altro che un beneficio per lo stesso ente pubblico locale amministrato da Gambino.
Ciò detto, va subito evidenziato innanzitutto che la minaccia di Gambino di assumere provvedimenti amministrativi di sua competenza per ottenere il ritiro del ricorso era evidentemente finalizzato ad evitare un grave danno al comune derivante dal più che probabile effetto di trascinamento per l’intera platea di obbligati che sarebbe seguito ad un suo eventuale accoglimento.
Tale circostanza, che impone di escludere il reato di concussione, impone tuttavia di affermare la sussistenza del reato di violenza privata.
Il delitto di cui all’art. 610 c.p., infatti, si consuma ogni qual volta l’autore con la minaccia lede il diritto del soggetto passivo di autodeterminarsi liberamente, costringendolo a fare, tollerare od omettere qualcosa. Al contrario della minaccia che ha natura formale, la violenza privata è un reato di danno, nel quale la condotta sanzionata si realizza con la coartazione della volontà altrui e l’evento lesivo si concretizza nel comportamento coartato di colui che l’ha subita.
E’ orientamento pacifico che la coazione esercitata dall’autore del reato debba essere illegittima (anche se non diretta al conseguimento di un ingiusto profitto, ipotesi che integra il più grave delitto di estorsione, o di concussione ove l’agente riveste la qualifica di pubblico ufficiale). E, nel caso di specie, la coazione esercitata era qualificabile come illegittima. Infatti, è irrilevante l’opinione del sindaco che fosse riprovevole la proposizione del ricorso o che fosse pregiudizievole per il comune da lui amministrato. La coazione è lecita solo in presenza di una causa di giustificazione tra quelle previste dal codice penale ex artt. 51 e segg., o se è diretta a impedire l’esecuzione o la permanenza di un reato, ma non se con essa si vuole costringere altri a non compiere atti meramente riprovevoli o non condivisi secondo il proprio modo di sentire (Cass. sez. V, n. 5593 del 12.5.2000).
Né la condotta, nella fattispecie concreta, poteva considerarsi scusabile, benché spettasse ex lege al sindaco il potere di emettere i provvedimenti amministrativi minacciati, perché l’uso di questi poteri era stato da lui prospettato in termini arbitrari, e cioè non come legittimo esercizio della discrezionalità amministrativa che rispondesse al perseguimento di interessi pubblici, ma come mera ritorsione rispetto alla mancata adesione di Panico alla sua richiesta.
Va solo precisato che la diversa qualificazione data al fatto non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza, giacché, nella ricostruzione del fatto posta a fondamento della decisione, la struttura dell’imputazione non è stata modificata quanto alla condotta, al nesso causale e all’elemento soggettivo del reato.
Sotto questo profilo, si consideri solo che il capo B) dell’imputazione del decreto di giudizio immediato emesso nei confronti di Gambino e il capo B) dell’imputazione del decreto dispositivo del giudizio emesso nei confronti dei suoi coimputati coincidono perfettamente quanto alla descrizione del fatto e divergono solo nella parte relativa alla indicazione delle norme di legge violate; di guisa che Gambino ha potuto comunque utilmente apprestare una difesa non incompatibile con una discolpa in relazione alla diversa qualificazione giuridica del fatto come violenza privata.
La condotta di Gambino Alberico, dunque, integrò il delitto di violenza privata, perché con le minacce di cui s’è detto esercitò una coartazione sulla libertà di volere e di agire di Panico Amerigo, così da costringerlo di fatto al ritiro del ricorso presentato contro il comune.
E’ vero che formalmente l’atto non fu mai ritirato; tuttavia, la minaccia sortì l’effetto di indurre il Pegaso ad accettare una transazione per una somma che era superiore di circa 18.000 euro alla proposta di sgravio precedentemente richiesta con missiva in data 22.7.2008 e che comunque rappresentava una rinuncia, se non altro per sopravvenuta carenza d’interesse, al ricorso presentato il 29.5.2008 avverso la delibera del comune di Pagani avente ad oggetto la determinazione delle tariffe per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani per l’anno 2008, che avrebbe in ipotesi potuto condurre all’annullamento tout court dell’atto, sia pure con effetto tra le sole parti.
Quanto alla idoneità delle minacce pronunciate da Gambino, qui basti ricordare che, sebbene alla data di proposizione del ricorso non fosse stato ancora formalmente instaurato il procedimento amministrativo per l’ampliamento del Pegaso, si trattava tuttavia di questione pressoché all’ordine del giorno, nel senso che era in corso la progettazione e la predisposizione degli atti da presentare, tanto è vero che uno dei motivi di preoccupazione dell’aumento della tariffa per i rifiuti era proprio che, in vista dell’espansione della struttura, la sua incidenza sui costi di gestione sarebbe stata per il futuro ancora più rilevante.
Peraltro, che non sia affatto impossibile un collegamento tra le due questioni risulta dalla circostanza che dal punto di vista cronologico il rilascio del certificato di agibilità avvenne sì alla data del 16.12.2008 nel giro di pochi giorni dalla presentazione della richiesta, ma appunto poco dopo il perfezionarsi della trattativa tra il comune di Pagani e il Pegaso circa l’accordo transattivo sulla TIA e addirittura il giorno successivo alla comunicazione al Centro da parte della Multiservice della riduzione dell’ultima rata della tariffa.
Né è sufficiente l’osservazione secondo cui il problema dell’apertura domenicale fu posto poi concretamente da Gambino solo nel successivo 2011 anche in accoglimento di istanza proveniente dai piccoli commercianti. Ciò che rileva, nella prospettiva della violenza privata piuttosto che della concussione, è che il sindaco avesse la possibilità giuridica di influire sulla eventuale revoca della città turistica e che ciò avesse prospettato di fare già nel 2008, non tanto per venire incontro ad esigenze non ancora rappresentate (è stato prodotto un volantino della Cidec del 28.5.2008 che non riguarda affatto una richiesta di chiusura domenicale del centro Pegaso quanto piuttosto una richiesta di deroga alla chiusura domenicale obbligatoria per i piccoli esercenti), ma invece per un motivo di rivalsa nei confronti del centro Pegaso.
