Si č seduto all’ultimo banco e da lě ha osservato come si celebra nelle comunitŕ diocesane, dando dei «suggerimenti concreti» per vivere meglio e a pieno la liturgia. Č questo lo stile che monsignor Giuseppe Giudice ha utilizzato per redigere gli Orientamenti pastorali 2019-2020 sul tema “Andate, č tempo di missione!”. Il Vescovo ha scelto il verbo celebrare come guida per il prossimo anno pastorale. Monsignor Giudice ha chiesto di «rieducare nuovamente il popolo al bello, alla semplicitŕ, alla sobrietŕ, all’eleganza, ricordando che proprio nell’azione liturgica si esprime il noi che ci fa Chiesa bella e missionaria, sottraendo le nostre comunitŕ all’improvvisazione, al fai da te, all’emotivitŕ e la sciatteria». Il Vescovo ha cominciato a redigere gli Orientamenti a partire dall’ingresso in chiesa, per la Santa Messa, fino al momento del congedo. Dall’ultimo banco ha visto come «pochi salutano il Santissimo, anche perché non sempre č chiara la sua collocazione». «Del tutto assente, tranne qualche eccezione, il ministero della soglia e dell’accoglienza». Monsignor Giudice ha scritto anche di vesti liturgiche non sempre ordinate, tanto da richiedere in sagrestia «un ministero per il decoro».
Rispetto ai canti, il Vescovo ha esortato a non rimanere «eterni spettatori», ma per farlo occorre incentivare «il ministero dei cantori. Facendo la differenza – ha aggiunto – tra cantare e gridare, o urlare». Poi l’invito ad omelie brevi e a preghiere dei fedeli preparate dalle comunitŕ. In merito allo scambio della pace ha scritto: non č «l’occasione per dare gli auguri a tutti i membri dell’assemblea».
Grande importanza va data alla Comunione, ricordando che «non c’č bisogno di rialzarsi quando il ministro va a conservare la pisside nel tabernacolo».
«Suggerimenti concreti», quindi, grazie ai quali si puň passare da “andate, la messa č finita”, ad “andate č tempo di missione, «affinché la vita – ha concluso il vescovo di Nocera Inferiore-Sarno – diventi il racconto, umile e semplice, delle meraviglie compiute da Dio. E la Messa continua in quei pochi metri quadrati dove ci giochiamo le nostre coerenze cristiane e costruiamo o meno la Civiltŕ dell’amore».
Salvatore D’Angelo