Era il 4 marzo del 2005. Una giornata di pioggia incessante. Da ogni punto della città di Nocera Inferiore cominciarono ad udirsi sirene a tutto spiano. Qualcosa è accaduto, pensarono in molti. Era proprio così. Parte di Montalbino aveva franato, detriti e fango avevano in un attimo travolto in pieno terreni ed abitazioni sottostanti. Un attimo, tutto troppo veloce per mettersi in salvo. In particolare venne travolta in pieno, sfregiata in ogni suo punto, una vecchia casa di stenti e semplicità, in cui vivevano Rosa e Mattia Gambardella, due anziani coniugi conosciuti per il loro buon cuore. Dispensavano latte munto dalle loro mucche ed uova fresche. Per loro non ci fu nulla da fare, morirono vicini, in quella accogliente cucina con caminetto in cui avevano allevato sei figli ed i nipoti. Furono assassinati da terra, fango e detriti. Stessa sorte toccò ad un loro parente, Alfonso Cardamone, aveva nelle vicinanze un appezzamento di terreno ed era lì, in casa del cognato, per un saluto, come quasi ogni giorno. Si salvò un figlio dei coniugi Gambardella, Carmine. Tra vite furono invece spezzate, tre vittime di una montagna sfregiata. Da allora ha inizio la battaglia della famiglia, i figli dei tre anziani, sostenuti anche da associazioni ambientaliste, hanno dato il via ad una vera e propria battaglia per avere giustizia, per dare giustizia ai loro cari. La Procura di Nocera aprì un fascicolo per omicidio plurimo colposo e acquisì una prima consulenza tecnica che puntò il dito fin da subito contro il taglio della montagna, che una Cava avrebbe disposto per realizzare il percorso dei mezzi utilizzati nello scavo di materiali per l’edilizia. Questo il primo passo. L’ultimo, invece, l’annullamento della condanna per un vizio di notifica. Ora prende il via il processo bis. La lotta tesa ad avere giustizia continua ma anche – spiegano familiari ed associazioni – ad evitare altre tragedie simili.  Questa mattina conferenza stampa. Video:

frana montalbino 

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