Infine, per tutto quanto sopra detto con riferimento alle posizioni dei due fratelli D’Auria, deve escludersi, invece, la sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 7 L. 203/91, non essendosi raggiunta la prova che Gambino in questa vicenda specifica abbia fatto espresso riferimento a collegamenti con la criminalità organizzata ovvero alla “familiarità” con soggetti reputati partecipi di contesti criminali organizzati, né che abbia agito per agevolare attività criminali di organizzazioni camorristiche.
Capo C
(imputati Giovanni DE PALMA, Giuseppe SANTILLI, Antonio D’AURIA PETROSINO, Michele D’AURIA PETROSINO, Giovanni PANDOLFI ELETTRICO, Massimo QUARATINO, Giovanni BARONE, Antonio FISICHELLA, Alberico GAMBINO)
Il capo di imputazione presenta una insanabile contraddizione interna.
Per un verso, infatti, si imputa al GAMBINO ed agli altri accusati di aver preteso l’affidamento della gestione dei parcheggi antistanti il centro commerciale a società cooperativa controllata dai fratelli Antonio e Michele D’AURIA PETROSINO (e questo – si noti – sarebbe l’unico fine pratico perseguito, tanto che il mancato raggiungimento dell’obiettivo ha determinato la qualificazione del reato in termini di tentativo).
Per altro verso, lo stesso capo di imputazione, addirittura subito dopo il “pretendevano” e prima di descrivere l’oggetto della pretesa, fa riferimento ad una vicenda, quella della cosiddetta ‘monetizzazione’, in frontale conflitto proprio con il fine perseguito.
Detto in altri termini: si imputa agli accusati di aver tentato di consegnare il parcheggio del Pegaso ai fratelli D’AURIA PETROSINO, si riconosce che il tentativo non è andato a buon fine “per cause indipendenti dalla loro volontà”, e non ci si avvede che la ragione per la quale il parcheggio non finì in mano ai D’AURIA (più precisamente: al comune, che avrebbe poi secondo l’ottica accusatoria avuto intenzione di girarlo ai D’AURIA) è precisamente la monetizzazione, cioè l’attribuzione ai PANICO di un’area che questi si erano impegnati ed erano obbligati a cedere al comune.
Già in astratto, è evidente che qualcosa non quadra: se il GAMBINO e i suoi ‘complici’ avessero voluto affidare l’area, ormai da acquisire al comune, ai D’AURIA PETROSINO, sarebbe bastato loro non fare nulla, e rifiutare la proposta di monetizzazione avanzata dai PANICO, il cui accoglimento non era obbligatorio per il comune.
Invece, proprio secondo l’imputazione che li accusa di voler affidare l’area ai fratelli D’AURIA PETROSINO, il GAMBINO avrebbe accettato la proposta dei PANICO di restituire loro l’area, ciò che ne rendeva impossibile l’affidamento ai predetti fratelli.
Naturalmente, il capo di imputazione potrebbe anche essere letto nel senso che il parcheggio del quale si pretendeva l’affidamento ai D’AURIA PETROSINO fosse precisamente quello del centro commerciale, anche dopo la restituzione dell’area ai PANICO, ma nessun elemento, come si vedrà, legittima una siffatta lettura, dei fatti, se non dell’imputazione, essendo tutto il materiale probatorio offerto dall’accusa vòlto a provare l’acquisizione dell’area al comune, e da questo l’affidamento alla Multiservice, che a sua volta lo avrebbe gestito tramite una cooperativa della quale i fratelli D’AURIA PETROSINO avevano la signoria di fatto grazie alla partecipazione della moglie di Michele.
Così inquadrata l’accusa, è possibile leggere le risultanze probatorie testimoniali e documentali acquisite, illustrandole con le osservazioni critiche che si imporranno man mano.
Si impone l’esposizione per prima cosa delle doglianze del ‘grande accusatore’, Amerigo PANICO, che all’udienza del 14.3.2012, pagine 74 e seguenti, spiega la vicenda nei seguenti termini.
Nel novembre 2007 una delibera del comune accettò la proposta della Pageco di monetizzare uno standard relativo ad un parcheggio da cedere al comune stesso; la stessa delibera autorizzò la Pageco ad una variante urbanistica che prevedeva un piano in più all’interno del centro commerciale. Per essere in regola con la licenza – che prevedeva 2,5 mq di parcheggi per ogni metro quadro destinato alla vendita – erano obbligati a realizzare circa 22.000 mq di parcheggi esterni a fronte di 7.000 mq di area commerciale. Era stato quindi previsto il raddoppiamento del parcheggio antistante il centro, che però era previsto come standard da cedere al comune allo stato grezzo. Cominciarono i lavori per realizzare le opere di urbanizzazione e depositarono il progetto del parcheggio da cedere al comune non allo stato grezzo, ma completo di tutte le infrastrutture; fecero presente che secondo la loro contabilità ci sarebbe stato un esborso superiore a quanto dovuto al comune, e quindi chiedevano di non pagare le restanti somme dovute per la concessione edilizia. Il tutto doveva essere definito attraverso una apposita convenzione. Non ricevevano però risposte ufficiali, per cui parlò con il GAMBINO, e intuì che il comune, che era in difficoltà economica, aveva iniziato a mettere in bilancio la somma che essi intendevano scomputare. Chiesero una variante urbanistica per l’interno del centro commerciale, per realizzare un piano intermedio e ne parlarono col GAMBINO. Nel maggio del 2007 presentarono la variante e nel contempo pensarono di risolvere il problema del parcheggio monetizzandolo, cioè pagandone il prezzo e mantenendone la proprietà, anziché cederlo al comune. Il prezzo da corrispondere era all’incirca 400.000 euro (9.300 mq per il prezzo di esproprio a metro quadro). Il prezzo stabilito dal comune fu invece di 615.000 euro, perché chiese in corrispettivo non solo il prezzo di esproprio (cioè il valore del terreno), ma anche il valore delle opere al grezzo che sarebbero dovute essere cedute. Si arrivò alla cifra di 800.000 euro con l’aggiunta degli oneri di urbanizzazione. Inoltre fu loro detto chiaramente dal GAMBINO in una riunione alla fondazione di Pagani che se non avessero trovato una soluzione soddisfacente per il comune il parcheggio sarebbe stato girato alla Multiservice e dalla Multiservice, secondo loro, sarebbe finito nelle mani dei D’AURIA PETROSINO, che già all’epoca gestivano i parcheggi, e tale circostanza era per loro inaccettabile, perché in tal modo sarebbe venuto meno uno degli elementi principali del precontratto stipulato con la Conad.
