Venerdì prossimo entra nel vivo il processo per il presunto scambio politico mafioso al comune di Nocera Inferiore. Sino ad oggi, infatti, in tribunale ci sono state soltanto due udienze che, però, non hanno ancora affrontato la vera vicenda che nell’estate di due anni fa aveva portato ad arresti eccellenti. Venerdì appariranno in aula, in qualità di testimoni, tra gli altri, il vescovo della diocesi di Nocera Sarno, monsignor Giuseppe Giudice, e il sindaco Manlio Torquato. Gli imputati sono dieci che dovranno essere giudicati per l’inchiesta Un’altra storia. Secondo l’Antimafia ci sarebbe stato uno scambio tra politica e organizzazione criminale. Il sistema mafioso era stato già smentito in fase cautelare da Riesame e Cassazione. Il blitz risale all’estate del 2017. Il processo deve far luce su quel “sistema” ipotizzato dalla Direzione distrettuale antimafia, che avrebbe visto la partecipazione di un ex boss della Nco, candidati al consiglio comunale, un ex consigliere comunale ed un ex amministratore e vicesindaco. Gli imputati finiti a giudizio sono Antonio Pignataro, gli ex candidati al consiglio comunale Carlo Bianco (anche ex consigliere) e Ciro Eboli, Nicola Maisto, ex consigliere dimessosi e accusato per corruzione elettorale, Antonio Cesarano, ex vice sindaco ed assessore, l’ex candidato sindaco Mario Stanzione, il parroco della parrocchia di San Giuseppe, Alfonso Santoriello, Gerardo Villani, Francesco Gambardella, Pio e Luigi Sarno, Rocco e Mirko Sileo e Luigi Chiavazzo. L’accusa madre dell’intera inchiesta è lo scambio elettorale politico-mafioso. Accusa concentrata sull’adozione di una delibera di Giunta comunale con il cambio di destinazione urbanistica di un suolo adiacente la chiesa di San Giuseppe in via Montalbino. Un terreno sul quale avrebbe dovuto sorgere un edificio da destinare a mensa Caritas e casa famiglia. Rispetto a ciò, si sarebbe registrato un diretto interessamento del boss Pignataro e del candidato Ciro Eboli. Lui e Bianco avrebbero fatto pressioni sull’amministrazione per portare in giunta quella delibera, votata come “indirizzo”, poi revocata dal sindaco Manlio Torquato dopo i primi arresti. In cambio, i due avrebbero avuto supporto elettorale durante le ultime elezioni. Nessuno dei due fu eletto. Il “mediatore” di questo disegno sarebbe stato l’ex vicesindaco Antonio Cesarano.