La memoria storica calcistica italiana è notoriamente un monopolio di grandi squadre legate a grandi città con un fitto elenco di celebri nomi da almanacco che a causa della loro portata mediatica e della costante menzione nella cronaca sportiva hanno adombrato il cuore pulsante del tifo di provincia; qui il calcio è molto rumoroso perché vuol farsi sentire e superare i ferrei confini imposti dalla celebrità, ambisce ai suoi quindici minuti di gloria e quando li ottiene si riempie di un orgoglio che probabilmente solo il successo accademico di un figlio può eguagliare. Non lontano dalla Napoli di Maradona e di Higuain si erge imponente Nocera Inferiore che allo stesso modo della cugina partenopea ha cresciuto i figli della sua terra con pane e pallone. In questa città il legame di sangue con la propria squadra è la “raison d’etre” di chi è nato e cresciuto su questa piana nel mezzo della Valle del Sarno; è un rapporto indissolubile che si tramanda da padre in figlio, è una partecipazione viva e attiva agli eventi della squadra, la relazione con la Nocerina non conosce età e pause di riflessione, si vive assieme ai Molossi.  Matteo Miriano, classe 1925, nato quando la sua squadra più grande era poco più che adolescente, ha subito introiettato questi paradigmi imparando a rispettare i colori che ha indossato. Matteo ha vestito per la prima volta la maglia rossonera nel 1945, durante il campionato di I Divisione, in un periodo in cui il calcio che fu non viveva ancora delle frivolezze da riflettori, di maniacali esibizioni del proprio sponsor o di ingaggi da capogiro, il fascino di questo sport risiedeva nella passione vera che gli si dedicava, che non veniva retribuita con danaro ed automobili ma con pacchi di pasta e scatole di pelati, come ironicamente a nonno Matteo piaceva raccontare ai suoi amici e familiari. Appena ventenne Miriano ha incontrato la maglia rossonera e  lì incominciarono due anni per lui indimenticabili. Con la sua velocità, nata dalla passione per l’atletica leggera e con la sua scaltrezza che gli valse il soprannome “A vorpe”, ebbe fin da subito tutti le carte in regola per poter essere un’ottima ala e rientrare nell’undici titolare dell’allora mister Giuseppe De Luca.  In quella stagione i Molossi vinsero il campionato e la carriera del giovane Matteo iniziò a promettere bene; le proposte di altri club non mancarono e come ogni piccola squadra la Nocerina poteva diventare  per lui un trampolino di lancio verso realtà più grandi, ma all’epoca Matteo non amava solo la maglia e il suo cuore era devoto ad una donna, la sua Anna, del quale amore si sarebbe nutrito per tutto il resto della sua esistenza.  Grato alla terra che li ha fatti incontrare ha chiuso le porte al mondo del calcio che conta e a quella gavetta che probabilmente lo avrebbe condotto sotto riflettori più luminosi. A 23 anni diede l’addio definitivo alla carriera accompagnando la Nocerina, questa volta da fedele tifoso, nella crescita e nella decadenza, dalle tre promozioni in serie B ai numerosi anni di declino Matteo è sempre stato vicino alla sua squadra accesso da quella passione che portava dentro di sé. La memoria calcistica merita di conoscere la storia di quest’uomo forte e dal cuore buono che quasi settant’anni fa decise di non lasciare la donna che amava e che è riuscito a trasmettere ai suoi figli e ai suoi nipoti l’orgoglio che ha provato nel vestire il numero sette rossonero. Il calcio che fu ha lasciato a Nocera un’eredità preziosa: il desiderio che ancora oggi provano i suoi giovani di indossare la maglia della loro squadra, di giocare davanti alla propria città e partecipare alla scrittura della sua storia. E così quindi che ci piacerebbe ricordare Matteo Miriano, giovane dai capelli neri ondulati  e dal sorriso leggero, con gli occhi gonfi di gioia nel guardare i volti entusiasti sugli spalti gremiti, quando ogni domenica, abbracciato agli altri dieci compagni di squadra salutava dal centro campo tutto il popolo rossonero.

 

Fausto Cianciullo – Noceranews

 

 

Foto: a sinistra Matteo Miriano.

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