Luca PANICO, sentito sullo stesso argomento all’udienza del 19.3.2012 (pagine 59 e seguenti), ha riferito di aver notato “in Amerigo una escalation di ansia soprattutto in merito alla situazione della perdita, dell’eventuale, possibile perdita del parcheggio antistante il centro commerciale Pegaso”. Richiesto di contestualizzare e spiegare meglio la vicenda, ha riferito che al momento dell’ampliamento del centro, il primo passo era quello di realizzare un parcheggio antistante; “il parcheggio doveva essere ceduto al comune ma non era intenzione, detto con estrema sincerità, in primis da parte di mio padre, era lui che ha comprato la proprietà, ha creato tutto, di me e mio fratello, perdere la proprietà del parcheggio”. Peraltro suo padre aveva riferito che il parcheggio, se non fosse stato riacquistato, sarebbe finito alla Multiservice e quindi ad una cooperativa dei fratelli D’AURIA PETROSINO. Nel secondo semestre del 2007, infatti, prima della firma della convenzione (sottoscritta a fine 2007), il padre aveva avuto un incontro col GAMBINO alla pasticceria Montalbino, per trovare un accordo che gli consentisse di riacquistare il parcheggio; al ritorno suo padre era furioso, e disse che dovevano accettare qualunque prezzo per riacquistare il parcheggio “in primis per non perdere la proprietà, perché era comunque frutto dei sacrifici di mio padre”, e in secondo luogo per evitare che il parcheggio fosse gestito dai D’AURIA PETROSINO, perché altrimenti avrebbero avuto seri problemi con la Pac 2000, che gestiva il marchio Conad, perché c’era il comune interesse della Pageco e della Pac che tutto fosse gestito dalla famiglia PANICO. Lo stesso Luca PANICO ha chiarito che la richiesta del GAMBINO di affidare la gestione dei parcheggi ad una cooperativa dei fratelli D’AURIA PETROSINO era precedente all’incontro alla Montalbino, che costituì da parte del padre l’ultimo tentativo per scongiurare tale evenienza trovando un accordo.
Gabriele PANICO, infine, riferisce l’episodio della pasticceria Montalbino dicendo di essere andato da solo all’appuntamento, e di aver trovato il sindaco GAMBINO in compagnia di altre 2 o 3 persone. In precedenza, una settimana o una decina di giorni prima, aveva partecipato ad una riunione per il parcheggio insieme al figlio e ad altri tecnici del comune e l’accordo non era stato trovato. Alla pasticceria il sindaco disse che aveva promesso il parcheggio ai D’AURIA.
Una diversa verbalizzazione Gabriele PANICO la rende all’udienza del 5.4.2012, in sede di controesame: precisa che la riunione alla fondazione avvenne nel settembre 2007, che all’appuntamento alla Montalbino, avvenuto 7 – 10 giorni dopo, il GAMBINO arrivò con 2 o 3 persone che non conosceva, o meglio che non riconobbe subito come i fratelli D’AURIA PETROSINO, che aveva visto una volta sola.
Come si vede, la verbalizzazione dei tre PANICO ha ad oggetto questioni amministrative che conviene esaminare nel dettaglio.
Il 29.3.2006 venne approvata una delibera contenente uno schema di convenzione fra il comune e la Pageco, con la previsione dell’obbligo per quest’ultima di cedere gratuitamente le aree da destinare a parcheggio e di realizzare le opere di costruzione del parcheggio.
Il 27.9.2006 la Pageco s.r.l. chiese al Comune di Pagani il rilascio del permesso di costruire per dare inizio ai lavori.
Il 3.10.2006 il responsabile dello sportello unico per le attività produttive comunicò alla Pageco che “gli interventi previsti di nuova edificazione per ampliamento commerciale, nonché cambio di destinazione di opifici esistenti, comporta la corresponsione del contributo di cui all’art. 16 del D.P.R. 380-2001, che da calcolo eseguito d’ufficio, l’importo complessivo da versare è risultato di euro 215.663,06”, e chiarì che “per l’importo dovuto … , in applicazione dell’art. 16 del D.P.R. 380-2001, a scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio del comune”.
Il 26.10.2006 la Pageco trasmise al Comune di Pagani la quietanza di versamento della prima rata degli oneri concessori e copia del progetto per la realizzazione del parcheggio su 2 livelli, da cedere al comune per il soddisfacimento degli standard derivanti dal maggior carico urbanistico, “in attuazione della deliberazione C.C. n. 11 del 29-3-2006”, con assunzione dell’obbligo di cessione a titolo gratuito dell’area e di realizzazione delle opere per il parcheggio sopraelevato, riservando a scomputo degli oneri dovuti il costo dei lavori di rifinitura ed impiantistica.
Il 3.11.2006 le opere vennero autorizzate. Consequenzialmente il comune, con determina n. 44 del 3.4.2007, predispose lo schema di convenzione per la cessione delle aree, della superficie di 4.751 mq; tale provvedimento determinava inoltre espressamente in 425.294,45 euro il costo delle opere di urbanizzazione.
Il 14.6.2007 la Pageco, richiamando la variante urbanistica del piano regolatore generale per l’ampliamento del centro commerciale propose la realizzazione di un piano intermedio e di mantenere la proprietà delle aree del parcheggio, con la medesima destinazione.
Il 31.7.2007 Luca PANICO sollecitò il Comune di Pagani a definire l’istanza di monetizzazione delle aree da cedere.
Il 10.9.2007 il comune invitò la Pageco a sottoscrivere urgentemente la convenzione per la cessione delle aree, pena la revoca del provvedimento autorizzativo del 3.11.2006.
Il 24.9.2007 la Pageco rispose di essere in attesa di ricevere un riscontro alla propria proposta del 14.6.2007, con la quale era stata richiesta, oltre ad una variante al permesso di costruire, anche la monetizzazione delle aree da cedere in luogo della prevista cessione, sollecitando il Comune di Pagani a quantificare l’area da cedere secondo i correnti prezzi di esproprio ed il costo delle opere per la realizzazione del parcheggio in 425.294,45 euro.
L’1.10.2007 il dirigente del settore qualità urbana, architetto DE PALMA, quantificate in 6.913 mq le aree da cedere secondo convenzione e in 2.162 mq le aree da cedere secondo variante, in 40 euro al metro quadro il prezzo di esproprio delle aree agricole praticato dal Comune di Pagani ed in 425.294,45 euro il costo delle opere, determinò il valore della monetizzazione in 701.814,45 euro.
Con delibera del consiglio comunale n. 47 del 5.11.2007, adottata con 23 voti favorevoli ed 1 contrario, il Comune di Pagani, per evitare di sopportare i costi relativi alle opere di rifinitura ed impiantistica, superiori agli stessi oneri di urbanizzazione che la Pageco era tenuta a corrispondere, tenuto conto della ubicazione periferica del parcheggio, che dunque sarebbe stato fruito esclusivamente dagli utenti del centro commerciale, e che, pertanto, a fronte degli ingenti costi per la sua realizzazione, non si ravvisavano particolari vantaggi per la collettività, decise di accettare la proposta della Pageco e approvò uno schema di convenzione nel quale era previsto, tra l’altro, che a fronte della mancata cessione dell’area e delle opere per la realizzazione dei parcheggi sia a raso che in sopralzo, la Pageco avrebbe corrisposto al Comune di Pagani la somma di 615.334,45 euro da destinare alla realizzazione di parcheggi.
L’importo era stato calcolato moltiplicando il costo dell’area, determinato secondo i prezzi correnti di esproprio (pari a 40,00 euro al metro quadro), per la superficie di 4.751 mq oggetto di cessione, ed aggiungendo al prodotto così ottenuto (pari a 190.040 euro) il costo della struttura, pari a 425.294,45 euro.
È dunque in primo luogo possibile affermare, in quanto provato per tabulas, che la monetizzazione costituì l’esito di una iniziativa partita, fortemente voluta e sollecitata dalla Pageco.
Del resto, Luca PANICO ha detto apertis verbis che soprattutto suo padre non aveva alcuna intenzione di cedere il parcheggio al comune.
Oltre a questo aspetto per così dire ‘affettivo’, vi era poi un altro fortissimo interesse al mantenimento in capo alla Pageco del parcheggio antistante il centro commerciale, e ce lo riferisce il teste TOPPETTI, il quale rivela che il parcheggio era importante perché bisognava rispettare un rapporto tra la superficie del centro e quella dei parcheggi.
È anche evidente da quanto esposto che il prezzo fu calcolato sulla base del costo delle opere di urbanizzazione, determinato conformemente alle richieste della Pageco, e del valore dell’area, peraltro considerata agricola (per quel che vale, tale valutazione è stata contestata dalla Corte dei conti che vi ha ravvisato un’ipotesi di danno erariale).
Del tutto infondata poi la pretesa del PANICO di scomputare il costo delle opere di urbanizzazione: la pretesa sarebbe stata infatti legittima se le opere fossero state cedute al comune, poiché in tal caso i maggiori lavori eseguiti ne avrebbero comportato l’arricchimento; ma poiché l’area fu mantenuta in capo alla Pegaso, non si vede a che titolo il comune avrebbe dovuto fare uno ‘sconto’ per opere che sarebbero esse pure rimaste in proprietà della predetta società: è evidente che si sconta ciò che si dà, non ciò che si tiene.
Ma, a ben vedere, non regge nemmeno l’ipotesi che la monetizzazione sia stata proposta dalla Pageco per il timore che l’area di parcheggio finisse per essere gestita dai D’AURIA PETROSINO, che secondo Amerigo PANICO all’epoca dell’incontro alla Montalbino (avvenuto nel settembre 2007 secondo Luca e Gabriele PANICO) già gestivano i parcheggi della Multiservice.
Per comprenderlo, occorre ricostruire con pazienza le vicende relative alla Multiservice e alla gestione del servizio dei parcheggi comunali.
È da questo punto di vista dirimente la circostanza – documentalmente verificata – che solo con delibera del consiglio comunale n. 16 del 27.5.2008 fu deliberato l’affidamento alla Multiservice della gestione dei parcheggi pubblici: dunque all’altezza del settembre 2007 i parcheggi comunali non potevano essere gestiti dai D’AURIA PETROSINO perché nemmeno la Multiservice ne aveva la disponibilità.
In seguito, peraltro, la Multiservice svolse una gara (la regolarità della quale è stata certificata dall’avvocato Aniello Cosimato, presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati di Nocera Inferiore) all’esito della quale affidò il servizio di gestione dei parcheggi comunali alla ditta Service agency di Raffaella ANNUNZIATA, nella quale non è nemmeno stata allegata l’infiltrazione dei D’AURIA PETROSINO.
Solo il 29.7.2010 la ditta Service agency operò una cessione di azienda a favore della società cooperativa New service di Maria CALIFANO, moglie di Michele D’AURIA PETROSINO.
Inoltre, il PANICO è smentito anche su un altro punto, e precisamente laddove afferma che il nome D’AURIA PETROSINO, che egli non conosceva, gli fu fatto dal BRANDINI dopo che questi ebbe parlato col GAMBINO e dopo che già era stato raggiunto un accordo sul prezzo del parcheggio (dunque, si noti, necessariamente dopo l’incontro alla Montalbino).
Ebbene, il BRANDINI afferma tutt’altra cosa, e cioè che era Amerigo PANICO a dire che il comune aveva intenzione di dare il parcheggio alla Multiservice, che si oppose a questa soluzione perché il parcheggio era vitale per il centro commerciale e perché la Multiservice non aveva alcuna professionalità; a lui personalmente il sindaco non rivolse mai alcuna minaccia al riguardo.
Ma a ben vedere, vi sono in atti elementi tali da integrare la prova logica e storica che all’incontro fra il GAMBINO e Gabriele PANICO avvenuto alla Montalbino non erano presenti i fratelli D’AURIA.
Amerigo PANICO, all’udienza del 15.3.2012 (pagina 59), all’esplicita domanda se suo padre gli avesse mai parlato dei D’AURIA PETROSINO risponde “A me non ha mai parlato, io so soltanto che mio padre andò di sua spontanea volontà ad un incontro alla Montalbino con il sindaco per cercare di trovare una soluzione però quell’incontro, come le dissi ieri, per me era ininfluente in quanto se TOPPETTI non mi dava una mano a livello economico…”. E ribadisce, alla richiesta di chiarire chi avesse incontrato il padre in quell’occasione: “Io non lo so, dell’incontro lui mi disse che l’aveva fatto con GAMBINO però almeno il sottoscritto… io non ci sono andato nei particolari perché sinceramente non me ne fregava niente di quell’incontro, per me se doveva decidere se fermare il tutto o andare avanti era TOPPETTI, TOPPETTI mi diede i soldi ed era chiusa l’operazione”.
Dunque, dato altamente significativo, il figlio di colui che avrebbe incontrato i presunti camorristi non ne sarebbe stato mai messo al corrente da suo padre, ad onta del fatto che Amerigo era il membro della famiglia più addentro agli affari dei PANICO.
Ma il dato decisivo è nella conversazione intercettata in ambientale il 2.6.2011, il giorno prima dell’audizione di Gabriele PANICO (pagine 56 e seguenti): dalla lettura del dialogo fra Gabriele PANICO e il figlio Luca si evince chiaramente che non solo il ragazzo non sa nulla dei D’AURIA PETROSINO (il che dimostra che il padre non gliene ha mai fatto parola), ma che il genitore si trova nella stessa situazione.
Il testo dello scambio verbale è univoco:
Gabriele: “… INC … vogliono sapere se noi il … quando io piangevo che sono andato a piangere a Montalbino e roba per far fare l’accordo, che ho detto ci dobbiamo vendere… che ho imposto a voi di accettare a qualunque prezzo, che tuo fratello: tu non sei qua … INC …”
Luca: “Stai parlando del parcheggio?”
Gabriele: “Eh! Il parcheggio … INC … il parcheggio … INC …, D’AURIA il bandito che sta in galera…”
Luca: “… INC …”
Gabriele: “… che mo’ sta nella Multiservice, e chi cazzo lo sa? Io so … INC … quelli vogliono sapere se voi sapete di D’AURIA”
Luca: “Non sappiamo niente veramente”
Gabriele: “Eh!”
Luca: “È andato in consiglio comunale, è stato votato dal consiglio comunale, abbiamo fatto la richiesta ed è stata accettata” [a proposito di costrizione dei PANICO ad accettare la monetizzazione, nota di chi scrive]
Gabriele: “Ma è meglio che non lo dico questo perché poi… vi trovate sprovvisti … INC … Io tremavo, io con i paraocchi miei ero convinto che stava succedendo male la … INC …, però è una impressione”
Luca: “Ma in tutto questo tu vieni chiamato come testimone … INC … non è che sei stato imputato di qualcosa”
Gabriele: “Ma dipende da come rispondi”
Luca: “È normale, dipende da come rispondi!” [a proposito di come la scelta di un verbo o di un aggettivo possa a volte determinare la diversa lettura di un fatto, ciò che impone rigorosa cautela nella valutazione dei verba timendi di cui i testi di accusa hanno fatto largo uso in questo processo]
Poche pagine più avanti (60), il dialogo riprende l’argomento dei D’AURIA PETROSINO:
Luca: “Le opere che abbiamo fatto secondo me siamo andati fin troppo bene”
Gabriele: “Le opere che abbiamo fatto noi non lo riusciamo a capire la tranquillità che abbiamo avuto” [a proposito di una concussione protratta per anni ai danni della famiglia PANICO]
Luca: “Che possono vedere? Possono mettere la mano su coso, che è l’unico che gli hai fatto pigliare lavori che sta ammanigliato con camorra” [è probabile che ci si riferisca al MARRAZZO, del quale ormai – siamo nel 2011 – sono emerse le accuse di affiliazione alla camorra dopo l’arresto del 2009; ma si noti che l’accento pare essere sulla preoccupazione di essere accusati per averlo favorito, non sul fatto di essere stati costretti a fornirgli lavoro]
Gabriele: “No, no, no! Loro … INC … loro vogliono sapere il fatto del parcheggio che i D’AURIA…”
Luca: “… INC … non li so manco”
Gabriele: “Eh e manco io li so!” [ovvero: in claris non fit interpretatio]
In conclusione, il fatto descritto dal capo C della rubrica si è rivelato destituito di fondamento sotto il profilo obiettivo, donde l’assoluzione di tutti gli imputati perché il fatto non sussiste, a prescindere dai ruoli da ciascuno rivestiti nella vicenda.
Capo D
(imputati Giovanni DE PALMA, Giuseppe SANTILLI, Antonio D’AURIA PETROSINO, Michele D’AURIA PETROSINO, Giovanni PANDOLFI ELETTRICO, Massimo QUARATINO, Giovanni BARONE, Antonio FISICHELLA, Alberico GAMBINO)
L’episodio è pacifico nella sua materialità, sebbene vi sia discordanza sull’ammontare del contributo elettorale versato (3.000 euro per Amerigo PANICO, 1.500 per il DE PALMA e per Gaetano GAMBINO): particolare del resto largamente irrilevante, sia quanto alla configurabilità della fattispecie, sia quanto all’ordine di grandezza dell’erogazione, in ogni caso confinata al di sotto della soglia della notevole rilevanza economica, ove si tenga conto e della somma presumibilmente raccolta in complesso dal comitato elettorale del GAMBINO e della capacità economica del PANICO.
Va innanzitutto affermata la totale mancanza, per questo capo di accusa, di elementi di prova, anche solo indiziaria o di tipo logico, a carico degli imputati Giuseppe SANTILLI, Antonio e Michele D’AURIA PETROSINO, Giovanni PANDOLFI ELETTRICO, Massimo QUARATINO, Giovanni BARONE e Antonio FISICHELLA.
Per tali imputati, le stesse fonti di accusa non riferiscono alcunché, né si può loro ascrivere l’episodio in ragione di profili di interesse specifico (non potendosi intendere in tal senso un eventuale interesse meramente indiretto di tipo genericamente politico per coloro i quali, come SANTILLI, PANDOLFI ELETTRICO e QUARATINO, militavano nella stessa compagine del GAMBINO): e del resto se anche ciò fosse emerso, resterebbe pur sempre da dimostrare un loro ruolo quali mandanti, ciò che le risultanze probatorie consentono addirittura di escludere, più ancora di non affermare.
Del FISICHELLA null’altro è emerso dall’intera istruttoria dibattimentale se non che cercò di ottenere per sé un posto di lavoro, che è tutt’altra situazione.
Il BARONE nulla fece, né si può ritenere che egli avesse anche solo un interesse generico alla vicenda in ragione della sua parentela col GAMBINO o del fatto che quest’ultimo possa avere avuto un ruolo nella sua assunzione al PEGASO.
Infine, i due fratelli D’AURIA PETROSINO non vengono nemmeno nominati da alcuna delle fonti di accusa, e in particolare da Amerigo PANICO, segno che non solo non fu nemmeno speso il loro nome per fondare o rafforzare una eventuale minaccia, anche solo implicita (e sarebbe poi pure da dimostrare, in tale ipotesi, che essi ne fossero a conoscenza e abbiano anzi avallato tale spendita), e non possono dunque rispondere di tale specifico reato, a prescindere da ogni altra questione sulla loro partecipazione agli altri reati loro contestati.
Restano dunque da esaminare le posizioni del GAMBINO e del DE PALMA.
Quest’ultimo ha pacificamente chiesto al PANICO un contributo per la candidatura del GAMBINO, che correva per le elezioni regionali del 2010, anche se per la verità sul contenuto preciso della richiesta la sua versione dei fatti diverge da quella resa dall’accusatore.
Il DE PALMA ha infatti riferito di aver contattato l’imprenditore su impulso di Anna Rosa SESSA, che si occupava della campagna elettorale, e di avergli chiesto – conformemente alla richiesta della stessa SESSA – di far installare dei gazebo elettorali all’interno del centro Pegaso; il PANICO gli aveva risposto che non era il caso di far propaganda elettorale in un centro commerciale, perché già nel 2007 alcuni consiglieri comunali avevano fatto volantinaggio all’uscita del centro e la cosa aveva creato malumori tra operatori ed utenti, e che avrebbe quindi contribuito con il versamento di una somma. Circa quindici giorni dopo il PANICO lo aveva ricontattato e gli aveva consegnato una busta contenente 1.500 euro, a titolo di anticipo. La consegna era stata fatta a lui personalmente, perché il PANICO, al quale aveva rivolto l’invito a consegnare il denaro a Gaetano GAMBINO, che si occupava della raccolta, aveva detto di non conoscerlo. Aveva consegnato quindi lui stesso, lo stesso giorno, il denaro a Gaetano GAMBINO. Alberico GAMBINO non seppe del contributo del PANICO.
La versione del PANICO è un po’ diversa: a parte l’importo, di 3.000 euro in due tranches, il DE PALMA gli avrebbe detto che doveva dare un contributo ‘generoso’ perché la famiglia PANICO era stata favorita dal GAMBINO e doveva ricambiare.
Per la verità, lo stesso PANICO afferma di aver anche messo a disposizione del GAMBINO un tabellone all’interno del centro commerciale.
Il dettaglio non è di poco conto, perché delle due l’una: o si ritiene che ciò costituisca un riscontro a quanto affermato dal DE PALMA in ordine alla originaria richiesta, e allora però l’intera ricostruzione della vicenda fatta dal DE PALMA finisce per diventare più credibile; o si ritiene che quella del cartellone sia stata un’iniziativa del tutto autonoma del PANICO, ma allora non si vede proprio come si possa parlare di concussione, posto che egli avrebbe sua sponte ‘arricchito’ il proprio contributo al di là della richiesta fattagli.
Pare preferibile la prima opzione interpretativa: anche volendo prescindere dalla sussistenza o meno del reato contestato, che il PANICO abbia contribuito alla campagna elettorale del GAMBINO andando oltre quanto gli veniva richiesto pare poco verosimile. E del resto, che debba invece preferirsi la narrazione del DE PALMA è avvalorato da un altro dettaglio, che difficilmente l’imputato poteva inventare: e cioè che in precedenza era stata consentita la propaganda elettorale per il GAMBINO all’interno del centro commerciale e ciò aveva creato malumori (la vicenda è riferita dall’AMMENDOLA).
La narrazione del PANICO è stata pure smentita, sia pure per una circostanza non direttamente attinente al caso che ci occupa, dal teste PETRELLI, secondo il quale il PANICO non gli consegnò mai contributi per campagne elettorali del GAMBINO (il PANICO aveva detto di aver contribuito mediante consegna di una somma a mani del PETRELLI per le elezioni comunali del 2007).
In ogni caso, il reato pare di assai problematica configurabilità, anche a voler accedere alla versione dei fatti resa dal PANICO.
Questi ha infatti riferito, rispondendo a precisa domanda del pubblico ministero, di aver pagato volontariamente. Vediamo la deposizione nella sua testualità eloquente: “Io ho pagato volontariamente, diciamo di sì”.
È vero che immediatamente prima il teste aveva fatto riferimento alla esigenza di “mantenere comunque i rapporti entro un certo limite di tranquillità diciamo territoriale”: senza che però tale diversa verbalizzazione sposti i termini della questione, sotto il profilo penalistico che ci occupa.
Tale verbalizzazione, infatti, non smentisce la prima, ma la precisa, quanto al motivo personale che lo spingeva ad erogare un contributo pur sempre dallo stesso teste definito volontario.
Anche l’ulteriore specificazione di aver dato il contributo perché di lì a poco avrebbe presentato la d.i.a. per i lavori al piano superiore del centro commerciale e non voleva ostacoli si inscrive nella stessa logica: per cominciare, eventuali problemi su tale questione non potevano essere nemmeno per allusione utilizzati come strumento di pressione da parte del DE PALMA, che non era a conoscenza di un’iniziativa ancora di là da venire, e al momento esistente solo nelle intenzioni del PANICO; per finire, lo stesso PANICO ribadisce subito dopo che per evitare complicazioni (del tutto eventuali, mai prospettate da alcuno) assecondò “volontariamente … tale richiesta proprio per evitare di avere un clima ostile con il GAMBINO”.
A parte il fatto che non si capisce come il GAMBINO avrebbe potuto influenzare l’azione amministrativa del comune, per il quale non era nell’occasione nemmeno candidato, visto che si trattava di elezioni regionali.
Certo, si può pur sempre ipotizzare che il GAMBINO avrebbe potuto esercitare un’azione del tutto indiretta di condizionamento degli organi comunali, ma la cosa, lungi dal non essere provata, non potrebbe nemmeno essere oggetto di una prova qualsivoglia, visto che si tratta di una mera possibilità, nemmeno soggettivamente rappresentata in maniera esplicita dal PANICO.
Si noti infine, per chiudere, che a questo punto si esaurisce la verbalizzazione spontanea del PANICO, che è l’unica che può essere seriamente presa in considerazione.
Dopo tale rappresentazione dei fatti, e dopo che l’imprenditore aveva fatto riferimento non già ad un clima ostile esistente, ma alla necessità di evitare un clima ostile, e cioè di prevenire un clima ostile ancora non presente (che è cosa del tutto diversa), il pubblico ministero ha infatti introdotto il tema della opposizione all’apertura domenicale, che secondo il PANICO all’epoca vedeva protagonista soprattutto il SANTILLI, il quale adduceva a sostegno della propria pretesa il fatto che la chiusura domenicale fosse una richiesta dei commercianti.
Orbene, quale che fosse la realtà obiettiva della questione della apertura domenicale, resta il fatto che nemmeno a seguito della sollecitazione del pubblico ministero il PANICO – che pure ha confermato l’esistenza della problematica – vi ha dato eccessivo peso, confermando che la sua preoccupazione preponderante era quella della apertura del piano superiore.
La testualità della deposizione è sul punto illuminante: “I problemi grossi che noi paventavamo, a parte la chiusura commerciale in quel momento del 2010, era che non avessimo ostacoli nell’allocazione degli spazi di questo famoso piano superiore”.
Si noti in primo luogo la incidentalità anche sintattica della questione della chiusura, e l’enfasi conferita a quella relativa al piano superiore, che non a caso anche nella verbalizzazione ‘spontanea’ il teste aveva richiamato quale unico motivo di preoccupazione.
A parte ciò, anche a voler valorizzare la questione della chiusura domenicale, resta pur sempre il dato che il DE PALMA non vi fece alcun riferimento, nemmeno implicito.
Né può ritenersi, a meno di non voler dilatare in maniera eccessiva i concetti di costrizione o induzione richiesti dalla norma incriminatrice, che sussistesse a danno del PANICO una sorta di minaccia ambientale, perché anche una minaccia di tipo ambientale deve essere sia pure implicitamente richiamata e percepita.
Ancora: a meno di non giocare con le parole, la stessa ‘doverosità’ del contributo rappresentatagli dal DE PALMA poggerebbe – secondo le parole dello stesso PANICO – sull’obbligo morale di riconoscenza per i favori ottenuti in precedenza, e non già su minacce esplicite o implicite. E non va dimenticato che l’accusa formulata è quella di concussione, addirittura aggravata dal metodo mafioso e dal fine di agevolare un sodalizio criminale di tipo mafioso.
In conclusione, si può affermare che il contributo fu versato spontaneamente.
A quanto sin qui argomentato, si aggiunga che Gaetano GAMBINO ha detto che il DE PALMA gli parlò di un contributo spontaneo del PANICO; che Luca PANICO dice di aver saputo dal fratello del contributo, ma non riporta che il fratello gli riferì di aver pagato per minacce o pressioni ricevute; che Diodato ROSSI dice di aver appreso da Amerigo PANICO che il contributo gli era stato richiesto, ma anche lui non dice di aver raccolto lamentele su minacce o pressioni; che secondo l’imputato BARONE il PANICO contribuì alla campagna elettorale del GAMBINO, su richiesta del DE PALMA, ma da come ne parlava era ben lieto di contribuire.
Il reato pare pertanto insussistente.
Va aggiunto, quanto alla posizione del GAMBINO, che al di là del fatto di essere stato beneficiario del contributo, non è stata raggiunta la prova che egli ne sia stato a conoscenza.
Non vi è al riguardo la prova storica: lo stesso PANICO ha detto di non sapere nemmeno se il denaro sia pervenuto al GAMBINO, e dunque implicitamente affermato di non sapere se egli ne sia stato a conoscenza; il GAMBINO ha negato di averne avuto conoscenza prima del suo arresto.
Non vi è del resto nemmeno una prova logica piena: per un verso infatti non è inverosimile che di un contributo tutto sommato esiguo il candidato, con ogni probabilità impegnato nell’attività di propaganda elettorale, non sia stato portato a conoscenza da parte di chi era addetto alla raccolta; per altro verso, pare indicativo in tal senso il fatto che secondo lo stesso PANICO il GAMBINO non lo ringraziò per il contributo e non lo invitò alla festa per l’avvenuta elezione.
Si impone pertanto l’assoluzione di tutti gli imputati perché il fatto non sussiste.
Capo E
(imputati Raffaele TRAPANI, Michele D’AURIA PETROSINO, Antonio D’AURIA PETROSINO, Giovanni BARONE, Alberico GAMBINO, Francesco MARRAZZO)
L’insussistenza di tale reato è già compiutamente dimostrata dalle dichiarazioni della presunta persona offesa, Alfonso ANACLERICO.
Questi ha dichiarato di essere stato compagno di scuola del BARONE, che gli chiese una sponsorizzazione per la Paganese, cosa che egli accettò perché già pagava un cartellone per la Nocerina e la Salernitana, e voleva evitare che un suo rifiuto lo rendesse antipatico alla clientela paganese. Ha negato, ad onta di una specifica contestazione, di aver accettato per timore di chi stava alle spalle del BARONE. Peraltro il BARONE gli fece la richiesta per telefono, passandogli poi il sindaco facente funzioni BOTTONE, che gli ribadì la richiesta.
Il teste ha poi chiarito di aver reso le dichiarazioni ai carabinieri in un clima di tensione, essendogli stato prospettato un avviso di garanzia se non avesse detto la verità; ha ricordato di aver discusso con il tenente che lo interrogava sull’uso del termine ‘estorsione’.
La insussistenza di minacce e del conseguente timore in capo all’ANACLERICO si desume anche dalla circostanza, dichiarata dallo stesso teste, che nonostante l’arrivo della fattura ad agosto o settembre, pagò a febbraio o marzo successivo, dopo che il BARONE gli ebbe ricordato il pagamento, del quale si era dimenticato.
Dal punto di vista processuale tale deposizione impone ex se la declaratoria di insussistenza del fatto, non potendosi per la decisione utilizzare le dichiarazioni contestate al teste, ma solo quelle da lui rese in dibattimento.
Va peraltro detto che lo stesso teste ha chiarito di aver letto sui giornali che l’arresto del BARONE sarebbe stato provocato dalle sue accuse, quindi si rivolse all’avvocato LANZI, al quale chiese come regolarsi per ‘certificare’ il fatto di non aver mai accusato il BARONE, e il legale gli consigliò di non fare niente, salvo eventualmente recarsi da un notaio per rendere una dichiarazione con data certa, cosa che però non fece.
La circostanza trova conferma in una conversazione ambientale intercettata fra tale Enza e Annarosa SESSA, durante la quale le due donne fanno riferimento al fatto che gli ANACLERICO hanno deciso di rivolgersi ad un avvocato per farsi tutelare durante il processo a sostegno della loro affermazione di non aver subito alcuna estorsione da parte del BARONE.
Rispetto a tale situazione probatoria va aggiunto, ad abundantiam, quanto segue.
Luigi ANACLERICO ha confermato che quella del BARONE fu una mera richiesta, e non una imposizione, e che la girò al figlio, il quale aveva un negozio di articoli sportivi e già si occupava di sponsorizzazioni di altre squadre di calcio ed era stato compagno di scuola del BARONE, amico anche di sua figlia Ornella. Secondo lo stesso teste i carabinieri gli dissero che se non avesse collaborato avrebbe dormito la sera stessa a Fuorni (cioè nel carcere di Salerno).
Ornella ANACLERICO ha confermato la propria amicizia col BARONE e la colleganza scolastica di quest’ultimo col fratello, ha riferito che dopo aver appreso dai giornali che il BARONE sarebbe stato arrestato per le loro accuse rimasero tutti assai stupiti, perché non lo avevano accusato, né mai in precedenza del resto il padre o il fratello le avevano riferito nulla del genere, sicché il clima in casa era molto teso.
Rossella ANACLERICO, fino all’inizio del 2012 amministratrice della Anaclerico group, ha detto di essere amica di BARONE sin dalle scuole superiori, ha confermato che il padre dopo essere stato sentito dai carabinieri era esausto, e che dopo l’arresto del BARONE tutti in famiglia erano scossi, perché i giornali scrivevano di un’estorsione fatta dal BARONE ai loro danni, cosa non vera perché la sponsorizzazione era stata fatta senza pressioni, come in tanti altri casi. Ha confermato che il fratello si rivolse all’avvocato LANZI, lei stessa insieme al fratello aveva esortato in tal senso anche il padre, che però non volle saperne. Ha ovviamente negato qualsiasi pressione vòlta a far ritrattare la famiglia ANACLERICO in dibattimento.
La mancanza di interesse personale (e dunque di motivi per esercitare la richiesta in termini estorsivi) da parte del BARONE nella vicenda è stata confermata dal MANGINO, amico del BARONE, il quale si è detto meravigliato delle accuse del PANICO, perché spesso era stato presente quando quest’ultimo sollecitava il BARONE a trovare sponsor tra i commercianti del Pegaso; riferisce anche che il PANICO una volta ricordò al BARONE di trovare gli sponsor come gli aveva richiesto il sindaco BOTTONE e che il BARONE dinanzi a tali richieste sbuffava e voleva sottrarsi.
Piuttosto ovvia, ma non per questo meno credibile a questo punto, la protesta di innocenza del BARONE, che ha rivendicato i propri rapporti di amicizia con gli ANACLERICO e la propria mancanza di interesse alle sponsorizzazioni della Paganese, rispetto alle quali intervenne solo perché richiesto dal BOTTONE, che infatti parlò lui stesso con Alfonso ANACLERICO. Per il resto si limitò a consentire che esponenti della società calcistica girassero per i negozi del centro commerciale a proporre le sponsorizzazioni. Ha negato ogni pressione sugli ANACLERICO per indurli a ritrattare, sottolineando il fatto che furono loro a prendere contatti con la sua famiglia. Ha evidenziato di essere stato compagno di scuola di Alfonso ANACLERICO, che lo chiamò per chiedergli un consiglio sulla sponsorizzazione, e al quale rispose che poteva essere una buona occasione per acquisire visibilità. Infine, ha detto di non aver mai conosciuto il TRAPANI, presidente della Paganese, prima del suo arresto.
Nessun elemento utile all’accusa arriva infine dalla narrazione di Amerigo PANICO, il quale si limita a riferire che nel 2010 il BOTTONE, allora sindaco, andò al Pegaso per chiedere un contributo per la Paganese, in particolare sa che si rivolse agli ANACLERICO; poiché era assente, al suo ritorno organizzò un incontro col BOTTONE, il BARONE e il TRAPANI: come si vede, nessuna minaccia o pressione indebita viene riferita, sicché anche detto teste, più che essere un teste ‘neutro’, finisce con l’essere un teste che conferma l’insussistenza del fatto.
Va da sé che il BOTTONE, in quanto latore delle istanze della Paganese, non riferisce la vicenda in termini illeciti, né da parte sua, né da parte degli altri protagonisti, sicché anche per lui valgono le stesse considerazioni già svolte per il PANICO.
Infine, un’ultima osservazione si impone ineludibilmente: in quanto messa in moto da un sindaco diverso dal GAMBINO, la vicenda descritta nell’imputazione pare contraddire lo stesso impianto accusatorio complessivo, che vede nel GAMBINO, e non nel BOTTONE, il referente di interessi illeciti anche di matrice camorristica: donde – deve ritenersi – la ascrizione dell’episodio anche ai due fratelli D’AURIA PETROSINO.